Al XIV congresso nazionale
COFFERATI RICONFERMA IL RIFORMISMO, LA "POLITICA DEI REDDITI'' E LA CONCERTAZIONE DELLA CGIL
Lo sciopero generale è in programma ma non è stato proclamato. "Lavoro Società'' non cambia rotta e converge sulla destra della Cgil
Il XIV congresso nazionale della Cgil svoltosi a Rimini, dal 6 al 9 febbraio, davanti a 1.232 tra delegate e delegati e altre migliaia di persone tra invitati e giornalisti, in estrema sintesi, ha avuto le seguenti e per certi versi inaspettate conclusioni: la relazione, ma soprattutto le conclusioni del segretario generale uscente, Sergio Cofferati (DS), sono state accolte con ovazioni da tutte le componenti congressuali; la sinistra sindacale dei vari Gianpaolo Patta (area PdCI), Giorgio Cremaschi, Ferruccio Danini (ambedue del PRC) raggruppata attorno a "Lavoro Società'', ha rinunciato a metter in votazione il proprio documento "alternativo'' ed ha votato un "documento unitario'' con la destra cofferatiana, salvo 2 voti contrari e 4 astenuti; il nuovo direttivo nazionale ha riconfermato, con 128 voti a favore, 1 contrario e 1 astenuto, Cofferati segretario generale della Cgil, ciò fino a giugno, ossia fino ai limiti di tempo massimo stabiliti dallo Statuto. Al congresso non era presente alcun delegato marxista-leninista.
Il destro riformista Cofferati può perciò, a ragione, cantare vittoria per essere riuscito ad ottenere quasi l'unanimità sulle sue posizioni e sulla sua leadership; erano 16 anni che non succedeva. Infatti, gli ultimi tre congressi si erano sempre conclusi con due documenti congressuali, uno di maggioranza e l'altro di minoranza. Eppure, nel corso dello svolgimento dei congressi di base, oltre il 18 per cento e forse più dei 5.400.000 iscritti della Cgil avevano dissentito dalla proposta congressuale cofferatiana e avevano votato quella della sinistra sindacale che chiedeva di "Cambiare rotta''.
Come è stato possibile questo epilogo, dato le premesse sopracitate? Essenzialmente per tre fattori: la situazione politica in cui si è tenuto il congresso; l'abilità tattica di Cofferati il quale, senza fare concessioni sul piano strategico, si è proposto come punto di riferimento dell'"opposizione'' al governo e alla Confindustria e ha zittito il dissenso di sinistra, e ha coagulato tutto il consenso su di sé; la codardia e l'opportunismo dei capi di "Lavoro Società'' che non hanno avuto il coraggio di portare fino in fondo la battaglia e si sono accontentati della spartizione dei posti nelle segreterie e nei direttivi.
Non va dimenticato che il XIV congresso della Cgil non si è tenuto alla sua naturale scadenza, ma in successione dopo le elezioni politiche vinte dal polo di "centro-destra'' e perse dal "centro-sinistra'', in primis dai DS, e dopo la salita al potere del governo neofascista e iperliberista Berlusconi il quale, assieme alla Confindustria, ha lanciato un attacco selvaggio alle condizioni di vita e di lavoro dei lavoratori e alle stesse libertà democratiche; senza trovare alcuna opposizione da parte dell'Ulivo e neppure di Rifondazione. Va ricordato inoltre che il congresso della Cgil si è tenuto all'indomani di grandi manifestazioni sindacali tenutesi in tutte le regioni del Paese contro il governo Berlusconi e dopo che, in molti congressi regionali confederali e anche nazionali di categoria della Cgil, quello dei metalmeccanici e quello della Funzione Pubblica per citarne due significativi, era emersa la richiesta dello sciopero generale di tutte le categorie, possibilmente unitario, oppure della sola Cgil in caso di mancata adesione di Cisl e Uil.
