XIV Congresso nazionale della Cgil
VOTARE CONTRO IL DOCUMENTO COFFERATI
Per dare una radicale svolta a sinistra alla strategia e alla linea rivendicativa della Cgil
Sono in pieno svolgimento i congressi di base di luogo di lavoro, nell'ambito del XIV Congresso nazionale della Cgil, cui seguiranno i congressi territoriali di categoria e intercategoriali fino all'assise generale nazionale prevista per i primi del febbraio prossimo. è risaputo che il dibattito congressuale si svolge sulla base di due documenti congressuali: il primo porta il titolo "Diritti e lavoro in Italia e in Europa'' e la firma dell'attuale segretario generale, Sergio Cofferati (DS); il secondo (che coagula la cosiddetta "sinistra sindacale'') porta il titolo "Lavoro Società-Cambiare rotta'', primi firmatari Gianpaolo Patta (area PdCI), Ferruccio Danini e Giorgio Cremaschi (ambedue del PRC). Di quest'ultimo documento ci siamo già occupati con due articoli pubblicati su Il Bolscevico n.12 e n.13/2001. Nella circostanza vogliamo perciò dire la nostra sul documento che per comodità chiameremo Cofferati.
Prima ancora di andare nel dettaglio, con tutta franchezza e senza mezze parole affermiamo che di questo documento congressuale, espressione dell'area sindacale diessina e Ulivo, non condividiamo praticamente nulla: né l'analisi della situazione internazionale e nazionale, né la strategia politica e sindacale di fondo proposta, né la piattaforma rivendicativa, né la strada da percorrere per realizzarla. Su tutte le grandi questioni trattate nei 14 capitoli che compongono il documento marchiamo un dissenso sostanziale.

RIPROPOSTA LA LINEA LIBERALE, FILOGOVERNATIVA E FILOPADRONALE
Pur essendo, nella sua stesura integrale, ampio e dettagliato nel documento non c'è un serio e puntuale bilancio critico e autocritico sulla linea sindacale attuata in questi anni e sui "risultati'' ottenuti, meglio sarebbe dire sugli errori commessi, e sulle correzioni di linea e di strategia necessarie. Anzi, tra le righe, senza alcuna argomentazione valida e fondata e spesso contro ogni evidenza, si esprime un giudizio positivo sull'operato e sugli atti messi in essere dal vertice nazionale della Confederazione guidata da Cofferati. E quindi si riconferma per intero la strategia sindacale portata avanti sin qui, da sindacato liberale, filogovernativo, filopadronale, come ebbe a denunciare nel suo Rapporto al IV Congresso nazionale del PMLI il compagno Giovanni Scuderi, fondata su "relazioni sindacali'' e un sistema contrattuale in senso cogestionario e neocorporativo, subordinata alle esigenze di competitività economica e commerciale internazionale del capitalismo italiano.
è vero, questo documento è stato scritto prima dei miopi e folli attacchi terroristici a New York e a Washington, azioni mostruose che nulla hanno a che fare con la lotta dei popoli contro l'imperialismo; prima della guerra imperialista scatenata da Usa, Nato, Ue, Russia e persino Onu contro l'Afghanistan. Ma il problema non è di aggiornamento, sia pure necessario, specie per il significato politico che un avvenimento di questo genere contiene; ma di analisi, di linea, di strategia, se si assumono il punto di vista e gli interessi della borghesia (che è quello assunto da Cofferati e dagli altri sottoscrittori del documento in questione) o il punto di vista e gli interessi della classe operaia e delle larghe masse popolari. Non è un caso che la maggioranza del direttivo nazionale della Cgil, in modo contorto e con inutili e opportunistici distinguo, abbia dato il suo assenso ai micidiali e mostruosi bombardamenti di Bush e di Blair sulle città afghane. Per l'aggressione Usa e Nato alla Serbia, sostenendo l'ipocrita "ingerenza umanitaria'', aveva assunto una posizione analoga.
