Per il boicottaggio di governo, Casa del fascio, Confindustria, DS, Margherita, Cisl, Uil, Sdi, Udeur
Il referendum non raggiunge il quorum
10.572.538 per il Sì per l'art.18. 1.616.379 per il No. In Toscana l'affluenza più alta (32,9%). In provincia di Massa, a Casette e Forno, quorum al 60% e i Sì al 92%
La lotta deve continuare
I due referendum tenutisi il 15 e 16 giugno sull'estensione dell'art.18 alle aziende con meno di 15 dipendenti e sull'abolizione della servitù di elettrodotto non hanno raggiunto il quorum e sono stati pertanto invalidati. è andato a votare il 25,7% degli aventi diritto, ben al di sotto del 50% più uno richiesto per la validità. I Sì all'estensione dell'art. 18 sono stati comunque in numero rilevante, oltre 10 milioni, per l'esattezza 10.245.809. A questi vanno aggiunti 326.729 Sì degli italiani residenti all'estero. Quasi altrettanti i Sì al referendum contro l'elettrosmog, che sono 10.121.923 a livello nazionale, più altri 308.258 dall'estero. I No sono stati rispettivamente 1.483.563 (più 132.816 dall'estero) e 1.611.412 (più 150.146 dall'estero).
Numericamente parlando, dunque, la "santa alleanza" liberista e antioperaia formata da governo, Casa del fascio, Confindustria, DS, Margherita, Sdi, Udeur, sindacati collaborazionisti Cisl e Uil, mass-media di regime, l'ha avuta vinta sulla generosità e il coraggio dei milioni di lavoratori, pensionati, giovani, donne, disoccupati, antiberlusconiani, che hanno combattuto lo stesso questa battaglia impari, sfidando il caldo infernale, il coro assordante dei boicottatori che da tutte le parti li esortavano a non andare ai seggi, e finanche gli ordini di scuderia dei partiti della "sinistra" borghese schierati con Berlusconi e il padronato.

PERCHE' QUESTO RISULTATO
Dal punto di vista politico, invece, il risultato di questa consultazione non deve essere valutato come una sconfitta secca. Intanto perché oltre 10 milioni che sono andati a votare e hanno votato Sì, non sono un quantitativo irrilevante, ma soprattutto rappresentano da un punto di vista qualitativo la parte più cosciente, avanzata e combattiva delle masse, il cui nucleo centrale è rappresentato dai lavoratori sindacalizzati, dai movimenti che resistono al regime neofascista berlusconiano, dagli elettori di sinistra, ecc. Inoltre, a determinare questo risultato, ha giocato senz'altro pesantemente il tradimento dei partiti della "sinistra" borghese, in particolare i DS, che con la loro posizione astensionista hanno portato l'acqua al mulino di Berlusconi e della Confindustria.
Anche lo sporco gioco di Cofferati, che dopo aver cavalcato la lotta contro l'abolizione dell'art. 18 per favorire la propria carriera politica, ora approdata alla candidatura a sindaco di Bologna, ha vergognosamente voltato le spalle alla Cgil e a tutti i sostenitori del Sì schierandosi per l'astensione, ha contribuito non poco a disorientare e frantumare il fronte referendario. Lo stesso neorevisionista e trotzkista Bertinotti ha dato in fondo una mano a far fallire il referendum, con la sua campagna mediatica impostata più sulla strategia di Rifondazione che sulla difesa e l'estensione di un diritto fondamentale di tutti i lavoratori. Significativo, a questo proposito, il fatto che Rutelli e Fassino, oltre a gioire per l'invalidamento del referendum, si siano affrettati ad offrire a Bertinotti di archiviare rapidamente l'episodio per proseguire il dialogo che ha già portato all'alleanza elettorale nelle provinciali e comunali parziali di maggio.
Non va dimenticato inoltre il vergognoso e senza precedenti black-out mediatico che ha accompagnato questa consultazione, in cui si è distinta la Rai berlusconiana presieduta dalla ex trotzkista Lucia Annunziata e diretta dal fascista Cattaneo. Anche questo ha pesato non poco sulla scarsa affluenza, unitamente alla scelta, prettamente politica, di relegare i due referendum dopo i due turni delle amministrative parziali e dopo la chiusura delle scuole, per favorire al massimo l'assenteismo referendario.

