Destra e "sinistra'' del regime, compreso il PRC, unite nella difesa dello Stato borghese
BERLUSCONI STRUMENTALIZZA BIAGI PER CRIMINALIZZARE COFFERATI, LA CGIL E GLI SCIOPERI DEI LAVORATORI
Scajola lascia il posto a Pisanu: dalla padella alla brace ( chi è Pisanu )
LA "SINISTRA'' DEL REGIME, CON ALLA TESTA D'ALEMA, BERTINOTTI E "IL MANIFESTO'', SOTTOVALUTA LA PERICOLOSITA' DEL GOVERNO DEL NEODUCE

Non sappiamo se chi ha ordinato ai servizi segreti la provocazione contro Cofferati e la Cgil, imbastita sui dischetti con le lettere di Biagi, aveva previsto anche il contraccolpo che ha portato alla caduta del ministro dell'Interno Scajola, e se questo facesse parte di un rischio mal calcolato oppure addirittura di un disegno per far fuori un avversario nella faida per il potere interna a Forza Italia. Sta di fatto che così sono andate le cose e che lo stesso ministro ex democristiano le ha facilitate con il suo comportamento squalificante.
Mentre infatti infuriavano le polemiche sulle responsabilità del Viminale nella mancata protezione di Biagi, rinfocolate dalle lettere del professore ucciso dalle "nuove Br'', il 29 giugno, durante una visita ufficiale a Cipro, ribattendo alle domande insistenti dei giornalisti, Scajola si era lasciato andare a dichiarazioni irritate che rivelavano tutta la sua spocchiosa sufficienza per la grave vicenda e il suo malcelato disprezzo per la vittima: "Non fatemi parlare - era sbottato il ministro - Biagi figura centrale? Fatevi dire da Maroni se era una figura centrale...Era un rompicoglioni che voleva il rinnovo del contratto di consulenza''. E non contento ha aggiunto che se Biagi avesse avuto la scorta "sarebbero morti in tre'' invece che lui solo.
Logicamente il disgustoso scivolone del ministro ha gettato lo scompiglio nel governo e sollevato un'ondata di sdegno nel Paese. Il ministro del Welfare Maroni, sputtanato dal suo collega di governo, per tirarsi fuori dal sospetto di condividere con lui il giudizio sprezzante su Biagi, insieme al suo vice Sacconi ha dovuto emettere un comunicato in cui chiedeva a Scajola una smentita o le scuse alla famiglia dell'assassinato. Lo stesso Ciampi, consapevole del grave danno di immagine al governo e alle istituzioni arrecato dalle sconsiderate dichiarazioni del ministro, è stato costretto a intervenire con una telefonata di solidarietà alla vedova di Biagi. Da parte sua Scajola, protetto da Berlusconi, ha dapprima cercato di smentire le sue stesse dichiarazioni dicendo ridicolmente di "non riconoscersi'' in esse; poi ha concordato col neuduce la solita farsa delle dimissioni "offerte'' ma "respinte'' dal capo del governo; infine, dopo il passo di Ciampi, si è dovuto adattare a presentare le sue scuse ufficiali alla famiglia della vittima, credendo così di aver chiuso il caso forte delle rassicurazioni di Berlusconi che lo avrebbe difeso fino in fondo in parlamento.
In realtà il suo stesso partito, con i suoi avversari che venivano ormai allo scoperto, e gli alleati della maggioranza, Fini in testa, lo avevano già scaricato come un personaggio ormai screditato e indifendibile, un'"anatra zoppa'', secondo la definizione impietosa dello stesso Berlusconi. Il quale, mentre a parole garantiva piena solidarietà al ministro sotto accusa, dietro le quinte discuteva già con Ciampi il suo successore al Viminale, accordandosi sul nome di Pisanu: un altro ex democristiano di sua piena fiducia, con un passato in odore di P2, per sistemare il quale aveva inventato un nuovo ministero, quello per l'Attuazione del programma. Dalla padella nella brace, insomma.
Cosicché il 3 luglio, quando Scajola si è reso conto della "capretta'' che gli si stava preparando, non gli è rimasto altro che firmare le sue dimissioni, stavolta accettate prontamente dal neoduce che le ha subito portate al Quirinale per la ratifica assieme al decreto di nomina di Pisanu. In questo modo Berlusconi si è potuto presentare il giorno stesso alle Camere, dove era atteso a un non scontato confronto con l'"opposi-zione'', forte di una soluzione che gli permetteva di evitare il voto di fiducia (ammesso che l"oppo-sizione'' l'avesse mai chiesto) e superare col minor danno possibile il momento di maggior difficoltà attraversato dal suo governo ad un anno dall' insediamento.

