Il
Giubileo: Gesù al centro della vita
“Con lo
sguardo fisso al mistero dell'incarnazione del Figlio di Dio, la Chiesa
si appresta a varcare la soglia del terzo millennio”
Già con
le parole che aprono la Bolla di indizione Incarnationis
Mysterium il Papa Giovanni Paolo II ci aiuta a comprendere cosa sarà
il Grande Giubileo dell’anno 2000: un tempo speciale nel quale la
Chiesa vuole innanzi tutto fare memoria dell’Incarnazione del Figlio
di Dio, del fatto che 2000 anni fa Egli si è fatto uomo.
Ciò non
significa che il Giubileo si limiterà ad essere una semplice
rievocazione, ma vorrà diventare per tutti una profonda esperienza di gioia e di conversione, di
festa e di cambiamento: “La nascita di
Gesù a Betlemme non è un fatto che si possa relegare nel passato.
Dinanzi a lui, infatti, si pone l'intera storia umana: il nostro oggi e
il futuro del mondo sono illuminati dalla sua presenza. Egli è “il
Vivente” (Ap 1, 18), “colui che è, che era e che viene” (Ap 1,
4).(…) Incontrando Cristo ogni uomo scopre il mistero della propria
vita».
Il
motivo grande della gioia è
quindi il fatto che da 2000 anni l’umanità può conoscere l’amore
smisurato di Dio e sa di poter vivere alla sua presenza perché in Gesù
di Nazareth Egli si è fatto incontrare in modo definitivo e
inaspettato: “Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo
Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la
vita eterna”.
Rileggiamo
le parole del nostro vescovo Roberto: “Gesù è il “giubilo” di
Dio e dell’umanità perché in Lui si è attuato il sogno eterno di
Dio e si è compiuto il desiderio umano, confuso ma insopprimibile, di
libertà autentica, di vita piena, di amore totale, di felicità senza
limiti”.
L’incontro
con Cristo è quindi l’esperienza che permette ad ogni uomo di
conoscere il mistero profondo della vita, di capire che la verità e la
felicità della nostra esistenza consiste nel vivere insieme come
fratelli perché in Gesù ci possiamo riconoscere figli amatissimi di
Dio.
Da qui
il Giubileo diventa un richiamo alla conversione
affinché ciascuno si disponga ad incontrare veramente e profondamente
Gesù di Nazareth e incominci a vivere con Lui e come Lui dentro il
mondo di oggi.
Ecco
l’appello del nostro vescovo: “Per vivere seriamente il Giubileo,
dovremmo interrogarci sulla nostra reale conoscenza di Colui che
vogliamo festeggiare in occasione di un anniversario straordinario”.
L’invito
quindi è che il Giubileo non sia un’ennesima festa da consumare, ma
diventi un tempo pieno per
l’incontro con Dio in Gesù Cristo: “Dalla apertura o chiusura a
questo dono dipende la riuscita o il fallimento della nostra vita, il
poter dare o no il nostro insostituibile contributo per la crescita del
progetto di Dio sull’umanità”.
Vivere
il Giubileo significa allora riconoscere chi è Gesù Cristo,
incontrarlo profondamente e, alla luce di questo incontro, rileggere e
ricostruire la propria vita e la storia del mondo. E’ questo ciò che
il Giubileo chiede a ciascuno e per questo propone alcuni gesti
particolari: il Pellegrinaggio, la Porta Santa, l’Indulgenza, la
memoria dei martiri, la purificazione della memoria e la carità.
La
Chiesa sa bene che la vita nuova a
cui il Giubileo vuole condurre è già presente ogni volta che si
celebra l’Eucaristia: nella Messa infatti, facendo memoria della sua
Pasqua, la comunità cristiana vive nel tempo
presente l’incontro reale con Cristo, in attesa della sua venuta.
Sappiamo
però come tutto questo sia anche da costruire e realizzare in una
autentica vita cristiana che corrisponda effettivamente a ciò che la
Messa realizza. Ecco perché la
Chiesa di Bergamo nell’anno 2000 si propone di verificare e di rendere
più vivo il proprio modo di celebrare l’Eucaristia, cosicché ogni
comunità celebri ciò che vive e viva ciò che celebra.
Al
centro del Giubileo nella nostra diocesi, come anche a Roma e a
Gerusalemme, ci sarà quindi l’Eucaristia perché essa è il luogo più
vero nel quale gli uomini possono incontrare Dio nel loro tempo, ma,
in quanto l’Eucaristia è anche un punto di arrivo, il cammino del
Giubileo costituirà un grande segno per rinnovare e rendere più vera
la vita cristiana.
Il Pellegrinaggio: un cammino di fede
Il
Pellegrinaggio giubilare non è innanzi tutto un viaggio in senso
fisico, ma spirituale e vuole portare il credente ad aderire più
fortemente al Signore. Infatti vivere il Giubileo, mettere Cristo al
centro della vita e riscoprire l’Eucaristia come fulcro di tutta
l’esperienza cristiana implica che si faccia un cammino.
«Il pellegrinaggio è
sempre stato un momento significativo nella vita dei credenti,
rivestendo nelle varie epoche espressioni culturali diverse. Esso evoca
il cammino personale del credente sulle orme del Redentore: è esercizio
di ascesi operosa, di pentimento per le umane debolezze, di costante
vigilanza sulla propria fragilità, di preparazione interiore alla
riforma del cuore. Mediante la veglia, il digiuno, la preghiera, il
pellegrino avanza sulla strada della perfezione cristiana sforzandosi di
giungere, col sostegno della grazia di Dio, “allo stato di uomo
perfetto nella misura che conviene alla piena maturità di Cristo (Ef 4, 13)».
