araldica 05


Campanile

Di questa famiglia si conoscono due blasonature dello stemma

La prima è d’azzurro, al campanile murato al naturale posto sulle onde del mare ed accompagnato a destra da sei stelle d’oro, 1, 2 e 3, ed a sinistra da un elmo al naturale

e l’altra d’azzurro al campanile d’argento murato, finestrato e campanato di nero.

Della seconda sia il Mansi che il Guerritore lo blasonano col campanile d’oro.

Anche Pirro Giovanni Campanile, Canonico napoletano e abate di Positano nel 1586, usò un campanile murato e finestrato come notato in Positano nella navata destra della Chiesa matrice.

La famiglia, imparentata con i d’Anrora ed i Setario, le cui origini devono probabilmente ricercarsi in Tramonti, era divisa in più rami di cui uno passò in Scala ed un altro in Ravello ove, secondo il Mansi, abitavano presso la Chiesa di S. Maria a Gradillo. ll Mansi citato riporta anche una notizia di un tal Francesco Confalone, secondo il quale i Campanile di Napoli discendenti da un Geronimo, sono dello stesso ceppo che vive in Scala, ma diversi dai Campanile nobili di Ravello ed a tal proposito cita un atto rogato nel 1508 dal notaio Giuvan l.uca di Lieto di Napoli. Egli però li considera, sia 1’uno che l’altro, già estinti: il primo da tre ed il secondo da quattro secoli.

I Campanile sono comunque documentati nel territorio amalfitano fin dal 1130 con Urso figlio di Mastalo Campanile il quale, con atto del 9 aprile di quell’anno, dona a sua moglie Anna, figlia di Sergio Fabaronia, alcuni beni siti in Paterno piccolo di Tramonti. In Scala compaiono per la prima volta nel 1328 con il prete Filippo. Inoltre Sergio fu notaio in Amalfi dal 1361 al 1385 e Francesco in Scala dal 1626 al 1650". Giovanni, primicerio Maiori, nel 1470 era Vicario generale dell’Arcidiocesi di Amalfi.

Luigi era giudice in Maiori nel 1502, Tommaso in Ravello nel 1316" e Nicola in Tramonti nel 1327.

In Scala, nella chiesa dell’Annunziata di Minuta, nel 1639 la famiglia ha eretto un altare in onore della Immacolata Concezione ed alla famiglia apparteneva anche la cappella dell’atrio della stessa chiesa, dedicata a S. Bartolomeo"’.

 


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Castriota

La morte, per un banale attacco febbrile, dell’eroe nazionale albanese Giorgio Castriota Scanderheg (1404-1468), scompaginò la Lega dei popoli albanesi, che si batteva con notevole successo per la liberazione della patria dalla dominazione dei Turchi Ottomani.

Alla serie di vittorie riportate dalla Lega seguirono dure sconfitte e feroci persecuzioni, per cui notevoli contingenti di albanesi e greci furono costretti a fuggire ricercando una seconda patria nell’Italia meridionale e in Sicilia.

Anche Amalfi ha ospitato Albanesi e tra i più illustri: un discendente diretto, un nipote dell’eroe albanese che portava il suo stesso nome: Giorgio.

Egli, infatti, figlio di Giovanni di Giorgio e di Andronica Comneno, pose la sua dimora in Amalfi nel 1498 ove ebbe l’incarico di Tesoriere conferitogli da Alfonso I Piccolomini, duca di Amalfi.

Giorgio prese in moglie Bernardina Coppola, figlia del nobile scalese Guido ed i loro discendenti si imparentarono con le più cospicue famiglie amalfitane: i d’Alagno, i del Giudice, i Sasso, i d’Afflitto ed anora con i Coppola del ramo di Ravello. Con i discendenti di Cesare di Andra e di Vittoria Sasso si estingue il ramo dei Castriota della Costiera Amalfitana.

Una contrada di Amalfi prende il nome di Campo Castriota appunto perché in essa la famiglia pose la sua dimora.

La famiglia Castriota usò uno scudo d’oro all’aquila bicipite spiegata e coronata di nero, con la pila scorciata d’azzurro, caricata di una stella di sei raggi.

La pila è una pezza araldica onorevole considerata di primo o secondo ordine a seconda degli autori e per il Crollanza il termine viene dal latino pilum. Gli antichi infatti chiamavano piles le aste armate di ferro usate dai guerrieri e qui l’allusione al condottiero albanese (l’aquila bicipite simbolo dell’albania richiama chiaramente la nazionalità) pare più che evidente.

In Scala, ex Cattedrale di S. Lorenzo, altare di S. Nicola nella navata sinistra, lo stemma è accostato a quello degli afflitto appunto per il matrimonio contratto tra Camilla di Andrea e Lorenzo di Michele d’Afflitto. I Castriota di Amalfi si estinsero con Andrea di Cesare, sacerdote, morto nel 1625. Possedevano una cappella nella navata di S. Matteo che avevano avuto dai Brancia.

La famiglia è iscritta nell’Elenco Ufficiale della Nobiltà Italiana.

 


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