Franco Fortini (“L’ozio”, gennaio/settembre 1988; ora in Trentasei moderni. Breve secondo Novecento, Manni, Lecce, 1996; presente inoltre, insieme ad altri testi critici, nell’Autoantologia di Giancarlo Majorino, Garzanti 1999)

 

Giancarlo Majorino è uno di quegli autori che sono stati mantenuti in ombra perché non ha receduto da certe posizioni politiche e morali. Alle sue origini una sorta di “realismo” che può anche essere detto lombardo; un senso forte delle condizioni che i conflitti sociali fanno all’intellettuale. Di qui, come sua seconda componente, Brecht. E, come terza, l’assunzione delle fratture psichiche proprie della nuova avanguardia ma senza nessuno dei compiacimenti e delle complicità che sono di tanti poeti dello scorso ventennio. Majorino, nel suo ultimo recentissimo libro, che s’intitola Provvisorio, è squassato da un’energia tragica e patetica, come chi si muove in un caos inafferrabile e nel medesimo tempo vuol far sentire che esistono, al di fuori della poesia, armi intellettuali ed etiche che debbono ricostruire e riorganizzare il mondo. Vi senti Zanzotto, ma senza il “sublime” del poeta veneto, sostituito da una mira, una sollecitazione, spazio-temporale.

Le parole si frantumano, limate da aferesi, raddoppiate da effetti d’eco. La poesia si svolge su piani simultanei. Una lirica ha per titolo Attimo nelle mie zone, corso di Porta Vittoria:

tu     senza nome     vieni    tu    ombra    del bianco
tu    l’ombra lascia      che il vuoto bianco calcina

       sotto la propria parvenza    tavolo grato

               di buio    di fresco   e pazienza

 
o casa simbolica ex fascio   ora convegno sapienza
              vasocontrollo astrazione del sindacato
 
      o semiamore sguattero   sudati spogliati nel prato
      o sotto ritmi tenaglia     vitelli d’orario       o                    
          senza fortuna né balzi    né fiato   né passo a lato
folla     tu parla!    delle monete    parlate!     sangue di scambio
 
dài                                                                                           su
parlate                                                                               da sta
                                                                                      voragine
voci                                                                         lo so che qui
                                                                                             siete
                                                                                         a follate
 

La pietà furiosa per le folle straziate della città moderna (vaso-controllo/ semiamore/ sottoritmi/ senza fortuna né balzi); e l’incitamento: “su/ da sta/ voragine” e la definizione storica e classista: “sangue di cambio” e il doppio senso: “lo so che qui siete a follate”. Solo certa musica odiernissima ha una congerie ritmica di tanta forza.

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SEZIONE: critica   STATUS: completo   TEMPI DI LAVORAZIONE: 11/2002 - 4/2003

 

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