Come fecero Mussolini e Gentile sotto la dittatura fascista
VARATA LA SCUOLA DEL REGIME NEOFASCISTA
Separati i percorsi dei figli dei lavoratori e dei poveri da quelli dei borghesi. Nessuna differenza fra scuola pubblica e privata. Scomparso l'obbligo scolastico. Al lavoro a 13-14 anni. La formazione professionale in mano alle regioni, alla Confindustria e alla Chiesa cattolica. Scolarizzazione precoce a 5 anni e mezzo. Torna il voto di condotta. Tagli al personale e carrierismo per i professori
L'ISTRUZIONE ADEGUATA ALLE NUOVE ESIGENZE ECONOMICHE, PRODUTTIVE E COMPETITIVE EUROPEE DEI CAPITALISTI ITALIANI
All'indomani del clamoroso fallimento degli Stati generali della scuola, spazzati via dalla grande mobilitazione studentesca a suon di occupazioni e manifestazioni, il neoduce Berlusconi e la Thatcher di viale Trastevere Letizia Moratti avevano promesso "una riforma scolastica condivisa, non calata dall'alto''.
Invece il presidente del Consiglio e la sua ministra dell'Istruzione si sono comportati esattamente come i loro emuli Mussolini e Gentile e il 1° febbraio hanno ottenuto il via libera dal Consiglio dei ministri alla legge delega per imporre al Paese la controriforma scolastica neofascista, classista, meritocratica, aziendalista e federalista.
La legge delega nei sei articoli di cui è composta disegna il quadro generale intorno a cui ruoterà la controriforma scolastica. Su questo "impianto'' il governo chiede al Parlamento una "delega'', cioè un'autorizzazione a emanare norme (detti appunto "decreti delegati'') che specificheranno i dettagli e le modalità applicative.
Dunque sarà il governo e non il parlamento, esautorato da ogni sua prerogativa, a dettare tutto il progetto di riforma attraverso una raffica di decreti applicativi.
Data la larga maggioranza di cui dispone il governo in parlamento è quasi certo che il ddl Morattti sarà approvato dalle Camere a scatola chiusa.
Dal giorno in cui la legge sarà approvata in maniera definitiva il governo ha 90 giorni per definire nei dettagli i costi di tutti i provvedimenti e 24 mesi per emanare tutti i decreti attuativi, quelli cioè che stabiliscono - nel dettaglio - l'orario delle lezioni, quali lingue si potranno studiare, come saranno distribuite le materie nazionali e quelle locali, le norme transitorie per chi già è nella scuola e così via.
Un primo assaggio del piglio autoritario con cui il governo intende realizzare la scuola della seconda repubblica neofascista si coglie già dalle modifiche apportate al testo di riforma precedente che non tengono minimamente conto delle sacrosante rivendicazioni espresse dagli studenti durante le manifestazioni di piazza. Esse vengono incontro alle pretese avanzate dal caporione secessionista Bossi che punta al completo smantellamento della scuola pubblica consegnando l'istruzione nelle mani dei privati, della Confindustria e della Chiesa e introducono, attraverso la regionalizzazione dell'istruzione professionale, il federalismo scolastico.
L'obbligo scolastico viene di fatto abrogato ed è sostituito da un più generico "diritto all'istruzione e alla formazione per almeno 12 anni''. Dunque scompare la scuola pubblica intesa come istituzione e che come tale "obbliga'' gli studenti ad andare a scuola fino ad una certa età. E al suo posto viene introdotto una sorta di istruzione a richiesta individuale che fornirà solo un "nucleo fondamentale'' di insegnamenti minimi standardizzati e codificati per 25 ore alla settimana a livello nazionale e che, ma solo per chi se lo può permettere, può essere integrato e arricchito con lo studio di altre materie e apprendimenti a pagamento.
Viene così a cadere ogni residuo e labile confine tra scuola pubblica e scuola privata. A emergere saranno solo i figli dei ceti più ricchi che potranno pagarsi lo studio delle discipline extracurricolari e a cui sarà garantito il raggiungimento dei gradi più alti dell'istruzione, mentre alla stragrande maggioranza degli studenti provenienti da estrazioni sociali più modeste sarà preclusa ogni possibilità di successo scolastico.
Ma vediamo nel dettaglio gli aspetti più significativi della controriforma.

PRIMO CICLO
La durata del corso degli studi rimane praticamente uguale all'attuale ed è articolata in tre anni di scuola dell'infanzia (ex scuola materna), 5 anni di scuola primaria (ex elementari) e tre di scuola secondaria di primo grado (medie).
L'inizio del percorso scolastico è fissato al compimento del terzo anno di età per la materna e a 6 anni per le elementari. Ma viene introdotta la scolarizzazione precoce dei bambini che possono essere iscritti alla scuola dell'infanzia e alla scuola primaria rispettivamente a 2 anni e mezzo e 5 anni e mezzo già a partire dall'anno scolastico 2002/2003.
