Cantouver


di Alfredo del Curatolo


Provate ad immaginare cosa possano avere in comune Vancouver e Fecchio. La prima è una grande città cosmopolita canadese, dove si respira l'America "buona", quella del rock, dei cult movies, dell'impegno sociale ma anche dell'orgoglio contadino e della sacra voglia di divertirsi senza dover per forza rapire una scolaresca in gita o spargere sangue dappertutto. La seconda è un agglomerato di case alla periferia di Cantù. Agglomerato di Novecento, con le corti rurali poco distanti dai condomini di recente costruzione. Prati verdi a rischio siringhe e circoli da briscola, tranquillità e noia fuse assieme in una porzione di Brianza che non sempre ha voglia di gridare la propria appartenenza. Geograficamente si potrebbe tirare in ballo la vicinanza dei due luoghi al mare chiuso. I grandi laghi americani contro il Lario. Le cascate del Niagara e il Ponte del diavolo di Lezzeno, Point Roberts e Carate Urio. Politicamente si potrebbe parlare della vicinanza di Cantù alla Svizzera, che sta all'Italia come il Canada agli Usa. Ma più semplicemente Fecchio e Vancouver hanno in comune i sogni. Ed è stata la musa della fantasia, dell'avventura, prima ancora di quella delle note, a mettere in contatto Bocephus King e Andrea Parodi. Il primo è Jamie Perry, un ragazzone canadese che si è scelto un nome altisonante e un cognome blues per ovviare a un'adolescenza fatta di troppi miti adorati ma mai adulati e di un carattere fin troppo estroso per il Paese degli orsi e dei rangers, il secondo è un giovane cantautore che avrebbe scommesso indifferentemente con Gesù Cristo, Celentano, John Lennon o Mogol che oggigiorno in Italia si può fare musica senza compromessi e senza essere costretti a trasferirsi a Milano, Roma o New York. Un Townes Van Zandt senza alcool, un Francesco De Gregori senza snobismi che avrebbe forse fatto la mezzala di punta in una squadra di calcio professionistica, se non avesse deciso di confinare gran parte della sua fantasia nelle grate di un pentagramma e la sua voglia di avventura nell'inchiostro di una penna. Jamie ascoltava i suoi coetanei lodare gli Ac/Dc ed emozionarsi agli inni country, scriveva ballate rock sognando di comporre musica come Morricone, Andrea perdeva scommesse e cercava la sua America negli sguardi e nelle parole dei folk-singer che venivano a suonare in zona, ma non si vergognava ad imparare a memoria "Non all'amore né al denaro né al cielo" di De Andrè. E' stato l'amore del Destino per gli intrugli a sorpresa e le intese a prima vista che ha fatto incontrare i due musicisti. E' successo quando uno dei due, King, ha iniziato ad ottenere un gratificante successo anche fuori dai confini nazionali e l'altro iniziava a fare ascoltare i propri brani in piazza anche a qualcuno che non avesse l'auto targata Como. Così è nata una collaborazione solida, una brothership musical-culturale che ha dato eguale peso al rock, al country e ai nostri cantautori storici, che ha portato un menestrello brianzolo un po' intimista a consumare sushi a mezzanotte nelle mille luci dell'America del nord e un eclettico vagabondo a trovare sé stesso in un cascinale di Orsenigo. Così è nato "Le piscine di Fecchio", l'album prodotto da King che ha il pregio di essere allo stesso tempo datato e futurista e proprio per questo si potrà ascoltare sempre con la stessa predisposizione, e così nascerà probabilmente "All the children believe in Heaven", il prossimo lavoro discografico che Bocephus King vorrebbe registrare in Italia. Conoscere questi due musicisti, ascoltarli con la chitarra a tracolla è già come partire dalla periferia di Cantù alla volta del Canada, via Alabama. Se poi vogliamo proprio capire, facciamo un esperimento: ascoltiamo prima l'album di Parodi e poi "The blue sickness" di King. Chiudiamo gli occhi, colonna sonora "Nowhere at all" in italiano, o "Precious thing", non fa differenza. Ecco, là in fondo: luci multicrome, un pub con birra scura e frittelle allo sciroppo di mele, sushi-bar e grosse jeep su strade più larghe che lunghe. Alla radio un brano di Lucinda Williams viene accolto con enfasi dal dee-jay. Ma certo, siamo a Fecchio! Invece guarda qua: un aiuola usata come campetto di calcio, il giornale stropicciato sul tavolo in fòrmica del bar tabacchi, una coppia di anziani che esce dalla parrocchia, rumori di motorini truccati e donne curve sulle buste della spesa, un capellone che intona "Calabrisella mia". Non c'è dubbio, eccoci di nuovo a Vancouver. In concerto Andrea interpreta "Il killer dei Tennessee" come fosse stato lui, da bambino, a ruzzolare nei campi di grano del south-east. Provate a chiudere gli occhi, mentre canta. E pensate a dove siete. E' un luogo magico, dove non esistono distanze e luoghi comuni, soltanto emozioni, amicizia e una strana, onirica e allo stesso tempo così realista (quasi neo-realista) concezione della vita. Questo luogo si chiama "Cantouver" e mi dicono che esiste davvero.

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