A riprova di quanto detto è utile ricordare che detto documento è stato redatto e approvato dopo l'insediamento del governo del neoduce Berlusconi e sapendo benissimo quale sarebbe stato il suo programma per il completamento della seconda repubblica con forti caratteri capitalisti, neofascisti, presidenzialisti e federalisti, e dopo che la Confindustria nel suo convegno di Parma aveva esplicitato con un'arroganza inusitata il suo progetto iperliberista e antioperaio di stampo reaganiano e thatcheriano. Non ci sembra proprio che nel documento queste due grosse "novità'' in campo politico, economico e sindacale siano state valutate adeguatamente e correttamente e soprattutto siano state tratte le dovute conseguenze circa le relazioni sindacali e la politica rivendicativa. Il che appare in modo macroscopico considerando le leggi e i decreti legge varati o fatti varare in parlamento dal governo in questi primi mesi di vita a favore dei capitalisti, della borghesia, dei ricchi, dei corruttori e per limitare i poteri della magistratura. Si pensi ai provvedimenti per abolire il falso in bilancio, azzerare l'imposta di successione sui patrimoni, ostacolare l'utilizzo delle rogatorie internazionali, permettere il rientro dei capitali esportati e riciclati illegalmente all'estero. Si pensi alla presentazione della legge finanziaria con annesse tre pericolosissime leggi delega e del "Libro bianco'' di Maroni sui temi del lavoro, delle pensioni e delle relazioni sindacali.

GLI ERRORI PIU' GROSSI DEL DOCUMENTO DI COFFERATI
Non è necessario scendere troppo nello specifico. Basterà criticare sinteticamente gli aspetti essenziali della linea congressuale della destra cofferatiana.
Non condividiamo l'analisi sulla cosiddetta "globalizzazione'' intanto perché manca la denuncia, essenziale, della sua natura imperialista, che in questi giorni di guer-ra emerge con ancora maggior chiarezza; e perché giudichiamo errata e falsa la teoria delle due facce, del suo carattere in sé am-bivalente dal quale potrebbero de-rivare, adirittura, "nuove occasioni di riscatto sociale, di miglioramento economico per milioni di persone'' attraverso la "riforma'' delle istituzioni sovranazionali, Onu, Wto, ecc. Noi invece pensiamo che essa porta ad un'accentuazione di sfruttamento e di oppressione economica e militare dei paesi imperialisti, Usa e Ue in testa, specie verso i paesi del Terzo mondo, contro cui i popoli si devono ribellare.
In questo contesto non condividiamo l'appoggio acritico e pedissequo all'Unione europea imperialista, le sollecitazioni perché porti a compimento il suo processo di unificazione a tutti i livelli, politico e militare, oltreché economico, e affinché, da superpotenza, possa fronteggiare e competere con l'altra superpotenza, quella Usa ancora dominante a livello planetario. Né condividiamo la copertura che la Ces dovrebbe offrire alla Ue ottenendo determinate garanzie formali contenute nella "Carta dei diritti'' approvata nel vertice di Nizza.
Non ci piace per nulla la teorizzazione sulla collocazione del sindacato nell'"Italia bipolare'' venutasi a determinare col sistema elettorale maggioritario e uninominale, sostanzialmente presidenzialistico un po' a tutti i livelli. Il documento parla di "rideclinare il tema dell'autonomia'' in quanto che "il sindacato confederale non può che riconoscersi nel campo di chi considera il mondo del lavoro come il proprio fondamentale insediamento sociale''. In altri termini, la Cgil e le altre confederazioni, compattate in "un sindacato unitario'' dovrebbero operare a lato (leggi in modo subordinato) di un governo di "centro-sinistra''; come d'altronde è successo in una certa misura con gli esecutivi di Prodi, D'Alema e Amato.
