Non raggiunge il quorum il referendum per abolire la quota proporzionale
BOCCIATO IL MAGGIORITARIO
IL SUD E NAPOLI DANNO IL COLPO DI GRAZIA DECISIVO

L'elettorato non segue le indicazioni del Sì dell'ammucchiata dei fascisti di An, Ds, Prodi, Di Pietro, Segni. Prodi inneggia incautamente alla ``grande vittoria'' ma i fatti dimostrano che è stata una grande sconfitta. Non votanti 50,4%, votanti 49,6%. No: 1.960.022, Sì: 21.161.866
L'ASTENSIONISMO DEVE TINGERSI DI ROSSO. QUESTO E' IL NOSTRO COMPITO

La marcia trionfale dei referendari neofascisti che con una valanga di sì volevano imporre definitivamente il sistema elettorale maggioritario, si è trasformata nel volgere di poche ore in un mesto corteo funebre.
Il referendum per abolire la quota proporzionale nell'assegnazione del 25% dei seggi alla Camera, che si è tenuto domenica 18 aprile, non ha infatti raggiunto il quorum del 50% più uno dei votanti necessario a renderlo valido.
Su 49.309.060 elettori, si sono presentati alle urne in 24.447.521 pari al 49,6%. Di questi, 1.325.633 elettori hanno votato nullo o bianco (2,7% sul corpo elettorale), 1.960.022 (4%) hanno votato No e 21.161.866 (42,9%) hanno votato Sì.
In sostanza, la stragrande maggioranza dell'elettorato, pari al 57,1% fra coloro che hanno votato no, non è andato a votare o ha votato nullo e bianco, non ha seguito l'indicazione di voto per il sì dell'ammucchiata neofascista dei promotori e sostenitori del referendum che vanno dai fascisti di AN, ai DS, Prodi, Di Pietro, Segni, Occhetto, Pannella, Forza Italia, Rinnovamento italiano, CCD e PRI. Eppure sulla carta, in base al proprio peso elettorale e forti dei risultati favorevoli dei precedenti referendum elettorali analoghi del 1991 (sulla preferenza unica) e del 1993 (sul maggioritario al Senato), avrebbero dovuto ottenere un vero e proprio plebiscito.
Così non è stato. Questa volta l'elettorato non ha avallato il nero progetto che stava dietro il referendum quello cioè di ipotecare con una spallata la futura legge elettorale in senso ancor più marcatamente maggioritario di quella attuale e con essa l'intero assetto legale e costituzionale della seconda repubblica neofascista, presidenzialista e federalista.
La sconfitta dei promotori del referendum è resa ancor più cocente dal modo con cui si è consumata. Con le proiezioni Abacus che davano per certo fino alle 0,30 il raggiungimento del quorum e quindi la vittoria dei sì, e i segretari dei maggiori partiti del regime a cantar vittoria in diretta televisiva al "MDBR+Tg1"MDNM+ di Giulio Borrelli e a disegnare le future tappe di un cammino ormai in discesa. Con Romano Prodi che incautamente, come un politicante pivello, già poco dopo le 23 inneggiava alla ``grandissima vittoria'' e decretava che ``ormai non si può più tornare indietro dal maggioritario''. Per poi apprendere, subito dopo, dai dati ufficiali del Viminale sull'affluenza al voto, che la ``grandissima vittoria'' di Prodi era in realtà una sonora sconfitta.
Decisivi i risultati della partecipazione al voto del Sud e delle Isole dove i non votanti sono stati rispettivamente il 57,2% e il 59,8%. Fatta eccezione per l'Abruzzo, in nessuna regione meridionale è stato raggiunto il quorum. Napoli, in particolare, dove non ha votato il 60,3% degli elettori, ha giocato il ruolo di ribaltare all'ultimo momento, quando ormai mancavano i dati definitivi di sole 7 province, il dato dell'affluenza portandolo col peso anche quantitativo dei propri non votanti al di sotto della soglia del 50%.
