.......i lavori.......

 

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Ho sempre letto moltissimo, ma ho anche fatto però tanti lavori. Per esempio ho fatto il bookmaker a San Siro, ho fatto il rappresentante sia di bigiotteria di lusso, sia di macchine per stirare. Si chiamava “la Vaporetta”, ma io la chiamavo “la Vaporotta” perché si rompeva sempre. 

E lì ho fatto una certa esperienza di gente e poi ho fatto anche altri mestieri. Aiutavo mio zio che aveva un'agenzia di investigazione. Le volte che dovevo seguire una persona, avevo inventato l’inseguimento in coppia. Andavo con una ragazza e ci abbracciavamo, ci baciavamo tutte le volte che l’investigato si voltava, e anche quando non si voltava...

Insomma, tutto quello che si può chiamare “la marea dei bassi lavori mutevoli”, che io sapevo che non sarebbero stati definitivi, tanto più che avevo il servizio militare da fare.

Poi ho fatto alcuni concorsi, uno per diventare direttore del Museo della Scienza e della Tecnica. Ero andato con buoni titoli e nei colloqui ero pari con un altro e poi non sapendo le lingue aveva vinto quell’altro. 

Un altro concorso, però più buffo, era quello per diventare capo dei vigili. Questo ti dà l’idea di come vivevo. Capo dei vigili. E lì ero nettamente il primo. Poi mi hanno chiamato da parte e mi hanno detto: “Ma senta, ma lei che cosa viene a fare qui? Il capo dei vigili? Ma lei lo sa che cosa fa un capo dei vigili?”. Perché era l’unica cosa a cui non avevo pensato. “Sta sempre in divisa. Lei non sa che cosa succede quando c’è la Fiera Campionaria!” Mi hanno atterrito. Poi lì era combinato in modo che il capitano dei carabinieri lasciasse l’arma e diventasse capo dei vigili. Quindi io ero “un elemento disturbatore con un po’ di titoli”.

Erano tutti lavori mutevoli, che cominciavano e poi sparivano... per esempio, quello della bigiotteria di lusso mi era stato molto utile, perché chi mi aveva dato questo lavoro era un mio amico che, essendo ammalato non poteva fare di persona questi giri, mi aveva chiesto di rimpiazzarlo. Io gli ho detto di sì, però in certe città che avevo segnato. Quindi avevo fatto un itinerario d’arte bellissimo (Venezia, Firenze, Siena, ecc.), in cui la mattina vendevo queste bigiotterie di lusso e il pomeriggio andavo nelle gallerie a vedere quadri e sculture. Per cui ero molto attratto da questo modo di vivere, diciamo.

Altri due lavori eccentrici erano stati, uno il giornalista. Avevo fatto il corso di giornalismo, ero arrivato primo ed avevo subito avuto degli incarichi, attraverso le agenzie. Solo che era a giugno, i miei andavano in vacanza. Noi di solito facevano delle vacanze di tre mesi. Sono stato lì a pensarci a lungo e poi ho abbandonato il lavoro di giornalista!

E l’altro è stato quando cominciava, dopo gli anni ’50, il bowling. Chiedevano chi volesse partecipare per diventare allenatore. Ed io mi ricordo di aver partecipato. Perché io ero continuamente in moto, mi piaceva fare queste cose. Pagavano, mi ricordo, un dollaro.

Poi ho fatto altri due lavori: ho dato lezioni di tennis (perché giocavo bene) e...

(come al solito Majorino specifica il numero di cose da dire e alla fine gliene manca sempre una all’appello. Così in questo caso, come in molti altri, gli corre in aiuto Enrica)

... ah sì! La SISAL, che era appena nata. Ho fatto lo scrutatore la sera della domenica. Ed era agli inizi: si faceva tutto avventurosamente in un appartamento. Dopo un po’ sono andato via perché mi stufavo rapidamente. Poi mi hanno spiegato che i primi che avevano fatto quel lavoro lì sono diventati tutti dei dirigenti: naturalmente la cosa non mi ha fatto né caldo né freddo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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"Oltre al tennis, hai praticato anche altri sport?"

