Lotte secondarie

 

Lotte secondarie di Giancarlo Majorino - Mondadori 1967

(testo di Giovanni Raboni, tratto dal risvolto di copertina... in arrivo...)

 

 

il poeta Giancarlo Majorino copyright Barbara Pietroni

 

"Nel '65 mentre comincio ad insegnare in un liceo privato, il Fermi,  raccolgo e preparo via via varie poesie sparse. Il libro si chiamerà Lotte secondarie ed uscirà nello Specchio di Mondadori.

La zona più originale di Lotte secondarie la chiamerò Miopia, perché presupponeva che dovessi stare molto aderente ai fatti e alla realtà, come un miope, non andare svincolato chissà dove.

Ho un ricordo molto preciso di una sera, di una notte, in cui in via Melloni mi era esplosa questa cosa e avevo fatto tre o quattro poesie della Miopia. Infatti nell'introduzione all'Autoantologia dico che quei testi così violenti e così aderenti alla realtà avrebbero potuto, se ricevuti spregiudicatamente - ma non è avvenuto- suggerire uno stile di chiamata del presente diverso dalla tradizione in atto.

Io in fondo sognavo che alcuni poeti per lo meno si avviassero accanto a me, insomma, per questo nuovo modo di avere a che fare con la realtà, senza rinunciare alla poesia. Quando rivedi la Miopia ti renderai conto di che cosa voleva dire.

Tra l’altro, c’è stato un anonimo recensore dell’Espresso -non so chi fosse- che a proposito di Lotte Secondarie, uscita nel '67, ha scritto:

"La dialettica morale interessa Majorino: i brandelli di parole che trascrive dalle bocche dei borghesi lombardi sono ascoltati come nel giorno del Giudizio...".

E’ bello perché fa capire da un lato il rispetto che ho verso la gente e dall’altro che sto lì a bocca aperta, e che mi interessano tutti.

...Questi borghesi, nell'attimo in cui si pronunciano, pronunciano la propria condanna, e contemporaneamente danno esca alla pietà

E' una frase molto bella e non ho mai saputo chi l’avesse scritta...

Esistono anche due copie un po' stracciolente di varianti, di mie riletture e di pareri altrui, perché, pur considerando ogni libro un'opera conclusa, ho sempre tentato di trasformare ogni libro in qualcosa di aperto al futuro, di continuativo. Quando poi si è trattato di ripubblicarlo, non ho mai cambiato neppure una virgola, perché mi è sempre sembrato che la bellezza di un testo non risiedesse soltanto in se stessa, ma dipendesse anche dal suo rapporto con il tempo e che quindi in qualsiasi parola o immagine si potesse sentire il respiro di quegli anni, di quei giorni, di quelle voci e di quelle persone che erano vissute in quel tempo."

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