INTERVENTO INFAME E PROVOCATORIO
Lungi però dal contentarsi di un atteggiamento prudente e di sola difesa, nel suo intervento alla Camera il neoduce ha voluto cogliere l'occasione per proseguire l'infame attacco a Cofferati, alla Cgil e agli scioperi in corso in difesa dell'art. 18, sferrato attraverso la pubblicazione delle lettere di Biagi. Quest'ultimo definito strumentalmente da Berlusconi "un eroe e un martire'' (senza spiegare però perché è stato abbandonato indifeso al martirio dal suo governo) che è stato trucidato "dopo una lunga e aspra campagna di delegittimazione della sua persona, di squalifica morale delle sue posizioni, di denuncia di quello che è stato malevolmente definito il suo `collateralismo' con il governo e la Confindustria''.
Incurante dell'indignazione e delle proteste sollevate nell'altra metà dell'aula il neoduce ha proseguito la sua velenosa filippica contro il movimento di lotta in difesa dell'art. 18 con un attacco diretto a Cofferati accusandolo di essere il mandante quantomeno morale e politico dell'assassinio di Biagi: "Credo che in cuor suo - ha gridato infatti il neoduce per sovrastare i clamori - smaltita l'indignazione per qualche strumentalizzazione malevola, anche il Segretario generale della Cgil, come tutti noi, avrà modo, rileggendo bene le ultime lettere di Marco Biagi, di riflettere `seriamente' sui danni profondi che una gestione `incautamente' esasperata dello scontro sociale può causare a tutto il Paese e anche alla credibilità del suo sindacato: ci sono espressioni e parole, a partire dall'aggettivo `scellerato' o `limaccioso', che in un Paese civile e democratico dovrebbero esserci risparmiate. Certe critiche oblique, figlie di una vecchia cultura del conflitto che non ha più niente a che vedere con la effettiva difesa delle condizioni e dei diritti dei lavoratori, suonano e possono essere percepite come `minacce', per usare la dolorosa e intimidita espressione del Professor Biagi nella sua lettera al direttore generale di Confindustria. In un Paese civile esistono opinioni a confronto, non fedeltà o tradimenti da sanzionare con disprezzo ideologico''.

L'ATTEGGIAMENTO IMBELLE DELLA "SINISTRA'' DEL REGIME
Va detto però, al di là delle veementi proteste che hanno costretto Casini a sopendere la seduta - primo caso in Italia durante l'intervento di un presidente del Consiglio in parlamento - che la "sinistra'' del regime non ha affatto risposto con la necessaria e doverosa fermezza all'infame attacco del neoduce a Cofferati, alla Cgil e a tutto il movimento dei lavoratori. Eclatante il caso del presidente dei DS, D'Alema, rilevato e criticato poi anche dalla stessa Cgil, che nel suo intervento non ha nemmeno citato il nome di Cofferati né quello del sindacato che dirige. Non solo, ma il capofila dei rinnegati ha addirittura offerto al neoduce un patto di collaborazione per formare una "Commissione parlamentare che si occupi del terrorismo interno e internazionale'', affinché - ha detto - sia rimarginata la "ferita'' che da Genova in poi si è creata e che "rischia di avvelenare il confronto tra le forze politiche''. Non per nulla il neoduce ha accolto ben volentieri l'invito di D'Alema, con il quale ha sempre avuto un rapporto "speciale'' e diretto, dichiarando al Senato di non essere contrario "in piena sincerità di cuore'' ad una commissione che faccia luce sul perché a Biagi furono revocate le scorte.
Anche nell'intervento di Francesco Giordano, a nome di Rifondazione, c'è stato solo un debole e fugace accenno agli "attacchi inaccettabili alla Cgil e al suo segretario'', essendo tutto incentrato per il resto a decantare una presunta "vertiginosa caduta di credibilità del governo'', a confronto con le rosee prospettive della "sinistra'' del regime che quando è "limpida ed intransigente può vincere''. Più esplicito, invece, nella difesa di Cofferati e della Cgil, l'intervento di Diliberto a nome del PdCI, che ha messo anche in guardia gli alleati dal sottovalutare, come "è già capitato nella storia d'Italia'', la pericolosità di questo governo e del suo disegno "in grado di modificare nel profondo gli assetti democratici del nostro Paese''.
Perfino Rutelli è stato meno avaro di D'Alema in difesa di Cofferati oggetto di "disgustose strumentalizzazioni'' da parte del governo, anche se poi come il presidente diessino ha finito per fare gli auguri al nuovo ministro degli Interni e ad offrire anche lui a Berlusconi "una totale unità contro il terrorismo''. Non a caso Ciampi, sempre teso a ricucire i rapporti tra il governo neofascista di Berlusconi e la "sinistra'' del regime nel "superiore'' interesse dell'unità nazionale del Paese - leggi del rafforzamento dell'imperialismo italiano, europeo e occidentale - non si è lasciato sfuggire l'occasione, parlando a Prato di Tivo, per esaltare la comune "volontà di impegno per perseguire un obiettivo di primaria importanza, la lotta al terrorismo, interno e internazionale'', volontà che il parlamento avrebbe espresso "al di là dei passaggi polemici e talora aspri del dibattito''.