A guidare la classifica delle regioni del non voto ci sono la Calabria (65,2%), la Sicilia (60,7%) e la Campania (59,1%). Anche al Nord ci sono regioni che non hanno raggiunto il quorum come la Val D'Aosta (57,3% di non votanti), Trentino Alto Adige (53,9%), Friuli Venezia Giulia (52,3%) e particolarmente significativa la Liguria (50,5%)
In generale, le regioni che hanno votato di più sono quelle dove più forte è l'egemonia dei diessini (Emilia Romagna, Toscana e Umbria). è interessante invece notare che in Piemonte e Lombardia, pur in presenza di una maggiore relativa partecipazione al voto rispetto al Sud, rispettivamente al 52,1% e al 52,6%, si sono registrate le più alte percentuali per il No col 10,5% dei voti validi, superiore di due punti al dato nazionale.
Una segnalazione merita anche la provincia di Massa Carrara. Una provincia che negli ultimissimi anni si è dimostrata particolarmente sensibile sul piano politico e sociale, martoriata da una disoccupazione dilagante e dall'ecatombe di incidenti e di morti sul lavoro nelle cave di marmo, e la prima a tenere con successo il primo sciopero generale contro la guerra alla Serbia. Ebbene essa è anche l'unica provincia del centro Italia a non aver raggiunto il quorum con il 55,3% di non votanti e dove anche il no ha superato la media regionale e nazionale attestandosi al 9% dei voti validi.
Il forte astensionismo che comunque si è verificato su tutto il territorio nazionale, riflette la sfiducia verso le istituzioni e i partiti del regime specie in quelle regioni o province dove più acuti sono i problemi economici e sociali delle masse, ma è stata anche una scelta di voto inequivocabile, l'espressione di una presa di distanza e un'aperta sfida verso l'indicazione di voto dei propri partiti parlamentari.
In questa occasione più che in altre, era chiaro che la non partecipazione al voto avrebbe equivalso a una bocciatura del sì al maggioritario. Una bocciatura ancor più esplicita e qualificata è il No propagandato dal PMLI, che è un No contro il quesito referendario, le leggi elettorali in vigore e quelle in discussione in parlamento ma anche un ``No'' globale alla seconda repubblica capitalista, neofascista, presidenzialista e federalista. Un No che si salda naturalmente con l'astensionismo.
Si è trattato oggettivamente di un risultato democratico, progressista e antifascista e non come l'ha definito il rinnegato Bassolino frutto di ``una certa stanchezza democratica''.
Molte sono le analogie fra questa consultazione referendaria e ciò che avvenne nel 1953 quando l'elettorato impedì che scattasse la trappola della ``legge truffa'' voluta dalla DC per assicurarsi la maggioranza dei due terzi dei seggi. Sia la ``legge truffa'' che questo referendum rispondevano al nero disegno di favorire i partiti borghesi e le coalizioni elettorali più forti e di assicurare comunque quella stabilità politica, governativa, parlamentare e istituzionale di cui ha necessità la classe dominante borghese per perpetuare il suo dominio e il sistema capitalistico.
Tuttavia, rispetto al 1953, il voto di oggi da solo non può essere in grado di far fallire questo nero disegno. Lo rallenta, lo priva di una legittimità e di un consenso popolare e plebiscitario, ma non può impedire che esso vada avanti e si compia perché i partiti del regime neofascista, nessuno escluso, sono determinati a ignorare il responso referendario e a perseguire una legge elettorale che comunque sarà più arretrata e fascista rispetto a quella in vigore prima del referendum del '91. In questo senso vanno le dichiarazioni di D'Alema che continuerà a ``battersi per le riforme'' e per sostenere la proposta di legge elettorale del suo governo preparata da Amato e Villone. Nello stesso senso vanno le dichiarazioni di Bertinotti che rilanciano la proposta di una legge elettorale sul modello tedesco con sbarramento del 5%, trovando interlocutori fra i popolari, i forzisti di Berlusconi e la Lega nord di Bossi.
Proseguire la battaglia contro la seconda repubblica capitalista, neofascista, presidenzialista e federalista, far sì che l'astensionismo si tinga di rosso: questo è il nostro compito fin dalle prossime elezioni europee e amministrative del 13 giugno. Come ha indicato il 4• Congresso nazionale del PMLI: ``Spetta a noi marxisti-leninisti qualificare ulteriormente l'astensionismo facendogli compiere un altro salto di qualità, trasformandolo in dissenso militante e anticapitalistico, in lotta aperta per il socialismo''.