A completamento del Piano sanitario regionale 2002-2004
Il Consiglio regionale toscano vara le "Società della salute"
Il modello di sanità di Martini e Rossi è improntato al risparmio, alla sussidiarietà, allo sfruttamento del "no profit" e alla privatizzazione
Dura contestazione della Cgil

Con una modifica inserita all'ultimo minuto, peggiorativa rispetto a quanto approvato dalla commissione consiliare sanità, il Consiglio regionale della Toscana, a maggioranza di "centro-sinistra", ha varato il 24 settembre scorso le tanto annunciate, ma ancora fantomatiche, "Società della Salute" (SdS). Hanno votato a favore DS, Verdi, SDI e Margherita. Contrari il PRC e il PdCI ma solo a causa della suddetta modifica che affida alle "Società della Salute" il potere non solo di programmare e governare il servizio di assistenza extraospedaliera ma anche la sua gestione diretta. Contrari i partiti della Casa del fascio che perseguono un modello sanitario ultraliberista, fondato sul "mercato" e sul profitto e sulla differenziazione dei trattamenti, oltre gli striminziti "Livelli essenziali di assistenza" (Lea), posti a pagamento.
Un'opposizione dura è venuta dalla Funzione pubblica regionale della Cgil la quale, dopo ben 8 mesi di negoziato ha rotto e denunciato: "Le SdS - si legge nel documento sindacale - sono un ritorno al passato, un salto nel buio (...) Queste società sono vere e proprie Aziende di gestione. La rottura dell'unità tra territorio e ospedale rischia di ridurre le già scarse risorse della sanità riducendo l'ospedale a puro erogatore di prestazioni". Ciò tradisce, secondo la Cgil, lo spirito della legge 833/78 che introdusse il Servizio sanitario nazionale.
Questo provvedimento è stato voluto fortemente dal presidente della Regione, Claudio Martini, e dall'assessore alla sanità, Enrico Rossi, ambedue diessini, che lo hanno definito il "fiore all'occhiello", l'innovazione più importante del Piano sanitario regionale (Psr) 2002-2004 approvato il 9 aprile dell'anno scorso anche dal PdCI e alla cui definizione contribuì fattivamente lo stesso partito di Bertinotti. Un piano che, al di là di dichiarazioni ingannevoli sulla difesa del principio della universalità del servizio e dei diritti alla salute della popolazione, ha al suo centro il risparmio, il pareggio del bilancio, la seconda fase dell'aziendalizzazione, l'introduzione sistematica della sussidiarietà e quindi dell'utilizzo del "no-profit" e delle cooperative sociali che operano nel settore socio-sanitario, una progressiva privatizzazione del sistema mascherata da queste "Società della Salute". Ciò a fronte di un budget complessivo di finanziamenti sempre più ridotto e insufficiente.

Il bilancio invece della salute
Quello del pareggio di bilancio (tra entrate ed uscite) e della conseguente "razionalizzazione" dei servizi e della spesa sanitaria ha sempre rappresentato un impegno prioritario e un vanto dei governi toscani di "centro-sinistra" a guida DS. In questo quadro rientra la riduzione dei distretti da 56 a 34, fondendo in essi le zone-distretto e la suddivisione del territorio regionale in sole tre vaste aree interprovinciali attorno a Firenze, Pisa e Siena. è scritto nell'opuscolo illustrativo del Psr che la spesa per la salute in Toscana nel 1990 era il 6,7% di quella nazionale; nel 1994 il 6,5% e nel 1998 il 6,2%. Mantenendo gli stessi livelli e la stessa qualità del servizio? Preservando la natura pubblica del sistema sanitario regionale? No di certo. Lo stesso Martini sostiene che questo Psr è figlio dei piani sanitari della precedente giunta di "centro-sinistra" Chiti in cui, guarda caso, egli era l'assessore alla sanità. In particolare di quelli del '95-'98 e '98-2001 attraverso i quali fu messa in atto una drastica riorganizzazione di stampo liberista e privatistico: il taglio di 3 mila posti letto; la chiusura di 42 ospedali con meno di 120 posti letto; la riduzione delle Usl (Unità sanitarie locali) da 40 a 12; la deospedalizzazione sistematica; una maggiore partecipazione alle spese a carico dei pazienti; il mancato adeguamento del personale; l'ampliamento dell'intervento della sanità privata.

Cosa sono le Sds
Le "Società della salute", si apprende dal progetto, hanno forma giuridica di società miste. Ad esse partecipano i diversi attori del sistema territoriale, in primo luogo Comune e Aziende Usl, i medici di medicina generale, i pediatri di libera scelta e gli specialisti ambulatoriali; quindi in forma particolare il "terzo settore" e le Ipab. I produttori privati collaborano attraverso rapporti convenzionali. Le SdS svolgono il ruolo di gestore e erogatore, oltreché di programmatore, delle cure primarie, delle attività socio-sanitarie e di quelle specialistiche di base, che sono prodotte direttamente o acquistate da produttori privati esterni. Le SdS sono finanziate dalle Aziende sanitarie con la parte della quota capitaria assegnata, e dai Comuni con i fondi corrispondenti ai servizi sociali che erogano. Vi partecipano inoltre il volontariato, con l'apporto delle attività ed eventuali sponsor privati. Sono tenute a garantire l'equilibrio economico tra costi e ricavi; nel caso di eventuali squilibri è previsto lo scioglimento.
L'introduzione delle SdS, che svolgono le funzioni della zona-distretto, operano in modo indipendente dalle Aziende ospedaliere e gestiscono una rilevante percentuale della spesa sanitaria, sarà graduale. è prevista una sperimentazione per almeno 15 delle nuove 34 zone-distretto nell'arco del triennio a partire da gennaio prossimo. Ma l'obiettivo è di farle diventare, come emerge nelle premesse e nelle linee programmatiche del Piano sanitario regionale, il modello attraverso il quale saranno gestiti nel prossimo futuro in Toscana i servizi socio-sanitari extraospedalieri.
Particolarmente attiva, in questo senso, la giunta comunale di "centro-sinistra" di Firenze, tramite l'assessore per le politiche sociali, Graziano Cioni (DS), che smania per essere tra i primi a istituire le SdS e gestire i quattrini ad esse assegnati; non senza suscitare sospetti e critiche da parte del rappresentante regionale della Margherita, Alberto Monaci, pur essendo tra i sostenitori del Psr di Martini e Rossi nel suo complesso. Anche dei comuni della provincia fiorentina, Bagno a Ripoli e Barberino del Mugello, si sono attivati per sperimentare le SdS.

