Per le accuse di "collusione e ambiguità'' della Cgil col terrorismo da parte di esponenti governativi
IL SINDACATO UNITO RIFIUTA L'INCONTRO CON IL GOVERNO
LA CGIL QUERELA I TRE GOVERNANTI PROVOCATORI

Cgil, Cisl e Uil rifiutano l'incontro con il governo e fanno saltare l'appuntamento proposto da Berlusconi alle parti sociali dopo le accuse di esponenti governativi di "collusione e ambiguità'' col terrorismo lanciate contro la Cgil dopo la manifestazione del 23 marzo.
Dopo l'assassinio di Biagi il governo Berlusconi aveva convocato le parti sociali per il 26 marzo per avviare il confronto sui temi della lotta al terrorismo e gli argomenti del "Libro bianco'' di Maroni. Era evidente lo scopo del governo di sfruttare l'assassinio terrorista per far partire un confronto che finora non era nemmeno iniziato per l'opposizione della Cgil a sedersi al tavolo senza lo stralcio della delega sull'art. 18. Come dichiarata era l'intenzione del governo di andare avanti sulla sua strada indipendentemente dai risultati del confronto.
La marea rossa che ha sommerso Roma il 23 marzo contro il terrorismo e la politica economica e sociale del governo ha scatenato un travaso di bile antisindacale in Martino, Bossi e Sacconi che in tre diverse interviste o articoli provocatori sui giornali del 25 marzo hanno lanciato pesanti attacchi alla Cgil.
Il ministro della Difesa Antonio Martino aveva attaccato la manifestazione di Roma definita "un pericolo enorme per la democrazia'' e sostenuto che "la vera anomalia italiana consiste nell'avere consentito la creazione di un potere `sindacale' smisurato che si pone come dichiarato obiettivo quello di impedire al Parlamento di fare leggi. Bisognerà ripristinare la legalità''. Il sottosegretario al Lavoro Maurizio Sacconi affermava che "la Cgil deve chiarire da che parte sta. (...) L'omicidio di Marco Biagi nasce nel mondo del lavoro, non è un universo così vasto quello dove bisogna cercare e i sindacati conoscono le nicchie anomale di questo sistema. (...) Vogliamo denunce, delazioni. Ci sono situazioni di confine che hanno nomi e cognomi, che tutti conoscono''. Infine il ministro delle Riforme istituzionali Umberto Bossi, riferito a Cofferati, sosteneva che "le sue bugie sono state l'alibi per il ritorno del terrorismo''.
La Cgil rispondeva la mattina del 25 marzo, dopo una riunione della segreteria, con l'annuncio di una querela contro i tre esponenti governativi e con una lettera inviata da Cofferati a Berlusconi nella quale si denunciava "l'inaccettabile attacco al Sindacato, e in particolare alla mia Organizzazione. Infatti viene affermata una gravissima equazione tra il ruolo e l'azione della Cgil e il terrorismo, parlando addirittura di contiguità e collusione e sostenendo il venir meno di legalità costituzionale in conseguenza della stessa nostra azione''. La lettera chiedeva a Berlusconi una "formale smentita'' in mancanza della quale l'organizzazione sindacale non si sarebbe presentata all'incontro del 26 marzo.
Da Campobasso, dove era in visita, Ciampi non diceva una parola sulle accuse al sindacato e si preoccupava soprattutto di invitare le parti al dialogo e alla concertazione come se nulla fosse avvenuto; il governo rispondeva, a metà pomeriggio, con una nota che si limitava a definire la precedente convocazione dell'incontro a tutte le parti una dimostrazione della convinzione del governo "che non esistano collusioni, ambiguità o contiguità del sindacato nei confronti del terrorismo''. Il neoduce Berlusconi tentava di svicolare, non prendeva posizione sulle dichiarazioni dei suoi ministri e sottosegretari come richiesto dalla Cgil. D'altra parte era stato fra i primi nei giorni precedenti a legare l'omicidio di Biagi alla protesta sindacale contro la modifica dell'art. 18, in piena sintonia con quanto dichiarato da Martino, Bossi e Sacconi.
Martino e Sacconi abbozzavano il consueto ritornello delle smentite, concluso però con la riconferma delle accuse. E Sacconi chiedeva anche alla Cgil di "alzare un muro robusto'' contro le "aree dell'ambiguità, radicali e estreme, che sembrano non stare né con lo Stato né con le BR''. Si riferisce forse al PMLI e alla sua posizione contro il terrorismo e contro il governo del neoduce Berlusconi?. Bossi non si preoccupava nemmeno di false smentite e rincarava le accuse: "i terroristi sono figli di una esasperata protesta sindacale''.
La risposta del governo era giustamente ritenuta del tutto insufficiente dalla Cgil. Stesso giudizio dalla Uil, che aveva già annunciato di non volere andare all'incontro del 26, e dalla Cisl. La raggiunta unità sindacale costringeva Palazzo Chigi a prendere atto che "al momento non sembrano mature le condizioni per la ripresa del dialogo'', o meglio dell'arrogante monologo del governo, e a rimandare l'incontro.
I sindacati confederali decidevano di proclamare lo sciopero generale di 8 ore di tutte le categorie per martedì 16 aprile.

27 marzo 2002