Sė della CGIL al referendum sull'art. 18
Sconfitti i cofferatiani
IL TRADIMENTO DI COFFERATI CHE SI ASTERRA'

Il Comitato direttivo della Cgil del 6-7 maggio scorsi ha deciso con una maggioranza schiacciante (127 voti favorevoli su 140 e un solo contrario) di schierare la confederazione a favore del Sì al referendum per estendere l'articolo 18 ai lavoratori delle aziende fino a 15 dipendenti che si terrà il 15 giugno prossimo.
Il Direttivo ha così riconfermato l'orientamento già emerso nella segreteria dove su 12 componenti, 7 (compreso Epifani) si erano schierati per il Sì.
Non vi è da parte del segretario Guglielmo Epifani e da parte del vertice Cgil un'adesione piena alle ragioni del Sì al referendum. Tant'è vero che nella sua relazione il segretario ha riconfermato il suo "giudizio critico" e la sua "critica severa" finendo piuttosto con lo sposare nelle premesse politiche le ragioni del no. E a testimonianza della posizione autonoma del vertice Cgil rispetto ai promotori del referendum è stato annunciato che la struttura sindacale non parteciperà ai già costituiti Comitati per il Sì, ma promuoverà una propria compagna referendaria.
Ciononostante il risultato è importante e da salutare con soddisfazione poiché è il frutto delle forti pressioni per il Sì che sono state esercitate da parte delle categorie (Fiom e Funzione pubblica in testa), della stragrande maggioranza delle organizzazioni territoriali e soprattutto dalla base sindacale. Una pressione a cui Epifani e la maggioranza del Comitato direttivo Cgil non hanno potuto sottrarsi costringendoli, seppur a collo torto e con tutti i distinguo del caso, a schierarsi con il Sì.
Una decisione che è maturata nonostante l'opposizione della maggioranza diessina, ma anche dei cofferatiani, che hanno tentato fino all'ultimo di impedire che la Cgil si schierasse per il Sì e che sono usciti sonoramente sconfitti. Essi non solo sono risultati in netta minoranza, ma si sono anche spaccati al loro interno. Alcuni di loro hanno finito per votare l'ordine del giorno di Epifani, altri hanno presentato ordini del giorno diversi.
Oltre a quello di Epifani, infatti, sono stati presentati altri quattro ordini del giorno, di cui due presentati da esponenti cofferatiani. Il primo, sottoscritto da Marigia Maulucci (segretaria confederale nonché amministratrice della Fondazione Di Vittorio presieduta da Cofferati) chiedeva l'astensione per far fallire il referendum. Il secondo, sottoscritto da Giuseppe Casadio, Carlo Ghezzi e Achille Passoni (tutti e tre segretari confederali) chiedeva invece la libertà di coscienza.
Gli altri due ordini del giorno erano quello dell'area della maggioranza diessina, che aveva come primi firmatari il presidente dell'Ires Agostino Megale, quello dell'Inca Aldo Amoretti, e il segretario della Camera del lavoro di Milano, Andrea Panzeri, che chiedeva la libertà di voto. E quello presentato da Ferruccio Danini e Claudio Baldini (area PRC) a favore del Sì e di un coinvolgimento diretto della Cgil nella campagna dei promotori del referendum.
Alla fine tutti gli ordini del giorno sono stati ritirati prima delle votazioni, così come aveva chiesto Epifani nella sua replica, e i cofferatiani al momento del voto sono usciti dall'aula non volendo consumare una rottura ancora più ampia votando contro la relazione del segretario.
Come annunciato, dopo la decisione del Direttivo Cgil, Sergio Cofferati ha reso noto tramite un'intervista a "l'Unità" la sua posizione. Egli ha infatti confermato ufficialmente e definitivamente che si asterrà al referendum sull'art. 18 consumando così un clamoroso tradimento delle aspirazioni di quei milioni di lavoratori che nell'ultimo anno e mezzo hanno dato vita a una grande mobilitazione di massa, che ha avuto il suo apice nella grandiosa e storica manifestazione del 23 marzo 2002, e che hanno creduto nella sua sincerità e lealtà. è la conferma di quanto abbiamo denunciato per tempo, ossia che non c'era da fidarsi del "radicalismo" del trasformista Cofferati; che egli era un riformista di destra doc; che comunque non poteva essere il punto di riferimento della sinistra politica e sociale.
Una posizione, quella di Cofferati, in linea con la maggioranza DS - non a caso salutata da Fassino come segno della ritrovata armonia con l'ex segretario Cgil - ma che sembra rispondere soprattutto alle sue ambizioni di leadership dell'Ulivo. Qualcuno dice anche che avrebbe concordato la sua posizione referendaria con lo stesso Prodi col quale si appresterebbe a condividere la corsa per Palazzo Chigi ritagliandosi il ruolo di cerniera tra movimenti, Cgil, base di Rifondazione, astensionisti di sinistra, da una parte, e "centro-sinistra", dall'altra.
Per il momento si tratta di un bel favore di Cofferati al governo del neoduce Berlusconi e alla Confindustria che sperano proprio nel fallimento del referendum, attraverso il mancato raggiungimento del quorum (50% più uno di votanti), per poter proseguire speditamente per via legislativa alla modifica fino alla cancellazione dell'articolo 18 attraverso la legge delega 848 bis già in parlamento.