Assalto alla Casa Rosada e al parlamento
LA RIVOLTA DEL POPOLO ARGENTINO TRAVOLGE TRE GOVERNI
27 morti, centinaia di feriti e tremila arrestati
NUOVO PRESIDENTE IL PERONISTA DUHALDE
Il 2 gennaio il parlamento argentino ha eletto presidente il senatore peronista Eduardo Duhalde; è il terzo esponente che in poco più di dieci giorni siede sulla poltrona presidenziale dopo le dimissioni di De La Rua il 20 dicembre e il breve mandato di Rodriguez Saa, costretti alle dimissioni dalla rivolta popolare contro la politica del regime di Buenos Aires. Duhalde ha chiesto un mandato blindato di due anni per scavalcare e scongiurare lo spauracchio delle elezioni politiche previste a marzo e conta di dar vita a un governo di unità nazionale per varare un piano di emergenza contro il collasso economico del paese.
La scintilla che ha acceso il fuoco della rivolta popolare era stata la presentazione in parlamento lo scorso dicembre del piano di feroci tagli alla spesa pubblica messo a punto dal ministro dell'Economia Domingo Cavallo; il piano, sollecitato dal Fondo monetario internazionale preoccupato delle difficoltà del governo di Buenos Aires a pagare il pesante fardello del debito estero e quale condizione per ottenere un nuovo prestito, prevedeva per il 2002 un taglio di circa il 20% della spesa pubblica. Una vera mazzata per le masse popolari e per i 14 milioni di poveri ufficiali, su una popolazione di 37 milioni, già colpiti dalla politica economica del governo di "centro-sinistra'' di De La Rua che ha continuato nella politica neoliberista avviata negli anni '80 dall'allora presidente Menem e segnata in particolare dalle privatizzazioni a favore soprattutto di società spagnole e americane e dalla forzata parità della moneta nazionale, il peso, col dollaro. I licenziamenti nel pubblico impiego e nelle aziende privatizzate, che hanno portato il tasso di disoccupazione al 20%, hanno ulteriormente impoverito i lavoratori e le loro famiglie già colpite dalle misure governative per arginare un deficit elevatissimo e un soffocante debito estero che supera la metà del Pil del paese.
Il governo ai primi di dicembre aveva decretato il blocco dei depositi bancari per puntellare le banche con le casse vuote e a rischio di fallimento ma solo dopo che i grandi capitali avevano preso la via dell'estero.
Per tentare di bocciare il piano del ministro Cavallo l'opposizione parlamentare aveva chiesto per il 20 dicembre una riunione straordinaria del parlamento ma si era mosso prima il popolo argentino con manifestazioni in piazza in tutte le città del paese. Nella capitale migliaia di dimostranti assaltavano i grandi magazzini commerciali e portavano via soprattutto generi alimentari. Il 19 dicembre il governo proclamava lo stato d'assedio per "tentare di fermare le rivolte e i saccheggi in corso in tutto il paese'' mentre contemporaneamente il presidente De La Rua prometteva lo stanziamento di 7 milioni di pesos per comprare e distribuire generi alimentari alla popolazione più povera.
Migliaia di dimostranti scendevano di nuovo in piazza il 20 dicembre in tutte le città del paese; a Buenos Aires i manifestanti marciavano su Plaza de Mayo e la Casa Rosada, la sede presidenziale, battendo pentole e casseruole e gridando slogan contro presidente e governo di cui chiedevano le immediate dimissioni. De La Rua fuggiva in elicottero mentre la polizia interveniva col lancio di lacrimogeni e pesanti cariche per disperdere i dimostranti che rispondevano innalzando improvvisate barricate e con i sassi. La battaglia durava per due giorni nella capitale e in altre città; il bilancio sarà di 27 morti, centinaia di feriti e migliaia di arrestati. La rivolta popolare costringeva De La Rua e il suo governo alle dimissioni, annunciate la sera del 20 dicembre assieme alla revoca dello stato d'emergenza.
Alla carica presidenziale il parlamento eleggeva il 22 dicembre il peronista Adolfo Rodriguez Saa con il mandato di guidare il paese fino alle elezioni presidenziali anticipate al prossimo 3 marzo. La linea del nuovo esecutivo era dettata direttamente dal presidente americano Bush che invitava il governo argentino a rispondere alle "durissime ma estremamente realistiche e assolutamente necessarie'' indicazioni del Fondo monetario che solo in quel caso avrebbe potuto riaprire i cordoni della borsa. Come dire avanti come prima. Saa nel discorso di insediamento annunciava la sospensione dei pagamenti degli interessi sul debito, una serie di investimenti per creare un milione di posti di lavoro nei tre mesi di durata del suo mandato e l'introduzione di una nuova moneta, l'argentino; un progetto populista per spianare la strada a un prossimo presidente peronista.
Il blocco dei depositi bancari era solo allentato mentre fra i ministri del nuovo governo Saa chiamava esponenti peronisti già accusati di corruzione. La protesta popolare ripartiva con manifestazioni a Buenos Aires dove il 29 dicembre i dimostranti assaltavano la Casa Rosada e la sede del parlamento; il nuovo governo appena insediato rassegnava le dimissioni e a ruota il 30 dicembre seguivano quelle di Saa. Il partito peronista risalito alla presidenza dopo la caduta di De La Rua non mollava l'osso e metteva in campo un nuovo esponente, Eduardo Duhalde.

3 gennaio 2001