L'ha firmato anche la Cgil
IL NUOVO "PATTO DEL LAVORO'' DI MILANO LEGALIZZA IL LAVORO PRECARIO, SENZA DIRITTI E SUPERSFRUTTATO
Redazione di Milano
La stretta di mano scambiatasi il 25 Aprile a Milano sul palco "delle autorità'' allestito in piazza Duomo tra Cofferati e il neopodestà Albertini non lasciava presagire nulla di buono. Infatti, il giorno dopo il 1· Maggio, quando a Bologna Cofferati, Pezzotta e Angeletti coi loro comizi avevano sparso nella piazza ipocrite chiacchere del tipo: "staremo fermi sulle nostre posizioni'', "non indietreggeremo di un passo'', Cgil, Cisl e Uil hanno firmato un secondo "patto del lavoro'' concertativo (il primo fu siglato il 2 febbraio 2000 solo da Cisl e Uil) con il Comune di Milano guidato dalla giunta confindustrial-fascista Albertini-De Corato assieme ad Assolombarda, Assimpredil, Api, Unione del commercio, Cna e Lega Cooperative.
Avvalendosi della controriforma federalista introdotta dall'Ulivo che attribuisce "alle Regioni e agli enti locali un ruolo crescente nell'attuazione di politiche attive del lavoro'', questo infame patto neocorporativo, spacciato come progetto volto a promuovere l'occupazione a Milano, ha come obiettivo la legalizzazione del "lavoro nero'' con quote aggiuntive di "flessibilità'' nel "mercato del lavoro'', tramite contratti a termine e retribuzioni ridotte in deroga ai contratti nazionali.

I PUNTI DELL'INTESA
La regolamentazione del "lavoro nero'' riguarda principalmente colf e badanti, per la maggior parte immigrati extracomunitari, che assistono a casa anziani o malati: il loro supersfruttamento verrà legalizzato con l'iscrizione a un albo cittadino e a uno sportello comunale dove, chi può permetterselo, dovrà rivolgersi per "assumerli'' con i famigerati contratti di collaborazione coordinata e continuativa con ritenuta d'acconto, che lasciano invariate le condizioni economiche e lavorative senza alcun garanzia contributivo-pensionistica e occupazionale per il lavoratore ma che invece aumenteranno le entrate fiscali nelle casse del Comune.
"Un accordo per trovare formule di regolamentazione e accreditamento familiare per questi lavoratori sarà il primo passo concreto di applicazione dell'intesa'', dice l'assessore al Personale, Carlo Magri. Il patto parla di "necessità di risposte diversificate ai nuovi bisogni dei cittadini in campo sanitario, di assistenza e della cura anche domiciliare''; è evidente che non si tratta dei "nuovi bisogni dei cittadini'' bensì della borghesia interessata a smantellare l'assistenza pubblica per sostituirla con un sistema di assistenza privatizzata supportato da una politica familista e basato sul principio di sussidiarietà.
Dietro paroloni come "attenzione alle fasce deboli'', "confronto sull'occupazione giovanile'', "incrementare la presenza quali-quantitativa delle donne'', si nasconde la chiara volontà di sfruttare la fame di lavoro che c'è nel capoluogo lombardo liberalizzando il "mercato del lavoro'' di modo ché in esso prevalgano in assoluto lavoratori precari, sottopagati, e non tutelati sindacalmente in sostituzione ai lavoratori stabili con contratto a tempo indeterminato.
Ai disoccupati giovani e donne che non trovano lavoro e gli over 40 che l'hanno perso si propongono gli spregevoli contratti "formazione-lavoro'' a termine con retribuzioni sganciate dai contratti collettivi. Viene dato il via alle prestazioni lavorative gratuite degli studenti, e perciò al loro sfruttamento, con "percorsi di tirocinio e alternanza scuola-lavoro'' con l'ipocrisia di "contrastare il fenomeno dell'abbandono scolastico''.
Non vi è nessun impegno a combattere la disoccupazione, si parla al massimo "contrastare e prevenire la disoccupazione di lunga durata'', e ciò è gravissimo per l'assenso dato dai vertici dei sindacali confederali e soprattutto dalla direzione cofferatiana della Cgil che così dimostra una inequivocabile rinuncia a qualsiasi rivendicazione di principio di un lavoro stabile a salario pieno! Ancor più grave l'aver voluto tenere completamente all'oscuro i lavoratori che non hanno potuto nemmeno esprimersi contro una così sfacciata capitolazione alla politica neofascista sul lavoro del governo del neoduce Berlusconi fatta propria a Milano dal neopodestà Albertini.

GLI OBIETTIVI SONO GLI STESSI DEL PATTO DEL 2000
Antonio Panzeri, segretario cofferatiano della Camera del lavoro metropolitana di Milano e firmatario dell'accordo, si giustifica affermando senza un briciolo di argomentazione che l'Intesa non avrebbe nulla a che vedere con il "Patto'' di Milano del 2000 da cui la Cgil si dissociò. "è la prosecuzione del percorso iniziato insieme con Marco Biagi per estendere le tutele a chi non ce le ha'', dice il vice di Panzeri, Giorgio Roilo, fingendo di dimenticare che si tratta dell'estensore del libro "bianco'' di Maroni.
"C'è discontinuità con il resto del Paese, c'è un reciproco riconoscimento dei ruoli'' (per ottenere gli stessi obiettivi, ndr), ha vergognosamente ammesso la segretaria della Cisl di Milano Maria Grazia Fabrizio. Mentre il presidente dell'Assolombarda, Michele Perini ha dichiarato che "questa firma è un elemento di stimolo per tutti affinché siano trovate intese sul piano nazionale nel senso di una riforma del mercato del lavoro''.
Elogi dal segretario DS Piero Fassino, che dalla tribuna della convention ulivista per l'"Information-day'' svoltosi Sesto San Giovanni, ha affermato che il patto è "ispirato a un principio molto giusto: quello cioè di stabilire una relazione, un rapporto tra esigenza di flessibilità delle imprese e tutela dei diritti dei lavoratori''. Egli ha poi aggiunto: "in un momento in cui continua lo scontro sull'articolo 18, il patto di Milano dimostra che il problema principale non è l'articolo 18, ma quello di ridefinire gli strumenti di governo del mercato del lavoro, e sostenere la competitività delle imprese''.
Albertini trionfante ha esaltato la "diversità milanese'' rispetto alla politica nazionale affermando: "Abbiamo privilegiato il fare piuttosto che le appartenenze politiche e ideologiche. In questo senso siamo un po' migliori di altri che litigano... Qualcuno può leggere in questo un riesumare la concertazione, ma noi non diamo questo significato. Il rito ambrosiano ha inteso percorrere la strada della realizzazione affrontando i problemi con buon senso pragmatico''.
Concertazione o meno si tratta in ogni caso di un patto da condannare e respingere risolutamente che, come quello precedente, offre solo lavoro precario e senza diritti sindacali e previdenziali.

15 maggio 2002