REGISTI "OCCULTI'' STRUMENTALIZZANO ALCUNE LETTERE DI MARCO BIAGI PER CRIMINALIZZARE COFFERATI, LA CGIL E GLI SCIOPERI DEI LAVORATORI
"Zero in condotta'', diretta da Monteventi, consigliere comunale del PRC di Bologna, e "La Repubblica'' si sono prestati al gioco dei criminalizzatori
QUESTO INFAME ATTACCO GIOVA SOLO AL GOVERNO CHE VUOLE CANCELLARE L'ARTICOLO 18 E SOFFOCARE LE LOTTE DEI LAVORATORI CHE LO DIFENDONO
Marco Biagi, il consulente del ministro del lavoro Maroni, viene barbaramente assassinato dalle sedicenti "BR-Pcc'' il 19 marzo 2002, alla vigilia della grandiosa e storica manifestazione del 23 marzo promossa dalla Cgil per difendere l'articolo 18, e il governo del neoduce Berlusconi prende a pretesto quell'assassinio per sferrare un duro attacco al movimento dei lavoratori e al sindacato giungendo a indicarli come i fautori dell'"odio che nutre la mano degli assassini''.
Ora, nel bel mezzo degli scioperi generali promossi dalla Cgil sempre in difesa dell'art. 18, spuntano a sorpresa cinque missive - recapitate da un "informatore anonimo'' al quindicinale "Zero in condotta'' diretto da Valerio Monteventi, consigliere comunale del PRC di Bologna, che le pubblica in contemporanea al quotidiano "La Repubblica'' - attribuite a Biagi e nelle quali Cofferati viene accusato di minacce personali.
Pure coincidenze o un piano ben stabilito per criminalizzare e attaccare Cofferati, la Cgil e il movimento operaio e sindacale impegnati in una dura battaglia contro il governo, accusandoli addirittura di essere quanto meno i mandanti morali del terrorismo? Si tratta con tutta evidenza di una provocazione, di un atto infame e intimidatorio che coincide col tentativo del governo di piegare la resistenza dei lavoratori che difendono l'articolo 18 e tutti i diritti sindacali e sociali conquistati a costo di sangue e sacrifici.
Dello stesso segno è l'attentato fascista alla Camera del lavoro territoriale di Cesena che il 1° luglio è stata messa a soqquadro e tentato di incendiare.

UNA STRATEGIA ANTISINDACALE
Se è vero, come si dice, ma è da dimostrare, che non era difficile accedere alla corrispondenza di Biagi registrata su hard disk, che la procura di Bologna ha solo copiato ma non messo sotto sequestro, è anche vero che la scelta delle missive, i mezzi e i tempi di diffusione delle stesse non possono essere il frutto di coincidenza o improvvisazione, ma di un'abile, attenta e "occulta'' regia. Roba insomma da servizi segreti e apparati governativi e istituzionali.
Le cinque e-mail, datate fra il 21 luglio 2001 e il 23 settembre dello stesso anno, sono indirizzate al presidente della Camera, nonché suo amico personale, Pierferdinando Casini, al ministro leghista del Welfare Roberto Maroni, al sottosegretario al lavoro ed ex craxiano Maurizio Sacconi, al direttore di Confindustria e socialista interno al polo Stefano Parisi e al prefetto di Bologna Iovino. In esse Biagi chiedeva accoratamente ai destinatari di intervenire affinché non gli fossero tolte le scorte di cui disponeva a Milano, Bologna, Modena e Roma, cosa che invece avvenne fra il giugno e l'ottobre 2001.
Una denuncia grave ma già nota, che è stata oggetto di polemiche, interrogazioni, inchieste governative, anche se si sono risolte in un nulla di fatto e in un'autoassoluzione del governo e del ministro dell'Interno Scajola. Una denuncia che certo non giustifica l'anonimato della fonte e lo "scoop'' giornalistico.
