Franco Loi, Vi parlo di cangianti ventagli (“Il Sole 24 Ore”, 5 luglio 1992)
Uno dei motivi stilistici della poesia italiana del secondo Novecento è l'abbassamento, il cui significato va cercato nella, a volte sommessa, a volte aperta, reazione al petrarchismo e al dannunzianesimo, e che consiste nella distanza presa dal coinvolgimento retorico e dalla tentazione di quello che nella lirica italiana è stato detto il sublime. Montale è riconosciuto il precursore di questo orientamento, il più conseguente frequentatore del tono "basso" e degli echi prosastici della lirica. Ma conosciamo anche una tradizione, della lombarda, che è sempre stata fedele, sia in dialetto che in italiano, alla presenza primaria delle cose e al tono colloquiale e volutamente non enfatico nella pratica poetica della parola. Vittorio Sereni è stato tra i maggiori tra quanti, come ha scritto Mengaldo, han fatto della <linea d'ombra> e dell'<arte della smorzatura e del levare> una scelta di stile. Sul versante espressionistico, ma tuttavia mosso dalle medesime intenzioni di concretezza e antiretorica, certamente debitore al primo Rebora e a Lucini, opera Giancarlo Majorino, poeta e saggista di qualità.
Anche in questa plaquette, Majorino lascia trasparire, oltre i toni cui abbiamo accennato, un'altra delle "coloriture" della tradizione lombarda, quella morale o civile, che affiora magari in un breve cenno o in una particolare metafora o in un fulmineo commento o nell'aggettivazione azzardata nel fluire di un andamento lirico. "Scendono nell'erba sempre più le case/ notturne che diurne rasano l'erba aggressive/ è il cruento fare e disfare insipido/ delle abbronzate facce da soldi, al buio/ bevitori tremanti", oppure "...vacue strade orlo urbano sotto tangenziali/ in attesa secchi boschi d'incendio/ idem il buio pasto metropolitano..."
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SEZIONE: critica STATUS: completo TEMPI DI LAVORAZIONE: 11/2002 - 4/2003
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