Maurizio Cucchi, Caro, violento mondo il mio verso ti ferirà ("La Stampa", 27 novembre 1999)

 

Giancarlo Majorino è un poeta di grande energia e inquietudine, strenuamente legato al corpo molteplice della realtà. E come tutti i poeti che contano non blandisce il lettore, non lo lascia tranquillo, ma lo coinvolge in un intreccio complesso di emozione e pensiero che si muovono dal quotidiano al politico, da una dimensione privata all'intervento civile. Lo vediamo bene nell'Autoantologia dove il poeta milanese sceglie da un ampio lavoro che copre quasi mezzo secolo: dagli anni Cinquanta a oggi.

L'esordio di Majorino avviene nel '59 con un poema o romanzo in versi intitolato La capitale del nord, un testo poco conosciuto e ormai introvabile (e qui proposto per intero) che costituisce con La ragazza Carla di Elio Pagliarani un decisivo esempio di poesia narrativa capace di raccontare la vita cittadina uscendo dagli impacci del neo-realismo. Un punto cruciale nell'opera di Majorino è Lotte secondarie (del '67, qui presente con un'ampia scelta), dove agisce un'idea di poesia insofferente agli schemi tradizionali e non paga delle novità di neoavanguardia, dove con grande rischio e autonomia il poeta pesca nel basso della realtà comune e del linguaggio parlato. Alla violenza del mondo e delle cose, da lui denunciata, corrisponde una violenza inconsueta della parola -ruvida, densa, corposa- prelevata dal dire corrente o gergale, "sporca" e impastata di prosa.

Ma l'alto esempio della poesia di Majorino è nella sua forza morale, nell'amore invincibile per la vita, per "quello che c'è", nella piena consapevolezza del nostro essere precari, provvisori. E Provvisorio è infatti il titolo di un altro suo libro chiave, un libro che si apre in fenditure drammatiche, in movimenti di quasi afasia, in vertigini di commozione di fronte alla morte, come nel bellissimo componimento Denti di latte, dedicato alla madre. Ma l'apertura dello sguardo in Majorino è ampia come in pochissimi. E così, nel movimento delle sue forme, sempre varie e precarie, entrano temi e stati d'animo diversi. Le vicende della contestazione studentesca (in Equilibrio in pezzi), viste con animo partecipe da un professore-poeta che si osserva autoironico ("Ma c'era qualcuno, in quella folla di giovani (...) uniti nel volere e nel recitare la Rivoluzione, c'era/ è triste scriverlo, c'era qualcuno, io/ che sbirciava coscie seni labbra, pare incredibile"); una storia d'amore (Sirena) e una sequenza di Ricerche erotiche in prosa e versi.

E poi il tono assorto e asciutto di un osservatore che guarda il mondo dalla sua scrivania (La solitudine e gli altri, proposta per intero in questa Autoantologia) o, in senso opposto, il dire scheggiato e frenetico dell'uomo che registra l'assurdo violento e a colori del mondo d'oggi (Tetrallegro). In tutte queste cose -molte cose- è Majorino, il quale ha detto spesso, e con ragione, che il poeta deve essere un uomo magnanimo. E lui lo è, lo si capisce benissimo leggendo le sue poesie, dalle prime alle più recenti, nelle quali ci parla di grandi migrazioni di animali.

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SEZIONE: critica   STATUS: completo   TEMPI DI LAVORAZIONE: 11/2002 - 4/2003

 

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