19 morti tra militari e civili italiani uccisi a causa dell'occupazione dell'Iraq. Lacrime di coccodrillo da parte di Ciampi e Berlusconi
La resistenza irachena fa saltare in aria la sede della base italiana a Nassiriya
Bertinotti: "Ci sono giorni in cui parla la politica e altri in cui è meglio che la politica stia in silenzio". Dei carabinieri criticano il governo e chiedono il ritiro dall'Iraq. Il vescovo di Caserta denuncia il pericolo di legittimare una "guerra ingiusta"
Onoranze funebri da regime neofascista e guerrafondaio
La responsabilità politica e morale della strage di Nassiriya, che ha provocato 19 morti e 17 feriti tra carabinieri, soldati e civili italiani, e altri morti e feriti tra i civili iracheni, ricade interamente sul governo Berlusconi, che ha voluto a tutti i costi la partecipazione dell'Italia all'occupazione militare dell'Iraq a fianco degli aggressori anglo-americani e sul capo dello Stato e capo delle Forze armate Ciampi, che ha avallato questa operazione di guerra calpestando l'art. 11 della Costituzione, di cui avrebbe invece dovuto ergersi a garante.
La tesi che questa era ed è una "missione di pace" e non di guerra, funestata da un "vile attacco terroristico", è una sporca balla che essi si sono inventata per turlupinare il popolo italiano e carpire il suo consenso alla prosecuzione di questa illegittima e pericolosa avventura militare. L'Italia sta in Iraq per partecipare all'occupazione militare di quel Paese a fianco degli alleati anglo-americani aggressori. La sede del contingente italiano a Nassiriya è stata fatta saltare in aria dalla resistenza irachena che combatte legittimamente contro questa occupazione, e che non ha nessun motivo per distinguere tra una forza occupante e l'altra. E le truppe italiane sono state mandate lì non per aiutare il popolo iracheno ma per far guadagnare all'Italia un posto a tavola nella spartizione della torta della "ricostruzione": questa è la verità che le lacrime di coccodrillo di Berlusconi e Ciampi vorrebbero nascondere al popolo italiano.
In una delle sue innumerevoli dichiarazioni ipocrite e retoriche sulla strage di Nassiriya, il neoduce si è lasciato sfuggire queste parole rivelatrici: "Mi sembra che tutti abbiamo capito come questo sacrificio sia valso a rappresentarci sulla scena internazionale con grande rispetto". Parole che ricordano in maniera impressionante quelle con cui Mussolini giustificava l'entrata in guerra a fianco di Hitler: "Mi serviva qualche migliaio di morti da gettare sul tavolo della pace".

Nazionalismo patriottardo e guerrafondaio
Parole che la dicono lunga sulla sporca operazione imbastita strumentalizzando i morti di Nassiriya, per sommergere il Paese con l'ondata di nazionalismo, patriottismo e militarismo a cui stiamo assistendo: fiumi di demagogia e di retorica patriottarda, sparsi dalla stragrande maggioranza di tutte le reti tv "pubbliche" e private e della stampa. Una giornata di "lutto nazionale", con bandiere a mezz'asta in tutta Italia, un minuto di silenzio obbligatorio nelle scuole, negozi con saracinesche abbassate per mezz'ora, fermate del lavoro di 10 minuti, ecc. Funerali di Stato da regime neofascista e guerrafondaio, con l'esposizione dei feretri al Vittoriano, il monumento simbolo della monarchia e del fascismo mussoliniano.
Non a caso è stato fatto un paragone con il 4 novembre 1921, all'indomani della spaventosa carneficina della prima guerra mondiale e alla vigilia dell'avvento del fascismo al potere, quando con altrettanta enfasi nazionalista e patriottarda e coinvolgimento di popolo al Vittoriano furono tumulate le spoglie del milite ignoto. Si è voluto cogliere l'occasione per ricreare quel clima fanaticamente nazionalista, patriottardo, revanscista e militarista che aveva preparato il terreno all'ascesa al potere di Mussolini, e che la Resistenza e il Sessantotto avevano ricacciato in un angolo, quello dei nostalgici, dei fascisti e della destra più reazionaria. Ora sono Berlusconi e Ciampi a ritirarlo fuori e a riproporlo in una veste "nuova" alle masse, lavorando in tandem come Mussolini e il re Vittorio Emanuele III nel ventennio fascista.