E infatti nelle lettere di Biagi c'è di più. Qualcosa che punta il dito sul segretario nazionale della Cgil, Sergio Cofferati, e quindi sull'intera Cgil e i lavoratori in lotta. "Sono molto preoccupato perché i miei avversari (Cofferati in primo luogo) criminalizzano la mia figura'', si legge nella lettera attribuita a Biagi e indirizzata a Casini. E nell'e-mail indirizzata a Parisi c'è di peggio: "Non vorrei che le minacce di Cofferati (riferitemi da persona assolutamente attendibile) nei miei confronti venissero strumentalizzate da qualche criminale''.
Difficile non cogliere la sinistra coincidenza di queste affermazioni attribuite a Biagi e la campagna in atto da parte del governo, e segnatamente dei ministri Maroni, Giovanardi, Alemanno e Scajola, che mira a presentare Cofferati e la Cgil come i "fautori'' della violenza e del terrorismo. Difficile non cogliere il tempismo di queste "rivelazioni'' con la vigilia della firma del patto della capitolazione e del tradimento da parte di Cisl e Uil sull'articolo 18 dello "Statuto dei lavoratori''.

LA REGIA "OCCULTA''
Su tutta questa vicenda gravano una montagna di punti interrogativi. Innanzitutto, chi e come è entrato in possesso delle lettere di Biagi e chi le ha messe in circolazione?
Il procuratore di Bologna Enrico De Nicola ha affermato che le lettere in possesso della magistratura sono tre e non cinque, nessuna contiene il nome di Cofferati e solo due coincidono con quelle pubblicate. Si presume quindi che la "fonte'' delle lettere non sia la procura. Scartata anche l'ipotesi dei familiari. Quali altri personaggi o apparati potevano entrare in possesso di materiale che nemmeno i magistrati di Bologna sembrano possedere? Le missive sono tutte autentiche o sono state manomesse?
L'e-mail diretta a Parisi pubblicata da "Zero in condotta'' non contiene il riferimento a Cofferati perché, si è saputo successivamente, questa parte era stata epurata dall'"anonimo informatore'' prima di consegnare le missive registrate su un floppy disk a Monteventi, mentre "La Repubblica'' l'ha pubblicata integralmente perché si è procurata l'originale direttamente da Parisi.
La tesi, sostenuta dallo stesso Monteventi, secondo cui l'"informatore'' non voleva sviare l'attenzione dell'opinione pubblica su Cofferati, non regge. Al contrario c'è da domandarsi se la "censura'' volesse in realtà coprire la presenza di quella "persona attendibilissima'' che suggeriva a Biagi di essere al centro di minacce e attacchi da parte di Cofferati. Insinuazioni che sarebbero iniziate il 2 luglio 2001 (la data dell'e-mail a Parisi), ancor prima che il "Libro bianco'' di Maroni, di cui Biagi era il principale estensore, fosse reso pubblico e diversi mesi prima che la battaglia sull'articolo 18 prendesse il via. Chi è quindi questa "persona attendibilissima'' che con tanto anticipo prefigurava uno scenario di scontro sindacale che si realizzerà soltanto mesi dopo?

IL RUOLO DI MONTEVENTI E DI "REPUBBLICA''
Un elemento che getta un'ulteriore ombra sull'"informatore'' che Monteventi si ostina a difendere a spada tratta: "Chi è? Lo so, ma non posso e non voglio dirlo. Piuttosto vado in carcere. E' una persona di cui mi fido'', ha dichiarato il direttore del giornale dell'area dell'Autonomia e dei no-global bolognesi. Ma perché, se lo scopo era quello di riaccendere i riflettori sul delitto Biagi e le responsabilità del governo sulla sua mancata copertura, questo oscuro personaggio ha fatto ricorso all'anonimato? Perché non esce ora allo scoperto e chiarisce la sua posizione?
