Antonio Prete (“L’immaginazione”, n. 178, giugno 2001)

 

Per un poeta il tempo è sostanza e vita del linguaggio, ed è anche materia delle sue meditazioni, anima delle sue forme. Per un poeta come Majorino il tempo è oltre a tutto questo, rappresentazione necessaria di un cammino che non è consumato nella polvere di quel che è stato, ma pulsa ancora, vivente tra i viventi. Un cammino che è individuale e comune, storico e singolare (tra i due momenti l’intreccio domina sulla separazione, il groviglio sulla semplificazione). I due recenti lavori di Majorino – l’Autoantologia e l’antologia di poeti (dal 1945 al 2000) intitolata Poesie e realtà rispondono a questo sentimento del tempo, il quale scorre lasciando orme, segni leggibili, interrogazioni aperte, ferite, sogni incompiuti. Poesie e realtà non è la riscrittura dell’omonima opera pubblicata nel 1977 da Savelli (Poesie e realtà '45-'75), ma è, su quella traccia, un lavoro di ripensamento e di meditazione, di orientamento e di giudizio, di attraversamento interrogativo e inventivo, esegetico e narrativo, insieme. La sequenza dei poeti accolti nel libro, e ordinati lungo tre campi successivi – “L’evidenza della realtà”, “Il sogno critico e l’arrivo delle cose”, “L’epoca del gremito” – è l’arazzo figurato, la cui tessitura è la riflessione assidua sulla poesia, così come l’autore la dispiega, di stagione in stagione, di esperienza in esperienza. Una riflessione mai disgiunta dal suo respiro, che è appunto il tempo, cioè quell’insieme di eventi e linee di pensiero e tumultuante rincorrersi di speranze e di delusioni che qualche volta chiamiamo storia. E che meglio potremmo chiamare, in accordo con la poetica di Majorino, vivente (“Siamo popolazioni o grovigli di grovigli, di contagi, attriti, imitazioni, assorbimenti, scambi”). In questo animatissimo racconto che precede i poeti nell’<Apertura> e li accompagna lungo la triplice fitta scansione e li segue nella interrogativa e ricchissima <Chiusura>, c’è qualcosa che nessuna antologia della nostra poesia ha mai percepito in maniera così decisa e scoperta e azzardata: si tratta di quella dolente consapevolezza dell’altro che la forma poetica nasconde e vela e che l’esercizio della critica esclude o lascia dietro il fondale del teatro. Questo altro è la vita di tutti i viventi, e soprattutto di quei quattro quinti del mondo consegnati alla miseria, esclusi dal sapere e dallo stesso principio-speranza. Il fatto sorprendente è che questa percezione non si pacifica in una categoria estetica come l’eteronomia né si rassegna alla distinzione tra scrittura e società, tra poesia e mondo, tra verso e storia, tra ritmo e vita, ma cerca di diventare assillo e ombra della stessa lettura dei poeti, orizzonte interiore di ogni discorso sulla forma, sulle forme. E questo, nella sopravvenuta certezza della precarietà e vanità di ogni predefinita ideologia societaria, di ogni politica rassicurazione. Ma è infatti qui il nodo, almeno per la generazione di Majorino e anche per la generazione di chi scrive: come non separare l’indignazione dalla forma, la critica dell’esistente dal ritmo, il dolore di chi è privo anche di speranza dalla musica del verso? E, sul piano dell’esegesi, come leggere dietro la lingua, dietro la sua cercata perfezione, l’assillo del vivente, la sua esclusione dal sogno, la povertà di chi non ha parola? Anche se sembra lontano il tempo di queste interrogazioni, nel respiro di ogni poeta, se davvero è un poeta, c’è questa domanda. Majorino, insistendo sull’idea di singolo come corpo di corpi, e, sull’altro piano, del molteplice come insieme di singolarità viventi e pulsanti, evita sia l’attestarsi sulla frusta nozione di forma come espressione del sé nascosto o diviso sia sulla concezione della poesia come spazio formale e ritmico che accoglie o riflette o ospita l’evento, e la storia come insieme di eventi. La prima posizione ha consegnato il testo a troppo facili e schematiche letture che nel metodo hanno trovato rassicurazione e appoggio, fosse, di stagione in stagione, prevalente il metodo semiotico o stilistico o psicanalitico. La seconda ha spesso dissolto il testo, la sua tessitura formale, in passaggio per la comprensione dell’evento o delle forme sociali. Detto questo, quella voce Realtà campeggiante nel titolo dissipa un poco la sua solida e insieme astratta e onnicomprensiva attitudine a definire il mondo nel suo consistere, nella sua vera apparenza. E si arricchisce di sfumature, di imprevisti riverberi, di giochi di forme.

Tre motivi, tra i tanti che rendono preziosa questa antologia-ricerca. Il primo è l’osservazione, condensata nella prima parte ma strisciante nelle altre due, del formarsi di una Poesia Critica: figura, questa, che permette di cogliere, da Ungaretti a Solmi, da Luzi a Bigongiari, da Caproni a Fortini, da Pasolini a Zanzotto, per dire solo di alcuni, il costituirsi di un modo interrogativo e di una tensione conoscitiva, di un pensiero che si fa forma e di una forma che non si acquieta nel suo rigore e soffre della sua separatezza. Il secondo motivo è il contrappunto che accompagna la raccolta ed esposizione dei testi: una voce, quella dell’antologista poeta, che è insieme narratore e interprete di un’epoca densa di voci e vicende, partecipe di quell’epoca, e, a partire dal 1959, anno de La capitale del nord, attivo soggetto delle ricerche e delle attese e delle costruzioni teoriche o poetiche via via tentate nel tempo. Il terzo motivo è l’attenzione rivolta all’incrocio tra i saperi, al mondo delle riviste, alla scrittura saggistica, insomma a quell’humus teorico e meditativo, polemico ed esegetico nel quale nasce il suono della poesia. La poesia è scrittura tra scritture, vita tra vite, pensiero tra pensieri. In questo dialogo costante tra il verso e il sapere, tra l’intensità della ricerca poetica e la complessità delle posizioni teoriche, sta forse la fisionomia più propria del libro.

A questo punto un buon recensore, come io non sono, riaprirebbe il volume e comincerebbe l’esame dei poeti, da Umberto Saba a Dario Villa, seguendo l’ordine esposto o ricomponendo altri possibili ordini, discutendo i criteri dell’autore, le inclusioni e le esclusioni, i punti di osservazione e tante altre questioni. Mi sottraggo a questo compito, sperando di lasciare al lettore la curiosità e il desiderio di attraversare queste pagine, e di sostare in compagnia delle tante presenze e voci che si affollano e si dispongono nel libro, ciascuna con il suo timbro, con il suo ritmo.

vai alle ALTRE CRITICHE su "Poesie e realtà 1945-2000"

 

(torna alla critica generale)

 

 

SEZIONE: critica   STATUS: completo   TEMPI DI LAVORAZIONE: 11/2002 - 4/2003

 

intervista - biografia - bibliografia - bio-bibliografia - poesie - lettere - cosa dice chi lo conosce  

home page - link - email  

Le poesie, pubblicate all'interno di questo sito hanno l'approvazione dei relativi autori. Le fotografie, il disegno in apertura e i testi  delle interviste sono sotto il ©copyright del sito "paroladipoeta": qualsiasi riproduzione, totale o parziale, è vietata senza autorizzazione. Il sito è disponibile a correggere o eliminare in toto o in parte i testi presenti.