UN VOTO DI SINISTRA
Nonostante tutti questi fattori avversi emergono degli spunti politici estremamente interessanti e importanti. Per esempio il voto delle "regioni rosse" e dei centri operai e popolari, che dimostra come questa battaglia sia stata combattuta soprattutto dalla parte più avanzata del Paese, e come una parte significativa dell'elettorato diessino abbia sostanzialmente disobbedito alle indicazioni astensioniste di questo partito. è il caso della Toscana e dell'Emilia-Romagna, che guidano la classifica delle regioni in cui l'affluenza è stata notevolmente più alta della media nazionale, con percentuali che si avvicinano al 40% e dove i Sì si attestano attorno al 90% dei voti validi.
Livorno, storica roccaforte operaia e di sinistra, è la provincia che ha raggiunto la più alta percentuale di votanti in Italia (36,7), col 91,5% di Sì, seguita da Reggio Emilia, col 36,2% di votanti e l'88,1% di Sì. Ma molte altre province del Centro-Nord, caratterizzate o da forte presenza operaia, come ad esempio Torino, La Spezia, Lodi, o comunque da forti tradizioni di sinistra, come ad esempio Firenze, Massa Carrara, Pisa, Siena, Bologna, Ferrara, Ravenna, ecc., hanno realizzato percentuali di affluenza e di Sì decisamente superiori alla media nazionale: attorno al 30% i votanti e attorno al 90% i Sì. Vi sono inoltre località, come per esempio, in Toscana, alcuni centri della zona apuana, dell'empolese e della Val di Sieve, dove è stato sfiorato o addirittura superato il quorum: a Casette e Forno, due paesi della provincia di Massa Carrara, è stato raggiunto il 60% di affluenza, col 92% di Sì.
Perfino in alcune province del Sud, che pure presenta in generale percentuali inferiori alla media nazionale, a causa del ricatto occupazionale che ha sicuramente pesato non poco sull'astensione, emergono risultati interessanti e di tutto rilievo, come in Abruzzo (29,3% di votanti a Chieti), in Campania (mezzo milione di Sì a Napoli) e in Sicilia, con il 29,3% di votanti a Enna e quasi 200 mila Sì a Palermo.
Questo sia pur rapido e certamente parziale esame dei risultati referendari dimostra perciò che la lotta per la difesa e l'estensione dell'art.18 non è affatto persa e da archiviare, come sostengono la Casa del fascio e la Confindustria, che ora pensano di avere via libera per un attacco in forze ai diritti dei lavoratori e la liberalizzazione selvaggia del "mercato del lavoro". Dovranno come minimo fare i conti con quasi 11 milioni di persone che non sono affatto d'accordo. Si tratta di dare una prospettiva di lotta a questa grande forza che si è espressa nel referendum sull'art. 18. La lotta deve continuare, nei luoghi di lavoro e nelle piazze, per difendere i diritti e le conquiste dei lavoratori e per buttare giù il governo neofascista Berlusconi.

GEOGRAFIA DEL VOTO
Analizzando i dati riportati nella tabella generale che riassume i risultati del referendum sull'art. 18 per regioni e province, si può osservare, come abbiamo già accennato, che è l'Italia centrale, col 29,6% di votanti, l'88,8% di Sì e l'11,8% di No, che ha risposto di più alla battaglia referendaria. E in essa spicca la Toscana, col 32,9% di partecipazione al voto e il 90,1% di Sì. L'Italia settentrionale è praticamente allineata sulla media nazionale (26,3% di affluenza e 85,7% di Sì), ma con l'eccezione significativa dell'Emilia-Romagna, dova la partecipazione al voto raggiunge il 30,8%, con l'87,3% di Sì. L'Italia meridionale scende invece sotto la media nazionale, col 22,5% di votanti. Non così per quanto riguarda la percentuale dei Sì, che con l'89% si riportano su valori nazionali. Anche nelle Isole si ha un risultato simile, col 23,4% dei votanti e l'88,1% di Sì.
Per quanto riguarda le province i risultati più significativi, in negativo, spettano a Bolzano, dove c'è stata la più bassa affluenza alle urne (12,4%) e la più alta precentuale di No (24,8%). Segue la Calabria, col 19% di votanti, e la provincia di Crotone, col 14,3% di votanti. In positivo, invece, spiccano al Nord le province di Torino (31,6% di votanti e quasi mezzo milione di Sì), Milano (26,6% di votanti e quasi 700 mila Sì), Lodi (29,8% di votanti), Rovigo e Venezia (entrambe col 28% di votanti), Gorizia (33,5% l'affluenza), Genova (27,8% votanti, 90,3% Sì), La Spezia (30,4% votanti, 90,8% Sì), nonché praticamente tutte le province dell'Emilia-Romagna.
Al Centro, oltre alla capolista assoluta Livorno, primeggiano Firenze e Massa Carrara (affluenza 34,6%, Sì oltre il 90%), ma anche chi più chi meno tutte le altre province della Toscana. Di tutto rilievo sono anche i risultati di Umbria, Marche e Lazio, tra cui spiccano Perugia con più di 122 mila Sì, Ancona (quasi 100 mila) e Roma, che da sola realizza 800 mila Sì.
Al Sud buoni risultati, in linea con la media nazionale, si hanno in Abruzzo e in Molise. Ma anche altrove, pur come abbiamo già detto in un contesto generale al di sotto della media nazionale, emergono risultati significativi, come Napoli, che porta quasi mezzo milione di Sì, Bari (oltre 250 mila), Foggia e Cosenza (più di 100 mila), Catania (167 mila), Palermo (quasi 200 mila Sì) e Cagliari (142 mila Sì).