Intervista
al poeta G. Majorino
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Barbara Pietroni: Sono discorsi che in qualche modo interferiscono con quello più generale della cultura, no? |
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Giancarlo Majorino: Di mortificazione della cultura. Non è solo che siamo oberati da robe idiote, da “vitette”, da stereotipi continui, la televisione, ecc., ma anche a livello più serio, chiamiamolo culturale o alto-culturale. Ci sono infatti corporazioni che alla fine diventano grette, proprio perché sono corporazioni: gli appartenenti parlano solo tra loro e quindi rimangono enormemente distanti dalla maggioranza delle persone, alla quale invece parlano i mass media, la pubblicità e tutto il resto. Questa divisione in due è letale. Secondo me, un poeta che non si renda conto di questo è fritto, perché rimane sempre nella gergalità. E tanti fanno così, pensando che non ci siano altre possibilità. Questo è un discorso. L’altro discorso che volevo farti è che non abbiamo idea – ogni tanto mi balenano queste cose – di che cosa sarebbe una cultura, come c’è stata in alcuni periodi, io la chiamavo per esempio la “cultura critica”, cioè una cultura che riuscisse a mettere la conoscenza al centro. E allora noi oggi non sappiamo niente. Magari in questo momento in cui noi parliamo, a livello, che ne so, di biologia – che è una cosa di cui io so pochissimo – stanno facendo cose importantissime, ma non passano, non arrivano. E così è continuamente. Chi conosce sul serio la musica contemporanea? Le persone normali conoscono solo cretini, yuppie, cantanti di Sanremo. Quindi capisci che abbassamento? La cultura libera davvero dovrebbe essere questa.
per il discorso sulla cultura vedi anche: 1. da intervista: qualche consiglio per non rimanere in balìa 2. da bibliografia: "Poesie e realtà 1945-2000"
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SEZIONE: intervista STATUS: completo TEMPI DI LAVORAZIONE: dal 4/2003 al 2/2004
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