I comuni nelle Sds
"Accattivante" appare la propaganda a sostegno delle SdS dell'assessore Rossi, vista come continuazione e sviluppo dell'aziendalizzazione dei servizi sanitari. "Noi riteniamo - afferma - che dopo la fase dell'aziendalizzazione della sanità, che non rinnego, dopo aver concentrato un potere anche forte nelle mani del direttore generale della Asl ci sia bisogno di un ruolo più forte dei Comuni, in primo luogo dei sindaci, nel governo di una cosa così importante per la vita dei cittadini che è la sanità". Ma la presenza degli enti locali in cogestione con le Asl (gli altri soggetti hanno prevalentemente un ruolo consultivo e/o operativo) non attenua, anzi peggiora gli aspetti negativi insiti nelle SdS.
I comuni sono individuati nel Psr come controllori, oltreché gestori, della spesa sanitaria sul territorio, i quali dovranno garantire il pareggio di bilancio pena lo scioglimento della SdS di cui fanno parte. Dato per scontato che i finanziamenti a loro disposizione sono insufficienti a coprire i bisogni effettivi, saranno costretti ad attivarsi per contenere la spesa per i servizi sociosanitari. Altro che la salute al centro dell'attenzione, come vanno affermando i governanti regionali! Invece di denunciare gli effetti perversi di una politica sanitaria sempre più liberista e privatistica sulla comunità che "rappresentano" i comuni diventeranno, in questa logica, complici e strumento del processo di aziendalizzazione e di distruzione della sanità come servizio sociale pubblico.

O più tasse o meno servizi o più privato
L'equilibrio del bilancio della spesa sociosanitaria, aspetto prioritario per gli amministratori di "centro-sinistra", porta inevitabilmente a diminuire i servizi prestati o ad aumentare il carico fiscale, o a fare ambedue le cose. Finora la giunta Martini ha evitato di reintrodurre gli odiosi ticket sanitari; ma non ha escluso che possa farlo in seguito. Un'altra conseguenza di questa impostazione, insita nelle SdS, è l'ampliarsi della sussidiarietà e della presenza dei soggetti privati nell'erogazione dei servizi socio sanitari.
In pratica, quello che il pubblico non potrà più dare dovrà essere soddisfatto dalle istituzioni locali, ma soprattutto dai soggetti privati di varia natura (associativi, volontariato, impresa sociale, mutualità integrativa) che saranno chiamati a coprire quegli spazi, sempre più ampi, del fabbisogno sociosanitario non più garantito dal sistema pubblico, magari con l'etichetta "no profit", pagati, di fatto, dalle famiglie, attraverso forme di compartecipazione economica e di mutualità integrativa.
A proposito di piani integrati sul territorio, specie per l'assistenza agli anziani e ai malati cronici è bene chiarire che dietro termini apparentemente nuovi quali welfare-mix e welfare comunity si nascondono vecchie politiche familistiche, con il passaggio di compiti del welfare alle donne costrette in casa a curare i familiari in difficoltà, in cambio di una misera ricompensa in detrazioni fiscali o assegni di cura o buoni servizio. Un ritorno al passato, sia pure a colpi di incentivi, dove il ruolo della donna è praticamente quello di "angelo del focolare".
Allo stesso modo, dietro termini come privato sociale, impresa sociale, "terzo settore" si nascondono forme di supersfruttamento e limitazioni di garanzie e tutele sindacali e contrattuali, nonché previdenziali per i lavoratori in essi impiegati.
Martini e Rossi propagandano il sistema di sanità applicato in Toscana come diverso e alternativo a quello di Berlusconi e Sirchia attuato a livello nazionale e a quello di Formigoni in Lombardia; e lo indicano come modello da seguire nelle regioni a guida di "centro-sinistra". Non è così. A noi pare una variante di uno stesso modello liberista e privatistico, non più universale, non più pubblico e gratuito, penalizzante per le masse popolari. La differenza tra i due modelli non è di sostanza ma di quantità: un po' meno liberista e più concertativo quello toscano, rispetto al modello da capitalismo selvaggio di Berlusconi e Formigoni, ma comunque subordinato alle compatibilità economiche, di bilancio statale, di concorrenza internazionale del capitalismo italiano.
Non ci si deve accontentare del "meno peggio"! La lotta deve continuare per una sanità pubblica, universale, gratuita, gestita con la partecipazione diretta dei lavoratori e delle masse popolari, che disponga di strutture capillari di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione su tutto il territorio nazionale e sia finanziata tramite la fiscalità generale.