Cinzia Fiori, Poesia del secondo ‘900, il catalogo è qui (“Corriere della Sera”, 26 novembre 2000)

 

Un cono d’ombra sulla poesia del secondo Novecento. Colpevoli i critici che ne hanno dato una lettura falsata, incanalando versi, opere, autori in schemi teorici incapaci di far luce su come negli anni tra il 1945 e il 2000 si sia sviluppato un legame ricco di prospettive tra il fare poetico e la realtà. A dichiararlo è un poeta di “lungo corso”, Giancarlo Majorino che, nato nel 1928, dell’intero periodo è stato non solo protagonista, ma anche testimone. Per lui il testo in poesia è, ovviamente, tutto, ma chiudere gli occhi su come ciò che accade nel mondo esterno condizioni i contenuti e le forme della poesia stessa, significa non comprenderne la bellezza, l’intensità e, soprattutto, il valore. Detto così parrebbe quasi scontato. Eppure, il disagio per lo squilibrio determinato dagli studi privilegianti da sempre gli aspetti formali della poesia lo ha portato a scrivere un libro di quasi 400 pagine. Cinque anni di lavoro per rifare ex novo un testo che porta un titolo, Poesie e realtà, diventato celebre alla fine anni ’70 per le discussioni che scatenò. Passato, come dice, da un’ottica di contrapposizione, a quella dello “spostamento” rispetto alle letture critiche vigenti, Majorino ha scritto un testo d’interpretazione corredato da una vastissima sezione antologica. “La poesia va valutata in sé e come altro da sé, in equilibrio: i vissuti, la quotidianità, i grandi eventi condivisibili, i cambiamenti sociali e culturali sono decisivi fin dall’inizio per il lavoro dei poeti”.

E in maniera evidente lo sono stati, secondo Majorino, a partire dal 1945. “Allora la realtà sembrava a portata di mano. L’entusiasmo del fare spingeva anche i poeti più refrattari, legati alla lirica o all’ermetismo, verso forme di poesia più vicine alla magnanimità del reale. E’ il caso di Ungaretti che, abbandonata la prevalenza formale di Sentimento del tempo, si apre a nuovi modi. Lo stesso vale per le poesie che Luzi e Bigongiari andavano scrivendo. Diverso è il caso di Sereni, il suo Diario d’Algeria nasce da un tragico vissuto: la deportazione. Ma se devo scegliere un poeta che rifletta il cambiamento di quegli anni, opto per Saba. Era già considerato importante, ma non decisivo come gli ermetici. Nel dopoguerra il suo lavoro ha un’accoglienza trionfale: porta in poesia la quotidianità, l’attenzione verso gli altri, la scelta dell’<onestà> per i poeti, che debbono andare oltre le proprie ossessioni personali”.

Naturalmente, quello è anche il periodo del Neorealismo che, in poesia, conviene Majorino, “non dà grandi esiti, ma non è tutto da buttare via. Di Ruscio, per esempio, è un poeta vero che trasforma gli eventi sulla pagina, non si limita a rispecchiarli. Più in generale, il richiamo ai valori, l’attenzione alla comunanza sarà un’eredità che i poeti più preparati, fra i quali Pagliarani, raccoglieranno successivamente”.

Ci si addentra così nel capitolo che va dai “primi anni ’50 ai penultimi anni ‘60”. E’ il periodo che segna la nascita della “poesia critica”, definizione di nuovo conio, vanto dell’antologia di Majorino: “Con due grandi semimondi che si affrontano anche sul terreno dell’ideologia, la stagione della guerra fredda agisce sul piano culturale: in Occidente torna l’ossessione formale, quasi un veto ad andare al di là del sé, in Oriente è tutto un elogio della coralità, come se eteronomia in poesia volesse dire amore per le masse rivoluzionarie. In Italia, il problema era quello di essere lucidi per lottare criticamente contro i due grandi condizionamenti. Un’opposizione su due fronti, che porta a un modo agguerrito di comportarsi e di comporre. Pasolini scrive Le ceneri di Gramsci, i suoi versi hanno un andamento epico-narrativo: in una serata romana entrano persone, succedono fatti, la gente gli gira attorno e lui sta in mezzo, ma non con l’atteggiamento di chi si chiede: “che cosa sto pensando”, piuttosto: “che cosa stiamo pensando”. Pagliarani esce con la poesia sui goliardi serali, scrive La ragazza Carla che fa l’impiegata nella metropoli italiana; poi ci sono Fortini, Roversi, Leonetti”. E, naturalmente, Majorino con la sua Capitale del Nord, la Milano che s’affanna.

Ma quelli, raccolti sotto il titolo Il sogno critico e l’arrivo delle cose, sono anche gli anni del consumismo, dell’arrivo delle cose, appunto: “La Neoavanguardia ne fruisce e, liberatasi da ogni responsabilità etica, si rinchiude nell’elaborazione del linguaggio. Accanto, nei pressi della poesia critica, dispiega le sue grandi qualità un gruppo di poeti che l’antologia di Cucchi e Giovanardi riferisce all’Etica del quotidiano: ci sono il Montale della Bufera, Caproni, Bertolucci, Sereni, arrivano Giudici, Raboni, Zanzotto”. La famosa controlinea prosastica di cui ha scritto Mengaldo? “No, così si ricade nella preponderanza formale: come se ci fosse una linea generale della poesia italiana temporaneamente disturbata dal tentativo sovversivo di quei pestiferi della Neoavanguardia. C’è dell’altro; ma per coglierlo occorre una chiave di lettura non sbilanciata a favore dell’autonomia dell’arte. Ed eccoci all’oggi, all’Epoca del gremito, che dal Sessantotto arriva al Duemila. Fare poesia diventa difficile: “E’ un’epoca di disorientamento, fatti e informazioni si moltiplicano, mentre la lingua, logorata dai media, diventa inutilizzabile in poesia se si vuol essere profondi”. Il rapporto con la realtà persiste? Sì, secondo Majorino, e i versi non possono che risentire della complessità del presente: “Così De Angelis, che fa una poesia molto alta, all’improvviso ci mette “domani mattina a Bari aprono le edicole”. Come se dicesse: anche quello che ho detto prima è vita”. Lo sforzo di uscire dal metro conosciuto, la battaglia per il valore della poesia, di questi tempi si vince con efficaci zampate. Ciò vale anche per la “grandissima Rosselli, che con Zanzotto forma la coppia d’astri di fine secolo”. Molti sono i poeti importanti che nell’ultimo periodo scrivono testi con un referente nella realtà. Sono i capitani di lungo corso già incontrati in precedenza. “Questa non è stagione di giovani geni – conclude Majorino. Per capire l’oggi, occorre avere alle spalle un percorso. Distruggere gli stereotipi richiede esperienza”.

vai alle ALTRE CRITICHE su "Poesie e realtà 1945-2000"

 

(torna alla critica generale)

 

 

SEZIONE: critica   STATUS: completo   TEMPI DI LAVORAZIONE: 11/2002 - 4/2003

 

intervista - biografia - bibliografia - bio-bibliografia - poesie - lettere - cosa dice chi lo conosce  

home page - link - email  

Le poesie, pubblicate all'interno di questo sito hanno l'approvazione dei relativi autori. Le fotografie, il disegno in apertura e i testi  delle interviste sono sotto il ©copyright del sito "paroladipoeta": qualsiasi riproduzione, totale o parziale, è vietata senza autorizzazione. Il sito è disponibile a correggere o eliminare in toto o in parte i testi presenti.