In via Caetani, dove fu lasciato il cadavere di Moro, c'era una base del Sisde
Già si sapeva che nello stesso palazzo di via Gradoli a Roma in cui le "BR'' avevano una base operativa c'erano numerosi appartenenti al servizio segreto civile
A 23 anni dall'assassinio di Aldo Moro ad opera delle sedicenti "Brigate Rosse'' continuano a emergere elementi e circostanze che gettano pesanti ombre e suscitano nuovi interrogativi sulla ricostruzione ufficiale dei fatti. Tra questi la notizia che in via Caetani, in un palazzo a pochi passi dal luogo dove fu fatta ritrovare dalle "BR'' la Renault rossa con il corpo di Moro, c'era una base segreta del Sisde, il servizio segreto del ministero degli Interni. Un'altra circostanza sospetta tra le ormai innumerevoli strane "coincidenze'' che costellano la vicenda del rapimento e dell'assassinio del presidente della DC.
La notizia è contenuta in un esposto inviato alla Procura di Roma dal parlamentare diessino Walter Bielli, membro della commissione Stragi, il quale ha, diciamo, "scoperto'' che in via Caetani il Sisde ha avuto una sede coperta per dieci anni, dal 1983 al 1993, all'ultimo piano del palazzo Antici-Mattei. Ma c'è il sospetto che anche gli inquilini precedenti fossero legati ai servizi segreti, tanto che "si può affermare - dice il rapporto di Bielli agli inquirenti - che durante il sequestro Moro i servizi civili disponevano di una sede più o meno coperta in via Caetani''.
Il palazzo in questione, all'angolo tra via Caetani e via dei Funari, è di proprietà del demanio. Al piano terra ospita la Discoteca di Stato. Al primo, l'istituto di studi americani. Al secondo, la Biblioteca di storia moderna e contemporanea. Al quarto - rivela Bielli - c'è un lussuoso appartamento che nel gennaio 1978 fu concesso in affitto a un misterioso personaggio, tale architetto Enrico Cassia. Di lui si sa poco, tranne che era assistente presso la Soprintendenza archeologica di Roma, che era stato arrestato nel '77 dai carabinieri per una vicenda di speculazione edilizia, e che ha aperto e chiuso diverse società immobiliari. Nel 1983 l'appartamento viene ufficialmente assegnato al Sisde, ma Cassia se ne va solo nel '92, dopo un lungo braccio di ferro per opporsi allo sfratto. Nel '93, dopo lo scandalo dei fondi neri del Sisde, l'appartamento ritorna al Demanio, che lo dà in uso alla biblioteca.
"Chi è veramente Enrico Cassia?'', si chiede Bielli. "è incredibile che qualcuno mantenga la propria residenza nell'appartamento in cui sono stabiliti gli uffici del Sisde a meno che non si tratti di un appartenente al servizio medesimo. Se fosse provata questa circostanza - è il suo suggerimento ai giudici - ci troveremmo di fronte a locali ininterrottamente gestiti dal servizio segreto fin da prima del rapimento di Aldo Moro''.
La scoperta, fra l'altro, getta una nuova luce su un altro strano episodio, accaduto nell'estate del '78 al giudice Priore (il titolare dell'inchiesta su Ustica) proprio in via Caetani, mentre assieme al suo collega Imposimato stava indagando su un presunto covo delle "BR'' nella zona del ghetto. Il brigatista Elfino Mortati gli aveva infatti raccontato di essere stato ospitato in una "casa sicura'' di quel quartiere. In quei giorni Priore ricevette una foto, presa palesemente dall'alto, in cui si vedevano i due inquirenti mentre facevano un sopralluogo all'angolo tra via Caetani e via dei Funari: allora si pensò ad un campanile nei dintorni, e invece la foto fu presa con ogni probabilità dal palazzo Antici-Mattei. Si trattò di un avvertimento del Sisde che i due erano sorvegliati dai servizi segreti?
Sugli appartamenti dei servizi segreti collegati con la vicenda Moro-"BR'' ce n'è di che riempire interi volumi. A cominciare dal famigerato covo brigatista di via Gradoli, dove viveva in incognito il capo "BR'' Mario Moretti, vicino al quale, nella stessa strada, si è scoperto che c'era anche un appartamento segreto del Sisde. Anzi, ce ne dovevano essere più d'uno, praticamente l'intero isolato era di proprietà dei servizi segreti, se è vera la ricostruzione fatta dal senatore Flamigni in un suo libro, e se è vero come è vero che nell'86 il capo della polizia Parisi comprò due appartamenti per le figlie proprio nel palazzo dell'ex covo brigatista. Per non parlare poi dell'altrettanto famigerato covo di via Monte Nevoso a Milano, dove fu fatto ritrovare "per caso'' da qualche "manina'' o "manona'' (definizioni allusive che all'epoca si rinfacciarono l'un l'altro Andreotti e Craxi) un memoriale di Moro a distanza di dieci anni.
Insomma, la scoperta di corpose tracce della presenza dei servizi segreti in un altro luogo cruciale della vicenda Moro smentisce ancora una volta la versione ufficiale che essa fu gestita esclusivamente dalle "BR'' mentre polizia, carabinieri e servizi segreti brancolavano nel buio, e che non vi sarebbero stati contatti né tantomeno infiltrazioni dei servizi segreti nei gruppi brigatisti che organizzarono l'operazione. Invece più passa il tempo e più emergono conferme di questi significativi intrecci, che da parte nostra abbiamo subito intuito e denunciato alle masse fin dalle prime ore successive al rapimento di Moro.

9 gennaio 2002