Monteventi ha dichiarato di aver saputo dell'esistenza di questo materiale già all'inizio di aprile, quando durante una manifestazione a Bologna "qualcuno'' gli fece sapere che gli avrebbe mandato "delle cose''. Poi avrebbe ricevuto il dischetto con le missive all'inizio di giugno direttamente dalle mani del suo "informatore'', anche se in un primo momento aveva affermato che lo aveva trovato nella cassetta della posta della redazione di "Zero in condotta'' nella centrale via San Carlo a Bologna. Perché ha aspettato venti-venticinque giorni prima di pubblicare il materiale, senza peraltro cercare e trovare riscontri? Perché ha sostenuto di aver atteso il nulla osta della famiglia e poi invece si viene a sapere che la famiglia ha richiesto lo stesso giorno in cui sono state stampate, di visionare prima le lettere? Con chi ha parlato di questa pubblicazione e quali accordi sono intercorsi con "La Repubblica''?
E' mai possibile che Valerio Monteventi sia così ingenuo da prestarsi inconsapevolmente a una simile operazione? Eppure ha un'esperienza politica più che trentennale. Come lui stesso ha ricostruito la sua biografia, è partito dalla Fgci per approdare al "Movimento studentesco'' e poi a "Potere operaio''. Quindi Radio Alice e il movimento del '77 nell'area dell'"Autonomia operaia'', carcerazione preventiva di 8 mesi per essere stato accusato (poi scagionato per mancanza di indizi) di far parte dell'organizzazione terroristica "Prima linea''. Iniziano le sue attività editoriali, prima con la rivista "Mongolfiera'' poi con ZIC "Zero in condotta'', il quindicinale di cui è direttore, e quelle amministrative nel comune di Bologna come consigliere dei Verdi Arcobaleno dal '93, poi, dal '95 ad oggi, di Rifondazione. E' portavoce del Bologna social forum ed è considerato, lui che ha un lungo trascorso di rugbysta e di servizi d'ordine, un uomo di mediazione tra movimenti, il sindaco di Bologna di "centro-destra'' Guazzaloca, sindacati e istituzioni tanto da venir soprannominato "il sindaco''.
Insomma, tutto fuorché un ingenuo politico di "primo pelo''. L'iniziativa di Monteventi non è andata giù a una parte dei no-global guidata da Luca Casarini, mentre Rifondazione difende il suo consigliere comunale.
Monteventi ha dichiarato di aver offerto a "La Repubblica'' le lettere per garantire loro una diffusione nazionale oltreché locale e per la paura che se presentate in conferenza stampa la magistratura avrebbe potuto sequestrare il suo giornale. Ma perché "La Repubblica'', una volta presa visione del contenuto delle lettere, si è prestata al gioco dei criminalizzatori non solo pubblicandole, ma addirittura focalizzando attraverso i titoli l'attenzione proprio sulle accuse a Cofferati? Possibile che i navigati Ezio Mauro e Eugenio Scalfari siano finiti in una trappola così sfacciata? O forse c'è lo zampino della destra DS e della Margherita che avevano interesse a dare una zampata a Cofferati?
E' evidente che sulla pubblicazione di queste lettere si sono innestate e scatenate battaglie incrociate e regolamenti di conti interni alla maggioranza di "centro-destra'' e nello stesso "centro-sinistra'', dagli esiti ancora imprevedibili.
E' certo però che questo infame attacco giova solo al governo che ha ora un'arma in più per cancellare l'articolo 18 e soffocare le lotte dei lavoratori che lo difendono e più in generale per criminalizzare e mettere a tacere ogni dissenso e ogni opposizione politica e sindacale a favore di un sindacato neocorporativo completamente assoggettato al regime neofascista imperante.
Un obiettivo da tempo accarezzato dalla classe dominante borghese in camicia nera e realizzato tappa dopo tappa sulla base di quanto prefigurato dal "Piano di rinascita democratica'' e dallo "Schema R'' della P2 di Gelli, Craxi e Berlusconi.

3 luglio 2002