"Dall'anno scolastico 2002/2003 - si legge nel ddl Moratti - possono iscriversi al primo anno della scuola dell'infanzia i bambini che compiono i 3 anni di età entro il 28 febbraio 2003. Analogamente possono iscriversi al primo anno della scuola primaria i bambini e le bambine che compiono i sei anni di età entro il 28 febbraio 2003. Le ulteriori anticipazioni, fino alla data del 30 aprile di cui all'articolo 2, comma 1, lettere e) ed f), sono previste dai decreti legislativi di cui all'articolo 1, sulla base delle risultanze emerse dall'applicazione della presente legge''. Le elementari avranno un ciclo didattico suddiviso in un primo anno introduttivo e in due bienni, la verifica sarà fatta al 1°, 3° e 5° anno. Scompare l'esame di 5¨ elementare e gli alunni saranno valutati annualmente ma non è prevista la bocciatura.
In questo modo si codifica e si accentua la selezione meritocratica e di classe degli alunni col chiaro obiettivo di separare i più "bravi e meritevoli'', che avranno accesso al liceo, dai meno bravi e i "somari'' che invece saranno incanalati e confinati nella formazione professionale.
La valutazione comprende anche il voto di condotta che torna così ad incidere sul profitto degli studenti fin dall'inizio della carriera scolastica e penderà come una spada di Damocle sulla testa degli studenti "indisciplinati'' per tutta la durata degli studi.
Scompare il ciclo unico di 4 bienni fra elementari e medie, avanzato nella precedente proposta, e viene confermato lo studio di una lingua straniera comunitaria a partire dalla prima elementare.
I tre anni di scuola media saranno articolati in un primo biennio più il terzo anno conclusivo. In prima media sarà introdotto lo studio di una seconda lingua straniera. Alla fine del terzo anno lo studente dovrà sostenere un esame di Stato che marchierà gli studenti, avrà valore orientativo per il percorso scolastico successivo il cui esito condizionerà pesantemente l'iscrizione dei più "bravi'' al liceo e confinerà i "somari'' nella palude dell'istruzione professionale.

SECONDO CICLO
Oltre alla netta separazione fra istruzione secondaria di II grado (licei) riservati ai figli della borghesia e istruzione professionale in cui saranno confinati gli studenti dei ceti meno abbienti e i figli dei lavoratori, anche questa già avanzata nella precedente bozza di riforma, il ddl Berlusconi-Moratti accoglie in toto le richieste del caporione neofascista, razzista e separatista Bossi e della Confindustria sull'introduzione del federalismo scolastico attribuendo alle Regioni non solo la gestione degli istituti professionali e probabilmente anche di una parte dei tecnici, ma anche una quota dei programmi scolastici (si parla di un 10% della quota nazionale).
Reintroduce il famigerato avviamento professionale attraverso l'apprendistato e l'alternanza scuola-lavoro.
Restituisce il quinto anno ai licei abolito con la precedente proposta ma riduce di un anno la durata degli studi agli istituti professionali e obbliga i ragazzi a scegliere a soli 13 anni l'indirizzo di studi da seguire.
Nell'articolo 2 del ddl si fa espresso riferimento, nel secondo ciclo di studi ivi compresi i licei, a "esercitazioni pratiche, esperienze formative e stage realizzati in Italia o all'estero anche con periodi di inserimento nelle realtà culturali, sociali, produttive, professionali e dei servizi, sono riconosciuti con specifiche certificazioni di competenza, rilasciate dalle istituzioni scolastiche e formative''.
Insomma lo stage presso le aziende diventa di fatto curricolare ed è valutato allo stesso modo di tutte le altre discipline. Non a caso Guido Maria Barilla, delegato del presidente di Confindustria al settore Education, ha esultato: "l'alternanza scuola-lavoro è l'elemento portante di interi sistemi educativi, è un nuovo modo di concepire la cultura, è il ruolo formativo dell'impresa''.
In realtà la regionalizzazione dell'istruzione professionale è un doppio obbrobrio: in primo luogo perché discrimina gli studenti dei professionali considerati di serie "B'' da quelli dei licei considerati di seria "A''; in secondo luogo perché penalizza ulteriormente gli studenti delle Regioni più povere e in particolare del Mezzogiorno rispetto al Centro Nord che non avendo né i mezzi né i soldi per organizzare adeguatamente i corsi finiranno per lasciare ancora di più mano libera ai privati.
Dopo il diploma di scuola media si può scegliere o il liceo o l'istruzione professionale che comprendono l'apprendistato e l'alternanza scuola-lavoro.
Il liceo avrà gli assi culturali tradizionali: classico, scientifico e artistico a cui saranno affiancati le novità del liceo economico, tecnologico, musicale, linguistico e delle scienze umane.
La durata è fissata in 5 anni divisi in due bienni e un ultimo anno di raccordo con l'università o la formazione tecnica superiore.