Contestiamo risolutamente la posizione a favore del federalismo nella forma varata dal "centro-sinistra'', pur essendo già evidente dei danni enormi che esso sta portando e porterà al nostro Paese, spezzettato, diviso, differenziato tra regioni ricche e regioni povere, anche per quanto riguarda le tutele sindacali, contrattuali, sociali, assistenziali e quant'altro. La parola d'ordine: per un "federalismo equo e solidale'' è ingannatoria e irrealizzabile. Non è forse sufficiente osservare cosa sta succedendo in Lombardia con la gestione Formigoni?
Alla questione meridionale, a nostro avviso, non viene data l'importanza che merita come prima emergenza nazionale e poi non sono ripudiate le politiche proposte in questi anni relative ai "contratti d'area'', ai "patti territoriali'', ai "lavori socialmente utili'', ecc., che non hanno smosso di un centimetro i gravi problemi della disoccupazione e dello sviluppo del Mezzogiorno.
Un dissenso che diventa ancora più forte e ampio sui temi del salario e della "politica dei redditi'', il "mercato del lavoro'' e lo "Stato sociale''. Come è possibile riproporre la linea concertativa dell'accordo del 23 luglio '93, ossia la subordinazione dei salari ai tetti d'inflazione programmata e agli utili aziendali? Quando questa, dati alla mano, ha fatto fallimento totale, nel senso che non solo non ha permesso la difesa del potere d'acquisto dei salari ma ha portato a un loro taglio di diversi punti, e favorito sfacciatamente i profitti padronali! Come è possibile continuare su questa strada nel momento stesso in cui il governo programma nella Finanziaria ulteriori tagli alle retribuzioni dei lavoratori in genere e ai dipendenti pubblici in particolare e il reintregro delle odiose "gabbie salariali''?
Inoltre, non ci sembra serio e coerente da un lato segnalare un esteso processo di precarizzazione del "mercato del lavoro'' senza ammenda e senza dire che esso è stato determinato proprio grazie agli accordi sindacali firmati anche dalla Cgil: ricordiamo il "pacchetto Treu'' e il "patto per il lavoro'' del 1998 tramite i quali sono state introdotte le più svariate forme di contratti flessibili e a termine, compreso il lavoro interinale e il lavoro atipico. Nel documento non troviamo, perché non c'è, nessuna inversione di tendenza. Ad esempio non è detto a chiare lettere che l'art.18 dello "Statuto dei lavoratori'', che vieta ai padroni i licenziamenti senza "giusta causa'', non si tocca.
In relazione allo "Stato sociale'' e quindi alla sanità, alla previdenza e all'assistenza, francamente fanno ridere le precisazioni fissate nel documento come paletti per contenere ulteriori sviluppi sulla via liberista della privatizzazione di questi settori. Giacché il vertice cofferatiano della Cgil è stato complice con i governi di "centro-sinistra'' su una serie di controriforme (Dini sulla previdenza, Bindi sulla sanità, Berlinguer sulla scuola, ecc.) che hanno spalancato la porta all'aziendalizzazione, alla privatizzazione e alla regionalizzazione dell'assistenza sanitaria e previdenziale. E che ora Berlusconi vuole ulteriormente liberalizzare per sviluppare le mutue e i fondi pensione privati.
Per la piena occupazione, per il soddisfacimento dei diritti essenziali delle masse popolari da parte dello Stato con regole universalistiche, per servizi sociali, sanitari e assistenziali pubblici e gratuiti: una volta erano parole d'ordine che la Cgil sosteneva e che ha poi messo nel cassetto appena compiuta la sua trasformazione liberale e borghese.
Si impone, dunque, un radicale cambiamento a sinistra della linea e della strategia della Cgil votando contro il documento Cofferati e a favore di quello di "Lavoro Società - cambiare rotta''. Anche se quest'ultimo non ci rappresenta al 100 per cento poiché il nostro obiettivo strategico è la costruzione dal basso di un grande sindacato delle lavoratrici e dei lavoratori fondato sulla democrazia diretta e sul potere sindacale e contrattuale delle Assemblee generali dei lavoratori.

31 ottobre 2001