Gravissime dichiarazioni del presidente del Senato presentando il libro del rinnegato Pansa
Pera: "Il mito della resistenza è da abbandonare''
Mieli: "I comunisti hanno ucciso tanti preti dopo il 25 Aprile''
L'obiettivo è estirpare l'idea di comunismo in Italia

Non abbiamo più bisogno della "vulgata tolemaica resistenziale''. è l'ora di "mettere in discussione il mito. Lo si abbandoni e si faccia più storia''. Così il presidente del Senato, il forzista Marcello Pera ha liquidato sprezzantemente la Resistenza e l'antifascismo, invitando a non considerarli più come valori fondanti della Costituzione e ancora attuali, ma a gettarli invece tra i ferrivecchi della storia.
Lo ha fatto il 15 dicembre nella biblioteca di Palazzo Madama, in una cornice perfetta per un'esternazione tanto infame, quale la presentazione del libro del rinnegato Giampaolo Pansa "Il sangue dei vinti'', con la partecipazione di altri rinnegati doc come il vicepresidente della Rcs ed editorialista del "Corriere della Sera'', Paolo Mieli, l'editorialista de "La Repubblica'', Mario Pirani, e l'ex direttore de "l'Unità'', Giuseppe Caldarola.
Un libro, quello di Pansa che riabilita i boia fascisti repubblichini e attacca vigliaccamente la Resistenza e i partigiani attribuendo loro vendette, massacri e delitti di ogni genere nei mesi successivi alla Liberazione, che non a caso, come ha sottolineato lo stesso Pera, è stato scritto "nel momento giusto e nel modo giusto'': cioè nel clima e in funzione del revisionismo storico in chiave neofascista e anticomunista che la destra al governo sta alimentando con l'acquiescenza e la complicità oggettiva della "sinistra'' borghese.
Non per nulla un campione della "sinistra'' borghese come Paolo Mieli (al punto che il "centro-sinistra'' e Bertinotti lo avevano proposto come il loro candidato di "garanzia'' alla presidenza della Rai) nel suo intervento ha avvalorato il teorema revisionista e anticomunista di Pansa parlando di "centinaia'' di preti e persino antifascisti, azionisti e membri del Cln "uccisi dai comunisti'' dopo la liberazione senza che nessuno nel PCI denunciasse questi "crimini'': "Don Pessina, Don Galletti, Don Donati e tanti altri: non c'entravano nulla con i fascisti, al massimo avevano benedetto qualche salma di fascista ucciso, forse aiutavano la DC a raccogliere i voti...La verità è che furono uccisi da comunisti e che nessun assassino fu denunciato dal PCI. Ciò potrà un giorno essere serenamente studiato? Io spero di sì'', ha detto infatti Mieli dando il suo personale contributo all'infame processo alla Resistenza e ai partigiani comunisti inscenato a Palazzo Madama. Seguìto a ruota dal rinnegato dalemiano Caldarola, che non ha avuto imbarazzi a riconoscere pubblicamente il "valore dell'anticomunismo''.

"Basta con i miti dell'antifascismo e della Resistenza''
Da parte sua Pera ha aggiunto che se nessuno si era deciso a scrivere prima le cose denunciate in questo libro è perché c'è stato anche "il timore che la ricerca sul dopo, ciò che accadde dopo il 25 aprile '45, gli eccidi, le vendette, i massacri, gli stupri, ed anche la condanna morale e politica del dopo vada a riverberarsi sul prima e che possa toccare anche quella Resistenza che appunto è diventata il mito fondante della Repubblica''. Ma se la Resistenza è solo un mito, prosegue il ragionamento del presidente del Senato, allora "sarebbe giunto il momento, forse è già il momento, che si metta in discussione il mito, lo si abbandoni e si faccia più storia. Non c'è più alcuna ragione oggi, così tanti anni dopo, in un Paese che si riconosce in positivo in principi e valori, non c'è più a mio avviso ragione di darsi una identità in senso negativo antifascista e basta''.
Ne discende anche, sempre secondo Pera, che anche la Costituzione non può definirsi antifascista, bensì solo "democratica'', in quanto essa "è antifascista, ma anche anticomunista, antinazista, antifondamentalista, anti-antisemita, e così via. Meglio interpretarla in positivo. Liberarci da un mito del quale non credo che gli italiani hanno più bisogno. Riconoscerci in positivo in quei valori e liberare, liberalizzare la storia, cioè consegnarla agli storici''.
In una successiva intervista a "La Stampa'', la seconda carica della Repubblica ha voluto rincarare la dose puntualizzando ancor meglio il suo pensiero e i suoi obiettivi neofascisti e anticomunisti, aggiungendo anche delle spudorate falsità storiche per avvalorarli. Come quelle, per esempio, che la "vulgata resistenziale antifascista'' avrebbe sistematicamente sottovalutato o ridimensionato il "contributo determinante degli anglo-americani nella liberazione dell'Italia dalla dittatura fascista e dall'occupazione nazista''; che in Italia, al contrario della Francia fin dal 1940, "non c'è stata alcuna forma di resistenza prima dello sbarco degli Alleati sul suolo italiano''; e che è stato parimenti sottovalutato il "ruolo giocato dalle forze politiche antifasciste ma non comuniste nella Resistenza italiana'': forze che poi sarebbero, secondo Pera, l'esercito regio badogliano (che si fece "onore'', come sappiamo, in qualche scaramuccia di supporto agli Alleati nel Sud), due illustri Carneade della destra liberale come un certo Giuseppe Cordero Lanza di Montezemolo e un certo Alfredo Pizzoni, e nientemeno che il famigerato Edgardo Sogno, spia al soldo degli anglo-americani durante la Resistenza e caporione golpista di primo piano nel periodo dello stragismo nero degli anni '70.