Certamente la destra borghese è in prima fila nell'appoggiare e sviluppare questa infame operazione demagogica e neofascista. Si veda ad esempio il fondo di Mario Cervi sul berlusconiano "Il Giornale" del 14 novembre, che sbava di soddisfazione perché "la patria non è morta, stava male in salute ma l'abbiamo ritrovata, per fortuna. E il `tutti a casa' non echeggia nella penisola, che ne ha già visto uno e le è bastato. L'Italia è in lutto ma non lascia il suo avamposto di civiltà e di democrazia. Senza illusioni e senza pavidità". Si veda anche l'editoriale del clerico-fascista Antonio Socci su "Il Giornale" del 18, giorno dei funerali di Stato, in cui esalta il "ritorno" al patriottismo e al tricolore come "una svolta, una rivoluzione culturale. Era stato un tabù dell'Italia repubblicana, egemonizzata dall'ideologismo anti-italiano delle Sinistre".

Connivenza della "sinistra" borghese
Ma la cosa ancor più grave è che anche la "sinistra" borghese si è unita al coro assordante della destra nell'esaltazione del patriottismo e del nazionalismo e nel chiedere che le truppe italiane restino in Iraq. Non è certo un caso che nello stesso giorno dell'editoriale di Socci sul quotidiano del neoduce, gli risponda sull'organo ufficioso dell'Ulivo, "la Repubblica" di Mauro e Scalfari, il rinnegato del comunismo Mario Pirani, con concetti e parole del tutto simili in un analogo editoriale dal titolo "Il ritorno della Patria". Per non parlare del sindaco di Roma, Veltroni, che ha invitato i cittadini a esporre il tricolore, e del capofila dei rinnegati, D'Alema, che nel suo discorso all'assemblea dei DS, nel ribadire il no della maggioranza del suo partito al ritiro del contingente già espresso in parlamento, ha detto tra l'altro: "Nel no al ritiro delle nostre truppe c'è anche la dignità di un Paese ferito che ritiene persino disonorevole offrire l'immagine della fuga il giorno dopo l'attacco. Mi ha colpito che centinaia di giovani carabinieri si siano offerti come volontari. Non dobbiamo sentirci anche noi orgogliosi di questo? Dobbiamo regalare questo sentimento alla destra? Io non lo credo".
Anche il cacasotto Bertinotti si è messo in riga con la musica patriottarda suonata da Berlusconi, Ciampi e i fascisti: "Ci sono giorni - ha detto il leader del PRC in visita al Vittoriano, che ha anche guidato una delegazione di Rifondazione ai funerali di Stato - in cui parla la politica e altri in cui è meglio che la politica stia in silenzio". Per fortuna c'è anche chi non si è autoimbavagliato come questo opportunista e imbroglione politico e cerca ancora di ragionare con la propria testa. Come ad esempio il direttore de "Il Giornale dei carabinieri" e il segretario generale del sindacato dei carabinieri in congedo, che hanno rispettivamente criticato l'intervento italiano in Iraq e chiesto il ritiro del contingente. E come il vescovo di Caserta, Raffaele Nogaro, che in risposta ai toni da crociata del cardinale Ruini e alla proposta del cardinale di Torino di santificare i carabinieri morti ha detto, suscitando le ire del ministro di polizia Pisanu che ha minacciato ritorsioni, che "fenomeni come il terrorismo non si combattono con le armi. Bisogna fare attenzione a non esaltare il culto dei martiri e degli eroi della patria, strumentalizzando la morte dei questi nostri giovani per legittimare guerre ingiuste".
Guai se il movimento per la pace e antimperialista seguisse l'esempio del cacasotto Bertinotti, e si lasciasse intimidire e zittire dall'ondata nazionalista, patriottarda e guerrafondaia suscitata dal governo e da Ciampi e ingigantita ad arte dai media del regime neofascista. Occorre invece chiedere ora più che mai ad alta voce, come ha ribadito l'Ufficio politico del PMLI nel Documento del 12 novembre, il ritiro immediato del contingente italiano dall'Iraq, dobbiamo continuare a lottare per un Iraq liberato dagli occupanti imperialisti.