Sì, giocavo anche a pallacanestro in una squadretta senza importanza; siccome però un giornalista che conoscevo scriveva di pallacanestro su un periodico sportivo, ero sempre eccitatissimo. Avevo partecipato una volta ad un torneo libero e ci era capitata subito una squadra di professionisti. E ho bene in mente quando uno di quei giganti mi volava sopra la testa. L'unico problema era quello di cercare di scansarli.

Ma ancora più importante era la storia del tennis, tant’è vero che dopo, come ho già detto in precedenza, ho dato lezioni, ma prima è come scattata un’occasione che non ho potuto raccogliere, perché c’era ancora la guerra. Avevano riunito cinque o sei giovani promettenti, per tenerli lì, allenarli e fargli fare carriera. Poi hanno bombardato Milano, siamo stati tutti sfollati e quindi addio prospettive; però ho sempre giocato e gioco volentieri.

In una poesia degli anni '50 che apre la raccolta "Le trascurate", il mio rapporto con il tennis penso sia delineato con giusta pregnanza.

Ho sempre giocato molto volentieri, anche perché giocavo bene. Mi ricordo però che guardavo spesso il cielo. C’erano a volte grandi nubi color salmone, che mi piacevano da matti. E mi domandavo che cosa facevo lì, tutto addobbato di bianco e mi canzonavo chiamandomi “girlo”, un incrocio tra giglio e pirla; mi sembrava di essere lì a perdere tempo ed era troppo poco spremere tutte le energie per battere un altro. Sì, lo sport poteva essere carino, ma in una maniera ridotta. Mi si aprivano grandi sogni di altro. 

Mi ricordo ancora una corsa di 100 metri, in cui arrivai secondo... ma eravamo in due! Oggi che corrono tutti come scemi, quella domanda, “Ma chi me lo fa fare?”, mi sembra corretta.

Durante il servizio militare ho fatto anche un corso di bibliotecario, culminato con un diploma.

 

 

 

 

 

 

 

 

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"Non sembra, a giudicare dal caos di questa stanza, che ti abbia molto giovato..."

 

(ride) Poi ho fatto l’attore in un paio di occasioni. Nella compagnia pazzesca di guitti, che girava la provincia. Recitavamo dei testi per vari ambiti scolastici. Mi ricordo un particolare, un aneddoto. C’era allora uno molto bravo, un attore vero, Passatore, che ancora adesso recita, che mi aveva chiamato. Io e lui facevamo delle battute continue, certe volte mi teneva per la giacca e non riuscivo ad entrare in scena! Ma a parte questo, c’è stata una cosa molto buffa. In una delle pièce teatrali io dovevo iniziare dicendo: “Che freddo in questa stanza” e un altro attore, principiante come me, doveva dire: “Accendo il fuoco”. Io ho detto: “Che caldo in questa stanza” e quello lì ha detto lo stesso: “Accendo il fuoco”! Un inizio fantastico. In scena con questi attori sono andato avanti per diversi mesi. Mi piaceva da matti andare in giro con gli attori, con i costumi, era una roba bellissima. Bellissima. Bellissima.

Nel contempo lo studio, attraverso, come dicevo prima, quelle poche puntate che avevo fatto all’università, mi sembrava penoso. Oltretutto era soverchiato da questo devo, questo dovere. Leggevo molto per conto mio, quindi la zona culturale era salvaguardata. Però morivo dalla voglia di avere grandi esperienze di vita, grandi conoscenze, anche di ambiti diversi dal mio. Infatti io ho conosciuto cose proprio molto diverse. Tra un attore di questi e i personaggi che giravano a San Siro tra i cavalli esistevano sia differenze che somiglianze, e questo mi piaceva molto..

per i lavori successivi vedi: altri lavori

 

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SEZIONE: biografia   STATUS: completo   TEMPI DI LAVORAZIONE: 9/2002 - 1/2003

 

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