Intervista al poeta G. Majorino

 

Barbara Pietroni: Quindi la tua giornata è divisa tra "scrivere" e "vivere"...

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Giancarlo Majorino: Non sento questa divisione; anzi, non a caso uso scrivere "viverescrivere" attaccato, per far capire che per chi scrive non è semplicissimo distinguere. Siamo proprio al fatto dell’immaginazione. Spesso immagini qualcosa, spesso gli scrittori hanno un’immaginazione prescrivente, diciamo. Si preparano poi ad un’adozione di ciò che hanno immaginato. Altri no. Anche qui però il sogno che si sia così liberi da non far diventare subito gli scatti immaginativi materiali per lo scrivere. 

Ecco perché lego vivere a scrivere, perché vivere non è meno importante dello scrivere, forse addirittura di più. Quindi sempre quella centralità della vita, secondo me, che va valorizzata a fondo anche in chi fa arte, chi fa cultura...

 

 

 

 

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Barbara Pietroni: e perché il vivere è prima dello scrivere?

 

 

Giancarlo Majorino: Perché in un certo senso è più facile che questo contenga quello o non viceversa. Anche qui poi ci sono tutte le leggende, le storie, per cui, non so, Dante, Shakespeare, ecc., questi grandi creatori non erano gente chiusa in casa che pensava solo alle rime. No, era gente piena di vita, in qualche modo già singoli di molti ad alta potenza. 

Naturalmente dire “viverescrivere” rischia sempre di essere preso per estetismo, estetizzazione. In particolare oggi che contano molto i personaggi, la vita è spettacolo, come diceva Debord ne “La società dello spettacolo”, un libro molto difficile ma bellissimo. Dove si dice che ormai tutta la vita è spettacolo, ognuno fa le cose come se le mostrasse, per cui tutto è falso, è rappresentato, recitato. Ecco, il rischio estetizzante – oggi è frequente – è che uno “fa” l’artista. Per lo più in discipline che non diventeranno mai arte, perché sono troppo utilitaristicamente orientate: dalla forma delle automobili alla moda, la pubblicità, ecc. Cioè sono tutte vie di mezzo. E allora uno che lavori all'interno di queste discipline e che per di più faccia l’artista fa ridere! Invece oggi, purtroppo, spesso la ricerca si addensa intorno a tali vie di mezzo. Anche perché c’è una trascuranza di piacere e di sapere riguardo a musica, filosofia, poesia. Se ne sa niente. Pazzesco! 

Io tra le varie cose ho fatto anche dei corsi di aggiornamento per gli insegnanti sulla poesia. Quel che mi colpiva di più è che questi erano tutti lì a testa bassa che prendevano appunti. Tu figurati, gente della mia età, gente che insegnava magari da vent’anni, non sapeva cose elementari. Da noi vai in una scuola, ma anche all’università e spesso Montale passa per una giovane speranza. Capisci la follia assoluta? Straripano due modi di "sconoscenza", diciamo, estetica: una, centralizzante "arti" che nel migliore dei casi sono "arti minori"; l'altra mai davvero aggiornata.

 

 

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SEZIONE: intervista   STATUS: completo   TEMPI DI LAVORAZIONE: dal 4/2003 al 2/2004

 

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