In questo contesto, per il mestierante Cofferati è stato facile tirare un po' a "sinistra'' il suo discorso congressuale, alzare un po' la voce contro la politica economica e sociale del governo sui temi del lavoro, dell'art. 18 dello "Statuto dei lavoratori'', del fisco, della previdenza, della scuola, correggere un po' a "sinistra'' l'analisi sulla situazione internazionale in riferimento alla globalizzazione, alla guerra in Afghanistan e in Palestina, dare un po' più di considerazione al movimento no global e persino confermare, nelle ipotesi possibili e logiche della mobilitazione contro le leggi deleghe del governo, lo sciopero generale nazionale. Un'operazione che Cofferati ha realizzato soprattutto nelle conclusioni congressuali, cioè dopo essersi accordato con i metalmeccanici di Sabattini ed essersi assicurato l'appoggio di "Lavoro e Società'' su un documento unico e su una lista unica per l'elezione del nuovo direttivo. Senza però profferire una parola di condanna dell'imperialismo e del sionismo, senza chiedere il ritiro immediato del contingente militare italiano da Kabul, senza condannare l'infame repressione fascista messa in atto dalla polizia di Berlusconi al G8 di Genova.
Si perché, per la verità, la relazione introduttiva non era uscita indenne da critiche, in particolare per quello che aveva detto sulla vertenza contrattuale dei metalmeccanici e per avere esposto una denuncia e una proposta di lotta non adeguati al livello dello scontro in atto col governo e il padronato (vedi per questo, anche la protesta espressa dai segretari generali dei metalmeccanici, dei tessili, edili e chimici di Brescia). Così, il marpione Cofferati ha sanato lo sgarbo fatto alla Fiom, ha rafforzato i toni di denuncia, specie sulla difesa dell'art.18 e sulla richiesta dello sciopero generale, sapendo di incontrare la dissociazione della Cisl e di Pezzotta e della Uil di Angeletti, arrivando ad affermare, per la prima volta, la possibilità di indirlo come sola Cgil. Tanto è bastato per far scattare dalle seggiole e applaudire, non solo i sindacalisti della sua corrente ma anche i capi opportunisti di "Lavoro Società'' i quali, compreso Cremaschi, alla fine di un percorso che è durato complessivamente quasi tre anni di iniziative, incontri, convegni e roboanti discorsi sindacali, invece di cambiare rotta hanno fatto convergenza con la destra Cgil (sic!).
Il paradosso, per questi opportunisti e falsi dissidenti, l'inganno per gli iscritti e i delegati Cgil in buona fede, è che Cofferati non ha cambiato linea, rispetto a quella proposta nel passato, non ha cambiato strategia sindacale, non ha modificato sostanzialmente la piattaforma rivendicativa; ha riproposto in realtà, con gli accorgimenti tattici di cui abbiamo già detto, la stessa politica riformista neoliberale che, per citare due capisaldi, si fonda sulla "politica dei redditi'' e sulla concertazione che, non per caso, sono alla base del recente accordo per il pubblico impiego tra governo e sindacati. è un elemento fondamentale dell'analisi questo, che emerge da ciò che Cofferati ha detto sui governi di "centro-sinistra'', sui giudizi lusinghieri che ne ha dato, e sui comportamenti della Cgil subordinati a essi, al di là di fumosi e non veritieri proclami di "autonomia'' sindacale.
Dal XIV congresso esce dunque una Cgil più unita. Ma non è detto che ciò sia un bene, se questa unità è realizzata sulle posizioni della destra cofferatiana e del suo delfino Epifani. Vedremo se sarà coerente e proclamerà lo sciopero generale, come ha promesso e se terrà le posizioni ferme contro le leggi delega di Berlusconi. In ogni caso, nonostante queste conclusioni congressuali, riteniano più che valida e necessaria la lotta per realizzare un cambiamento radicale della situazione sindacale, ciò sulla base di un grande sindacato delle lavoratrici e dei lavoratori fondato sulla democrazia diretta e il potere sindacale e contrattuale alle assemblee generali dei lavoratori.

20 gennaio 2002