La valutazione sarà fatta annualmente. Ma le verifiche saranno biennali, al 2° e 4° anno, e solo alla fine di ogni biennio gli insegnanti decidono se uno studente deve ripetere l'anno o no. Chi viene giudicato inidoneo a proseguire gli studi deve ripetere solo l'ultimo anno e non il biennio.
Il conseguimento del diploma dopo l'esame di Stato dà libero accesso all'istruzione e formazione superiore.
L'istruzione professionale consterà invece di tre anni (al termine dei quali si riceverà una qualifica professionale) più un quarto di specializzazione che, in teoria, consentirà di accedere all'università. Infatti chi vorrà proseguire gli studi universitari dopo la qualifica, dovrà frequentare un ulteriore quinto anno, definito d'accordo con gli atenei, nel corso del quale verranno sanate eventuali lacune formative pregresse. E poi sostenere l'esame di Stato. Si tratta in sostanza di una muraglia che separerà nettamente la formazione secondaria professionale dall'accesso all'università.
Nella scuola media superiore si potrà passare dai licei alla formazione professionale o viceversa, attraverso dei moduli di raccordo che la commissione Bertagna chiamò "Larsa'', ossia Laboratori di recupero e di sviluppo degli apprendimenti altrimenti dette "passerelle''. In pratica però ciò non succederà quasi mai perché un allievo che ha già accumulato nel corso della sua carriera scolastica diverse lacune ed è stato "ghettizzato'' nei corsi di formazione difficilmente riuscirà a superare i "Larsa'' e passare al liceo. Mentre può succedere più facilmente il contrario ossia il passaggio di un liceale "svogliato'' verso l'istruzione professionale.
Dopo la qualifica e la frequenza del 4° anno di specializzazione si può accedere alla formazione tecnica superiore, previa la frequenza di un 5
° anno integrativo.
Il ddl Berlusconi-Moratti prevede anche la possibilità di svolgere dei periodi di formazione presso aziende, attività sociali o professionali, a patto che questo percorso sia inserito in un piano di studi e sia quindi seguito dalla scuola. Analogo discorso vale per stage, corsi, esperienze in Italia o all'estero, che possono essere valutate "con specifiche certificazioni di competenza''. Il che tradotto in soldoni vuol dire un serbatoio di mano d'opera giovane e gratuita per i capitalisti da sfruttare e plasmare secondo le nuove esigenze economiche, produttive e competitive europee.
Ciò vuol dire che già a 15 anni un ragazzo si ritroverà a lavorare in fabbrica come apprendista, senza contratto e senza salario.

Carriera dei professori
Il ddl Berlusconi-Moratti infine introduce anche il carrierismo per il corpo docente interferendo pesantemente su quelle parti del lavoro docente che è specifica materia contrattuale. Tutti i professori, infatti, indipendentemente dal tipo di scuola, dovranno avere una laurea triennale, più una specialistica più un tirocinio alle spalle. Inoltre si prevede una formazione continua dei professori facendoli tornare periodicamente all'università: in questo modo i docenti otterranno dei "crediti'' che saranno valutati ai fini dalla carriera.
In questo contesto il già previsto taglio di circa 36 mila cattedre nel triennio 2002-2005 dalla Finanziaria è solo un anticipo degli ulteriori pesanti tagli che si prospettano con tale decreto specie a danno dei precari.
Con la forte riduzione delle ore di lezione si calcola che salteranno almeno altre decine di migliaia di cattedre.
Questa controriforma farà fare un salto indietro di mezzo secolo alla scuola peggiorando perfino la situazione antecedente alla Grande Rivolta del Sessantotto e addirittura quella precedente al 1962, anno in cui venne istituita la scuola media unica.
Torna in auge la scuola di classe, selettiva e meritocratica come era ai tempi del fascismo e fino a tutti gli anni '50.
Gli istituti saranno trasformati in scuole-azienda e le aule in reparti produttivi dove gli studenti figli dei lavoratori e delle famiglie più povere saranno fortemente penalizzati e saranno addestrati a diventare un esercito di soldatini docili e obbedienti pronti a garantire lauti profitti ai capitalisti e addestrati a svolgere al meglio le proprie mansioni. Mentre ai rampolli della borghesia sarà concesso il privilegio di raggiungere i gradi più alti dell'istruzione, formare i futuri quadri e politicanti della classe dominante per perpetuare il dominio della borghesia.
Non che finora la scuola borghese aiutasse i figli del popolo e fosse un modello positivo per le masse giovanili, non che finora il padronato e la chiesa non la influenzassero pesantemente. Solo che si tratta di un'influenza indiretta, realizzata attraverso l'ideologia dominante che permea i programmi, le strutture e il personale docente.
Ora invece il padronato, il clero e le borghesie locali, attraverso la regionalizzazione, avranno mano libera e il controllo pieno e diretto sull'istruzione e l'Italia imperialista disporrà delle migliori condizioni per lanciarsi nella "competizione globale dei mercati''.

13 febbraio 2002