La proposta dei fascisti del voto agli immigrati è limitata e discriminatoria
Inammissibile legare il diritto di voto al censo
Occorre dare ai migranti anche il voto politico

Il 16 ottobre il coordinatore di AN La Russa, attorniato dai capigruppo di Camera e Senato, Anedda e Nania e da altri parlamentari fascisti, ha presentato alla stampa il progetto di legge costituzionale per la concessione del diritto di voto amministrativo agli immigrati. Il progetto formalizza una proposta del caporione fascista e vicepresidente del Consiglio, Gianfranco Fini, che aveva suscitato aspre polemiche nella maggioranza e il plauso da parte dell'"opposizione". Entrambe le cose niente affatto meritate, e vedremo poi perché.
A tuonare contro la proposta di Fini era stata soprattutto la Lega, che era arrivata a minacciare la crisi di governo sostenendo che una simile iniziativa non faceva parte del programma della maggioranza. Si è riproposta di nuovo la contrapposizione tra AN e UDC, da una parte, e Forza Italia e Lega dall'altra, con il neoduce a cercare di sopire le contraddizioni e ricucire l'alleanza, mentre la "sinistra" borghese, da Bertinotti a Boselli, plaudiva entusiasta all'iniziativa di Fini e annunciava il suo voto favorevole se fosse stata presentata come legge in parlamento.
In realtà con questa proposta il leader fascista si prefiggeva degli obiettivi politici tutt'altro che "altruistici" e "progressivi", come i leader rimbambiti della "sinistra" borghese finiscono per accreditare. Obiettivi che sono sostanzialmente due: primo, dimostrare di essersi liberato dai retaggi fascisti e razzisti e di avere ormai la statura morale e politica per poter legittimamente aspirare a guidare il "centro-destra" dopo l'eventuale caduta di Berlusconi. Secondo, fare una legge che fingendo di estendere i diritti civili ai migranti in realtà consolidi anche sul piano dei diritti politici la legge razzista e schiavista Bossi-Fini, che sottomette le vite e i destini dei migranti all'assoluto arbitrio dello Stato poliziesco.
Che cosa prevede, infatti, la proposta di legge di AN voluta da Fini? Si tratta di un unico articolo da aggiungere come 48 bis all'articolo 48 della Carta costituzionale, che riconosce il diritto di voto a tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore età. Tale diritto è esteso di norma anche agli extracomunitari che abbiano ottenuto la cittadinanza italiana, vale a dire che risiedano e lavorino da almeno dieci anni nel nostro Paese. La proposta Fini anticipa di solo quattro anni tale diritto, e per di più lo fa in maniera molto limitata: bisogna infatti che il richiedente, che deve tra l'altro impegnarsi formalmente a rispettare i principi costituzionali, non solo risieda stabilmente sul suolo italiano da almeno sei anni, ma abbia anche un permesso di soggiorno rinnovabile indefinitamente. C'è subito cioè una prima selezione, che esclude non solo chi non ha il permesso di soggiorno, i cosiddetti "clandestini", ma anche tutti i migranti che magari risiedono da anni in Italia, ma non hanno un lavoro stabile e devono tutte le volte ottenere il rinnovo del permesso.
Inoltre bisogna dimostrare di avere un reddito "sufficiente" per sé e i propri familiari, il che rappresenta un'intollerabile discriminazione economica. Si tornerebbe al diritto di voto per censo, che è tra l'altro in palese contrasto proprio con quella Carta costituzionale che il migrante è chiamato a rispettare. E ancora: non bisogna essere rinviati a giudizio per reati che prevedano l'arresto, obbligatorio o facoltativo. Tra questi c'è anche la semplice "resistenza" a pubblico ufficiale. Un'altra discriminazione clamorosa, questa, tra i cittadini italiani di serie A, per i quali vale la presunzione di innocenza e godono del diritto di voto fino a condanna passata in giudicato (vedi ad esempio Previti e Andreotti, che non solo votano ma siedono in parlamento), e cittadini di serie B o C, esclusi da questo diritto in base alla sola presunzione di aver commesso reato.
Infine, anche se si è in possesso di tutti questi requisiti che, è stato calcolato, limiterebbero l'accesso al voto a meno del 5% dei migranti oggi presenti in Italia, il voto stesso, attivo e passivo, è limitato alle elezioni amministrative (comunali e provinciali), essendo escluse le assemblee elettive che hanno potestà legislativa, cioè Regioni e Parlamento. In ogni caso è esclusa la possibilità di candidarsi alla carica di sindaco o vicesindaco.
Risulta evidente, perciò, che la proposta di legge Fini non è altro che la classica carota destinata ad accompagnare il bastone della legge fascista e razzista Bossi-Fini, creando un'ulteriore selezione tra i migranti attraverso la formazione di un'élite di immigrati stabili, relativamente benestanti, disposti ad integrarsi accettando un ruolo di cittadini "italiani" di serie B, con diritti politici limitatissimi, per fare da copertura al paternalismo razzista della società capitalista ospitante. A fronte, peraltro, di una grande massa di migranti tenuta in condizioni di semi-schiavitù, senza alcun diritto e sempre in pericolo di essere respinti al paese d'origine.
E' incredibile che una simile proposta, strumentale, discriminatoria e truffaldina, abbia ricevuto un consenso tanto pronto quanto acritico da parte della "sinistra" parlamentare, che si è praticamente dichiarata disposta a votarla a scatola chiusa. Così si è espresso il rinnegato D'Alema: "in materie come queste che attengono i diritti fondamentali delle persone non valgono motivi di disciplina di maggioranza, né di disciplina di opposizione. Sono i classici temi in cui in parlamento può e deve manifestarsi liberamente l'opinione non solo dei gruppi, ma perfino dei singoli parlamentari".
Un chiaro segnale a Fini che può contare sui voti deläl'"opposizione" qualora la Lega e altri pezzi della maggioranza dovessero votare contro la sua legge. Non solo, ma il capofila dei rinnegati si è spinto perfino a non escludere la possibilità di arrivare a un "testo unico Turco-Fini", ipotizzando una fusione tra la proposta fascista e quella presentata dai DS nell'agosto 2001, molto simile a quella di Fini, che prevede il diritto di voto amministrativo per gli immigrati residenti da almeno 5 anni in Italia.
Noi invece chiediamo il diritto di voto anche politico per tutti i migranti, senza limitazioni di tempo di residenza, di censo, di situazione lavorativa o di qualsiasi altro genere, esattamente come per tutti i cittadini di questo Paese.