Ruolo "marginale'' della Resistenza
Secondo il presidente del Senato, insomma, la Resistenza ha avuto un ruolo del tutto marginale e ininfluente sull'abbattimento del fascismo e la cacciata degli invasori nazisti, dovuta invece soprattutto alle truppe alleate, all'esercito regio e a gente del tipo di Edgardo Sogno. Le centinaia di migliaia tra partigiani e civili caduti nella comune lotta di popolo contro le truppe hitleriane e i loro scherani repubblichini sono quindi morti per nulla. Anche le migliaia e migliaia di antifascisti che fino dal '21 lottarono e morirono per mano delle camicie nere e poi patirono i processi, il carcere e il confino, l'esilio e la soppressione fisica comminati dal regime mussoliniano, non contano nulla secondo la storia riscritta dal neofascista Pera. Neanche dei gloriosi scioperi del marzo del 1943 alla Fiat e in altre fabbriche del Nord e del Centro (quattro mesi prima dello sbarco degli Alleati in Sicilia!), che affrettarono la caduta del regime e prepararono la strada alla guerra partigiana, c'è traccia nella storia che piace tanto a Pera, che retrodata addirittura la guerra partigiana in Francia al 1940 pur di dimostrare che quella italiana è solo un "mito'', una favola inventata e imposta (come? Con quali mezzi in un'Italia dominata dalla DC e dalla Nato?) dai comunisti nel dopoguerra.
La verità è esattamente opposta alle sporche menzogne del neofascista Pera: senza la Resistenza non ci sarebbero stati il 25 Aprile, la Repubblica del '46 e la Costituzione del '48 (che per quanto borghese recepì comunque alcune istanze popolari e democratiche proprio grazie alla Resistenza), ma solo un'occupazione militare assoluta del Paese da parte degli Alleati e un suo ancor più marcato vassallaggio alle potenze vincitrici, come per la Germania e il Giappone. Tutta l'Italia del Nord, gran parte del Centro (si pensi alla Resistenza in Toscana e alla liberazione di Firenze, ma anche quanto avvenne a Roma) e perfino Napoli, devono la loro liberazione dai nazifascisti soprattutto alle formazioni partigiane e alle insurrezioni popolari. Ed è storicamente incontrovertibile che il nucleo centrale e largamente maggioritario della Resistenza sia stato rappresentato dai partigiani comunisti, dalle brigate Garibaldi che raccolsero anche i resistenti di area socialista. Gli altri gruppi di area azionista e liberale, per non parlare dei monarchici badogliani, loro sì che ebbero un ruolo assolutamente marginale nella Resistenza.
Ora è proprio questo nucleo centrale antifascista, proletario, di sinistra che si vuol colpire, criminalizzare e cancellare dalla Resistenza, per stravolgerla e ridurla a un guscio vuoto, prima di gettarla definitivamente alle ortiche.
L'obiettivo finale è quello di estirpare in Italia l'idea stessa di comunismo; cancellare completamente dalla nostra storia questa "anomalia'', questo spettro che ancora turba i sonni della classe dominante in camicia nera, di cui il fascista Pera è uno degli intellettuali più organici ai vertici delle istituzioni. Non meraviglia che questa infame operazione sia in pieno svolgimento proprio ora che la casa del fascio si accinge a riscrivere la Costituzione in chiave neofascista, presidenzialista e federalista.
Meraviglia semmai, ma si fa per dire, che a tale operazione si prestino a dare una mano non soltanto rinnegati come Pansa, Mieli, Pirani, Caldarola ecc., ma più in generale pressoché tutta la "sinistra'' borghese, che manifesta ancora "disponibilità'' a trattare sulla controriforma della Costituzione e non si sente in dovere di ribattere adeguatamente alle gravissime esternazioni del fascista Pera. A cominciare dai dirigenti DS che sentono il bisogno di sbarazzarsi definitivamente dell'odiato e ingombrante passato "comunista''. Quando non è addirittura impegnata a portare acqua al suo mulino, come faceva pochi giorni prima a Venezia l'opportunista e trotzkista Bertinotti unendosi ai fascisti nella condanna dei cosiddetti "crimini'' partigiani delle foibe.
Non si dimentichi inoltre che Pera fu eletto alla presidenza del Senato con l'astensione del "centro-sinistra'', che rinunciò a presentare un proprio candidato e partecipò all'ovazione della casa del fascio per manifestare il suo "gradimento'' alla nomina del professore lucchese alla seconda carica dello Stato.