E’
evidente come non si possa confondere il pellegrinaggio con il generico
vagabondare dell’uomo di oggi, sempre in movimento, ma difficilmente
legato a una verità e neppure con la corsa ininterrotta sfrenata tra i
mille impegni e i molti beni di consumo che occupano la nostra società.
Il
pellegrinaggio è piuttosto il desiderio di dare alla propria vita un
punto di riferimento. In questo senso è un simbolo, ma proprio per
questo deve prendere tempo e
così trasformare il modo di orientare la vita.
“Per vivere
l’esistenza come un progressivo cammino di comunione con il Risorto, e
in Lui con Dio Uno e Trino e l’intera famiglia umana, è necessario
rendere abituale il pellegrinaggio interiore. (…) Probabilmente ci
accorgeremo di come una porzione abbondante della nostra vita non è
stata ancora illuminata dalla sua parola, e il pellegrinaggio giubilare
sarà vissuto come confessione della nostra distanza da Lui, e della
volontà di continuare, con perseveranza, a camminare verso di Lui”.
Se
pensiamo poi che al termine del pellegrinaggio il Giubileo propone la
Porta Santa il messaggio è ancora più chiaro:
“Passare per quella
porta significa confessare che Gesù Cristo è il Signore, rinvigorendo
la fede in lui per vivere la vita nuova che Egli ci ha donato. E' una
decisione che suppone la libertà di scegliere ed insieme il coraggio di
lasciare qualcosa, sapendo che si acquista la vita divina (cfr Mt
13, 44-46)”
Entrare
nella Porta Santa è decidere di credere in Gesù, è dire con il
proprio corpo che non c’è
altro modo di stare nel tempo se non quello di aderire a Cristo con
tutta la propria vita. È proprio il corpo che esprime la forza del
simbolo: oltrepassare con l’intera persona quella soglia è come dire
che con tutto di noi vogliamo aver a che fare con Cristo: niente di noi
persona, della nostra storia, delle nostre relazioni deve rimanere fuori
dal riferimento al Signore risorto.
Ecco
perché oltre la soglia c’è la chiesa e al centro di essa lo spazio
per la celebrazione eucaristica. E’ l’Eucaristia il vero culmine del
Pellegrinaggio; un momento che raccoglie un effettivo cammino di
conversione e che, nell’anno giubilare, offre anche il dono
dell’Indulgenza prima di rilanciare nel tempo della storia come
testimoni del Signore risorto.
È
significativo che la Diocesi di Bergamo abbia scelto per il Giubileo e
per tutto il “pellegrinaggio” che la accompagnerà al Congresso
Eucaristico Diocesano
il testo capitolo 21del vangelo di Giovanni:
Dopo
questi fatti, Gesù si manifestò di nuovo ai discepoli sul mare di
Tiberiade. E si manifestò così: si trovavano insieme Simon Pietro,
Tommaso detto Didimo, Natanaele di Cana di Galilea, i figli di Zebedeo e
altri due discepoli. Disse loro Simon Pietro: “Io vado a pescare”.
Gli dissero: “Veniamo anche noi con te”. Allora uscirono e salirono
sulla barca; ma in quella notte non presero nulla. Quando già era
l’alba Gesù si presentò sulla riva, ma i discepoli non si erano
accorti che era Gesù. Gesù disse loro: “Figlioli, non avete nulla da
mangiare?”. Gli risposero: “No”.
Allora disse loro: “Gettate la rete dalla parte destra della
barca e troverete”. La gettarono e non potevano più tirarla su per la
gran quantità di pesci.
Allora
quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro: “E’ il Signore!”.
Simon Pietro appena udì che era il Signore, si cinse ai fianchi il
camiciotto, poiché era spogliato, e si gettò in mare.
Gli altri discepoli invece vennero con la barca, trascinando la
rete piena di pesci: infatti non erano lontani da terra se non un
centinaio di metri. Appena
scesi a terra, videro un fuoco di brace con del pesce sopra, e del pane.
Disse
loro Gesù: “Portate un po’ del pesce che avete preso or ora”.
Allora Simon Pietro salì nella barca e trasse a terra la rete piena di
cento cinquantatré grossi pesci. E benché fossero tanti, la rete non
si spezzò. Gesù disse loro: “Venite a mangiare”. Allora Gesù si
avvicinò, prese il pane e lo diede a loro, e così pure il pesce.
Questa era la terza volta che Gesù si manifestava ai discepoli,
dopo essere risuscitato dai morti.
Questo
testo è ampiamente presentato e commentato nella seconda parte del
Programma Pastorale 1999-2000 per la diocesi di Bergamo: “ È
il Signore”. Qui vogliamo semplicemente farne una lettura che
diventi come una “mappa”
per quanti decideranno di compiere il Pellegrinaggio giubilare. La meta
prescelta potrà essere Gerusalemme, Roma oppure la Cattedrale o una
della altre sette chiese giubilari presenti nella diocesi di Bergamo, ma
il punto di riferimento per tutti sarà Gesù così come lo incontriamo
nell’Eucaristia e come questo testo ce lo presenta.