GRAVE SOTTOVALUTAZIONE DEL GOVERNO NEOFASCISTA
Ciampi insomma ha capito che la "sinistra'' del regime non ha cercato di approfittare delle difficoltà del governo, si contenta delle dimissioni di Scajola e anzi, nonostante l'infame discorso di Berlusconi gli tende la mano, e quindi se ne compiace sommamente, lui che della sopravvivenza del governo del neoduce ne sta facendo un impegno personale prioritario su tutto. Eppure questa si presentava come un'occasione d'oro per l'"opposizione'' parlamentare, essendo il governo in difficoltà non solo sul caso Biagi-Scajola, ma anche sul fronte della politica economica, avendo da poco ricevuto una censura di Eurostat alle cartolarizzazioni escogitate dal ministro Tremonti per truccare i conti pubblici. E invece la "sinistra'' del regime ha riconfermato anche in questa occasione la sua grave sottovalutazione della pericolosità del governo Berlusconi.
E questo vale non solo per gli interventi di D'Alema e Rutelli, ma anche per il PRC. Di Giordano abbiamo già detto. Aggiungiamoci Bertinotti, che in un fondo su "Liberazione'' del 4 luglio si rallegra fanciullescamente perché a suo dire "questa maggioranza parlamentare non è invincibile. Lo hanno dimostrato ieri le dimissioni del ministro dell'Interno, che sono finalmente un segno di chiarezza (sic!), un atto di pulizia nei complessi e spesso incomprensibili giochi della politica''. E mettiamoci anche il suo compare trotzkista de "il manifesto'', Riccardo Barenghi, che in contemporanea scrive altrettanto stoltamente in un editoriale di prima pagina: "Chiunque, di sinistra, di centro o di destra, qualsiasi persona dotata di media intelligenza, si è ormai accorto che questo governo non c'è più''. E non contento, mostrando una vista d'avvero d'aquila, aggiunge: "Il primo governo Berlusconi del duemila è finito. Ce ne sarà un secondo o forse anche un terzo, certo non torneremo a votare domani. Ma quel che conta è che la ferita che si è autoinferto non è destinata a guarire facilmente e potrebbe anche peggiorare''.
In realtà, invece, è proprio Cofferati che è in difficoltà e rischia di rimanere isolato, stretto tra l'infame attacco del governo e il tradimento di Pezzotta e Angeletti che fanno asse con Berlusconi, Maroni e Confindustria, e le posizioni opportuniste e rinunciatarie della "sinistra'' del regime. I segnali negativi in questo senso non mancano: la bocciatura in direzione DS dell'ordine del giorno di solidarietà con la Cgil; le dichiarazioni di D'Alema sul patto separato che "non è un dramma'' e di "scetticismo'' sul referendum ventilato dalla Cgil per abrogare il patto della capitolazione e del tradimento; per non parlare della posizione di Rutelli che già da tempo si era defilato apertamente sulla difesa dell'art. 18.
E pensare che la "sinistra'' borghese può ringraziare Cofferati se alle ultime elezioni non ha preso un'altra batosta astensionista delle dimensioni del 13 maggio 2001. All'interno di essa solo Cofferati e la Cgil sembrano essere consapevoli che la lotta sull'art. 18 è una lotta di principio e che l'obiettivo del governo è isolare e sconfiggere il movimento dei lavoratori. Per questo Cofferati, che è stato prorogato alla segreteria in considerazione della grave situazione in atto, sta consultando tutti i leader dell'Ulivo, del PRC e del PdCI per verificare la loro solidarietà alla battaglia sostenuta dalla Cgil.
Staremo a vedere se la "sinistra'' borghese avrà il coraggio di assumersi fino in fondo le sue responsabilità. Per parte nostra, pur non condividendo la linea generale riformista e di sostegno all'economia e alla democrazia borghesi del vertice della Cgil, siamo e saremo sempre schierati fermamente a fianco dei lavoratori nella battaglia in difesa dell'art. 18, contro il patto neocorporativo della capitolazione e del tradimento e per far cadere il governo neofascista del neoduce Berlusconi.

10 luglio 2002