Intervista al poeta G. Majorino

 

Barbara Pietroni: Sto guardando questo mobilone nero, con chiavistelli di ogni sorta...

 

 

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Giancarlo Majorino: (ride) Qui c’è il poema che chiudo tutte le volte a doppia mandata, perché ho questa piccola ossessione idiota: che possa in qualche modo essere perso, persino forse visto, dato che finora non l’ha visto nessuno se non io e in modo estremamente ridotto e parziale l’Enrica

Tant’è vero che ho preparato un quadernetto (è un po’ da ridere ma insomma...), una volta che non stavo bene -mi capita abbastanza spesso di sera o di notte, non sono mai felice io la notte, ridivento felice col chiaro come i bambini. E allora ho detto: “Ma insomma se ad un certo punto io scompaio sul serio..." (L’Enrica naturalmente, quando dico così, dice: “Ah, muoio anch’io insieme a te e basta”. E io le rispondo: “No, tu devi restare viva, perché devi pubblicare e portare all’esterno questo poema, che ha 34 anni"). Comunque, ho preparato un quadernetto, che lei non vuole vedere mai, che è sepolto lì da qualche parte (e indica una pigna di fogli, libri e quaderni sotto la finestra), in cui dico: “Se per caso mi venisse all’improvviso il raffreddore”... all’interno c’è una lista delle mie opere in corso e la loro collocazione (perché l’Enrica non sa neanche bene del tutto dove andare a cercare).

 Allora, questi quattro armadietti neri chiusi a chiave raccolgono appunto il poema, questo poema di nove libri... Ho promesso che il primo libro uscirà nel 2004. Dopo però gli altri possono anche non essere pubblicati singolarmente. E’ solo il primo libro che deve essere a sé, per varie ragioni. Dopo, ne posso fare uscire anche due o tre, non vorrei “uscire” prima io di loro! Se comincio ad aspettare due o tre anni per ciascuno, dunque sono nove libri, diventerebbero circa 30 anni. Anche nelle mie continue e ottimistiche visioni non è semplicissimo che arrivi a 100 anni. Per lo meno, che ci arrivi con la lucidità. C’è anche quel problema lì, che non è solo di morte o di malattie gravi, è anche di “come ci arrivo”.

 

 

 

 

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Barbara Pietroni: Dunque sono 34 anni che lavori a questo poema, dal 1969...

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Giancarlo Majorino: Sì.

 

Barbara Pietroni: ...e in questi 34 anni hai pubblicato libri di poesie, che mi sembrano estremamente diversi l’uno dall’altro. Il poema ha risentito dei tuoi, chiamiamoli così, “diversi modi di scrivere”, che poi sono anche diversi modi di essere? Insomma, come hai affrontato, se l’hai affrontato, il rischio di una non omogeneità di stile?

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Giancarlo Majorino: Questa è una domanda molto insidiosa, nel senso che forse è lì il problema più importante relativo al poema. E’ quello che in qualche modo fa sì che mi ci rimetta ogni volta. Io sono arrivato un po’ a questa conclusione, che come per la poesia in assoluto –questo poema ha anche alcune parti in prosa- il criterio di scelta sarà e deve essere sempre quello della bellezza. Se una cosa è bella la tengo, anche se avesse lo stile di trent’anni fa. Pure per le trame e i personaggi si hanno complicazioni non da poco. Te ne segnalo qualcuna: esistono personaggi di lunga durata, a volte addirittura presenti fin dall'inizio, e personaggi nati da poco; esistono inoltre personaggi che scompaiono nel lungo farsi poematico. E' anche da considerare che io stesso, nel corso di un tempo così lungo, posso essermi modificato (principio che mi è sempre stato caro al riguardo può esprimersi in una formula di questo tipo: continua e cambia, continua e cambia; un principio che investe l'intera struttura dell'opera). Siccome poi parecchi di questi personaggi hanno avuto origine da persone incontrate e spesso frequentate, anche a fondo, un'altra formulazione che mi interessa sarebbe: "personaggi, persone, pers", un trittico di nomi che può chiamare di volta in volta ora il personaggio, ora la persona da cui è nato, ora con quel misterioso "pers" l'indicazione di una sparizione tanto del personaggio quanto della persona.

E' un’impresa talmente, come dire, “eroica” che sotto altri aspetti sono continuamente eccitato all’idea di farla, di starci dentro. Pensa che l’ho cominciata molto blandamente, doveva essere di tre libri all’inizio, doveva iniziare in un certo modo, poi esisteva “Un’interruzione: il ‘68” ed infine quel che succedeva dopo. Teniamo presente che nasce nel ’69, io ero quindi stato molto colpito dal ’68 e soprattutto da alcune speranze che c’erano allora. (Poi pian piano mi sono reso conto che magari le speranze del ’68 erano in parte decadute. Solo in parte: basta pensare al modo nuovo con cui le donne, le ragazze possono guardare se stesse: parte da lì, da quelle lotte lì. E piano piano si è gonfiato direi inevitabilmente).

 

 

 

 

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SEZIONE: intervista   STATUS: completo   TEMPI DI LAVORAZIONE: dal 4/2003 al 2/2004

 

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