Giovanni Raboni (“Paragone”, ottobre 1967; ora in Poesia degli anni sessanta, Editori Riuniti, Roma, 1976; presente inoltre, insieme ad altri testi critici, nell’Autoantologia di Giancarlo Majorino, Garzanti 1999)

 

Lotte secondarie di Giancarlo Majorino (1967) ci mette davanti a un’esemplificazione estesa e compatta di cui risulta leggibile già a prima vista la validità non soltanto interna. Voglio dire che con questo libro Majorino non si limita a fornirci le prove (inequivocabili) della qualità e dell’importanza del suo lavoro, ma ci raggiunge con una serie quasi altrettanto precisa di suggestioni critiche. In questa prospettiva arrischio volentieri la previsione che Lotte secondarie resterà, alla lunga, uno dei pochi strumenti testuali necessari per ordinare le vicende apparentemente intricate – in realtà non così misteriose – della poesia e delle poetiche in Italia durante il decennio scorso. A questa specifica fruibilità contribuisce, è chiaro, più ancora della maturità dei risultati, la particolare natura poetica di Majorino, una natura in cui l’intelligenza domina l’istinto, il controllo prevale sulla passione e sulla confidenza e anche in sede di definizione linguistica è sempre la seconda istanza, si direbbe, ad averla vinta sulla prima, con esiti dunque di singolare fermezza e tenuta anche dove la quota espressiva si profilerebbe accidentata o avventurosa. La ricapitolazione di ipotesi, di possibilità, di atteggiamenti formali che il libro di Majorino ci offre nel succedersi delle sue parti – dalla fase ancora in parte realistico-vociana (ancora di consolidamento antilirico secondo una fondamentale linea di sviluppo del decennio postbellico) del ‘58-60 alle bellissime figurazioni ritmicoideologiche, epigrammatiche nel senso migliore e meno consueto, del ‘61-62 (anni di massima attività per Majorino, credo, del modello brechtiano) e alle aperture più ampie e vaghe, più intimamente sperimentali, fitte di esplorazioni verso tecniche miste e territori contigui (narrativa, teatro), del ‘63-66 – ci appare, così, già fissata in un suo equilibrio oggettivo, in una sua decantata lucidità, lontana dalla fragilità e dal fervore di una partecipazione di tipo diaristico. E’ come, insomma, se Majorino fosse riuscito, sempre o quasi sempre, a sorvegliarsi dal di fuori, a penetrare attraverso il proprio lavoro giudicandolo nel suo farsi, trattenendolo da imprecisioni e sbavature, rendendolo “esemplare” in una misura singolarmente alta, al di là o in aggiunta del suo specifico tasso di persuasione. Un simile effetto non deriva da freddezza, ma da acume; da intelligenza critica; da fedeltà a un modello profondo; da sensibilità agli scatti “veri” della attualità linguistica e da complementare indifferenza alla escalation delle mode. Succede, cioè, che gli interessi, le attenzioni di Majorino siano sempre in circolo, sempre vivi e capaci di ricambio attraverso i vari tempi della sua evoluzione: che nella fase “realistica” sia già presente, già pienamente attiva, per esempio, quella che Contini ha chiamato “la funzione Gadda” e che, per converso, nei momenti di più violenta accensione sperimentale, di più rischiosa tensione lingua-gergo-dialetto ecc., di decollo astratto-verticale della compagine sintattica, torni a scaricarsi benefica l’urgenza del discorso diretto, di concrete e irrinunciabili formulazioni di contenuto. Si tratta, come ognuno può vedere, di un tipo di coerenza davvero “moderno” (mi si perdoni l’uso, puramente allusivo e metaforico, di un aggettivo così poco stringente), ricco davvero di prospettive e di senso in una situazione come quella che ci compete: una coerenza che non riposa certo su indifferenza ai problemi, alle tendenze, alle esperienze d’altri e del proprio tempo, che non coincide affatto con la coltivazione solitaria e la difesa eroica delle proprie piaghe o virtù, ma implica, al contrario, intelligenza di tutto ciò che succede, di tutto ciò che bolle in pentola sopra o sotto o comunque a portata di mano o d’udito, decifrazione attenta delle altrui ragioni, tendenziale (selettivo) inglobamento delle stesse secondo un piano d’infinita e organica chiarificazione di se stessi.

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SEZIONE: critica   STATUS: completo   TEMPI DI LAVORAZIONE: 11/2002 - 4/2003

 

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