Contro l'accordo bidone governo-sindacati
Rivolta dei tranvieri
Le precettazioni non fermano gli scioperi spontanei. Il governo minaccia sanzioni penali. Domenici: "Gli scioperi selvaggi non servono, queste forme di lotta sono da condannare''. Solidarietà militante del PMLI
Occorre il referendum

Sono più di due anni che i lavoratori del trasporto pubblico locale (autobus, tram, metropolitane) aspettano che gli venga rinnovato il contratto collettivo nazionale di lavoro relativo al secondo biennio economico. La richiesta di aumento salariale di 106 euro al mese è né più né meno quello previsto dall'accordo del 23 luglio '93 sulla "politica dei redditi''. Hanno attuato ben 9 scioperi nazionali promossi dai sindacati confederali. Gli ultimi due, quelli del 1° e del 15 dicembre, in particolare, hanno avuto un'adesione plebiscitaria in tutte le parti d'Italia, dall'80 al 100 per cento. Ancora all'inizio di questo mese il governo del neoduce Berlusconi, con un'arroganza senza pari arrivava a offrire la misera e offensiva cifra di 12 euro lordi al mese. Violando così platealmente il suddetto accordo di cui è firmatario e garante.
In questa situazione inaccettabile e intollerabile è montata e si è inasprita in combattività e ampiezza la protesta dei tranvieri, gli scioperi spontanei hanno travalicato gli angusti e castranti limiti che regolano il diritto di sciopero per i "servizi pubblici essenziali''. I primi a non rispettare le cosiddette "fasce protette'' e a prolungare lo sciopero (dell'1/12) per l'intera giornata sono stati i lavoratori milanesi, contro i quali si è scatenata una canea forcaiola da parte delle casa del fascio ma anche da parte di esponenti del "centro-sinistra''. Leonardo Domenici che oltre a essere il sindaco diessino di Firenze è anche presidente dell'Associazione nazionale dei comuni (Anci), senza distinguersi minimamente dai sindaci di "centro-destra'', come Albertini per esempio, e dimenticando completamente le ragioni dei lavoratori ha sentenziato: "Gli scioperi selvaggi non servono, queste forme di lotta sono da condannare''. Gli stessi vertici sindacali confederali hanno preso le distanze dagli scioperi decisi in assemblea direttamente dai lavoratori.
Ma col passare dei giorni e delle settimane, seguendo l'iter delle trattative su una base del tutto insoddisfacente, gli scioperi improvvisi e le assemblee permanenti sono dilagati in più parti del Paese: Torino, Roma, Genova, Firenze, Bologna, nel Sud e altrove.
Dopo l'accordo raggiunto il 20 dicembre tra i rappresentanti del governo e i segretari generali di Cgil, Cisl e Uil rispettivamente Guglielmo Epifani, Savino Pezzotta, Luigi Angeletti, la rivolta degli autoferrotranvieri, come era logico aspettarsi, non si è placata ed è anzi riesplosa più forte che mai. Gli 81 euro mensili e i 970 euro, di cui 170 a carico delle regioni e dei comuni, come "una tantum'' per coprire il periodo rimasto scoperto dalla scadenza del precedente contratto (1 gennaio 2002-30 novembre 2003) sono stati giudicati dagli interessati una elemosina, un piatto di lenticchie, un'intesa bidone da respingere con la lotta dura. E così è successo: in tante città i tram e le metropolitane non sono nemmeno partiti, in altre hanno fatto ritorno nei depositi. A nulla sono valsi tentativi dei vertici sindacali per giustificare il loro operato e per far accettare l'intesa valutata da loro un compromesso onorevole oltre il quale non era possibile andare, un punto fermo di mediazione per attuare la "riforma del settore'', una prospettiva per il futuro e amenità del genere. E pensare che in un primo tempo gli arretrati messi sul tavolo dal governo non superavano i 500 euro accettati da Cisl e Uil.
"Ci dovevano dare 106 euro al mese. Non era un nuovo contratto. Ce li dovevano dare e basta, più i due anni di arretrati - affermano i lavoratori''. La giustificazione, dietro cui si nascondono governo e sindacati, della mancanza di disponibilità economica non regge. Altrimenti non si capirebbe perché ai dirigenti sia stato concesso, senza un minuto di sciopero, un aumento di 250 euro mensili; e perché le altre categorie del pubblico impiego abbiano ottenuto un incremento contrattuale quanto meno sopra i cento euro. La prosecuzione della lotta, anche dopo la sigla dell'accordo, rappresenta con evidenza anche un dissenso netto verso i sindacati confederali dai quali non si sentono ben rappresentati.
La rabbia dei lavoratori è rivolta non solo contro i contenuti insufficienti dell'accordo, ma anche contro la repressione antioperaia, liberticida, di stampo neofascista scatenata dal governo. Per stroncare gli scioperi i prefetti hanno preso a precettare in modo sistematico i tranvieri, con sanzioni che vanno da 250 a 500 euro di multa per ogni giorno di inosservanza dell'ordinanza di precettazione. è intervenuto, in modo inusitato, lo stesso ministro degli interni l'ex democristiano e ora forzista, Beppe Pisanu, con una nota dove scrive che il ministero: "facendosi interprete della viva preoccupazione del governo per i gravi disagi inflitti ai cittadini, ha dato disposizione a tutti i prefetti non solo di reiterare le precettazioni, ma anche denunciare alla magistratura ogni violazione delle norme vigenti''. Una nota ministeriale pesantemente intimidatoria minaccia sanzioni penali, ben oltre la "semplice'' multa amministrativa.
Ma l'attacco infame del governo va oltre la lotta dei tranvieri per investire direttamente il diritto di sciopero per l'insieme dei dipendenti pubblici. Il ministro del welfare, il leghista Roberto Maroni, coadiuvato dal suo scagnozzo, l'ex craxiano divenuto berlusconiano, Maurizio Sacconi, invocano sanzioni più dure e un nuovo intervento legislativo che accentui i vincoli per l'esercizio del diritto di sciopero e inasprisca le punizioni. Maroni intende infatti presentare una proposta in merito, già nella riunione del consiglio dei ministri di martedì 23 dicembre.
IL PMLI, tramite un comunicato dell'Ufficio politico, si è subito schierato a favore e appoggia senza riserve la lotta dei tranvieri, ivi compresi gli scioperi spontanei. La giudica giusta e sacrosanta. Condivide il loro giudizio negativo sull'accordo. Ritiene che in ogni caso i sindacati devono dare ai lavoratori il diritto di valutarlo in assemblea e di votarlo con il referendum; con esito vincolante per tutti. Il PMLI condanna come una misura fascista le precettazioni. Condanna e si oppone con forza, inoltre, a ogni tentativo legislativo di restringere ulteriormente il diritto di sciopero. E anzi rivendica la eliminazione di tutti i vincoli legislativi. Lo siopero è sciopero. Per essere efficace il suo esercizio deve essere libero, pieno ed effettivo.
Come dice il comunicato dell'Ufficio politico del PMLI "Il diritto di sciopero non si tocca! Con gli autoferrotranvieri fino alla stipula di una accordo soddisfacente!''.