Che cos'è l'ossigenoterapia iperbarica
La
Ossigeno-terapia-iperbarica è una pratica che consiste nel far sì che il
paziente respiri ossigeno puro a pressione maggiore di quella atmosferica. In
tal modo si ottiene che una maggior quantità di O2 sia trasportato nel nostro
sangue, e venga spinto dai capillari alle cellule con più facilità grazie alla
maggior pressione alla quale viene a trovarsi nel capillari stessi.
L'OTI si effettua nelle C.D. camere iperbariche in cui la pressione interna è
portata a valori superiori a quelli atmosferici mediante aria compressa.
All'interno di queste camere i pazienti inalano O2 puro a queste pressioni
ambientali attraverso una maschera facciale.
In questo modo aumenta moltissimo la quota di O2 disciolta nel plasma e
trasportata ai tessuti (Henry: la quantità di gas che si scioglie in un liquido
è direttamente proporzionale alla pressione parziale.
L'aumento della pressione parziale di O2 nell'aria alveolare aumenta la
pressione parziale di O2 nel sangue arterioso per una azione che è mediata
soltanto in
piccola parte dall'aumento dell'ossigenazione dell'Hb ma che dipende in
massima parte dall'aumento della quota di O2 disciolta nel plasma.
La conseguenza di quanto detto è la possibilità di trasporto di quantità
vitali di O2 anche in assenza di Hb; ciò è appunto ottenibile mediante le
tecniche di OTI.
%
O2 aria = 21%
fabbisogno
tissutale di O2 = 6 ml/100ml sangue (3 ml/Kg/min)
P
atmosferica = 760 mmHg = 1 ATA
(10
MT = 2 ATA - 20 MT = 2 ATA)
Nella
norma, respirando aria, a 1 ATA in 100 ml di sangue 20 ml di O2 si legano alla
sua Hb (15 gr).
Respirando
O2 puro ad 1 ATA in 100 ml di sangue 20 ml di O2 si legano a 15 gr di Hb e altri
2 ml si sciolgono nel plasma.
Aumentando
la pressione ambientale otterremo un aumento della quota di O2 sciolto nel
plasma, e più precisamente per ogni ATA si scioglieranno 2ml di O2 nel plasma.
Riassumendo:
O2
plasmatico ( in 100 ml di plasma )
ARIA
1ATA ( P ambiente = 760 mmHg) |
0,3
ml |
O2
1 ATA ( P ambiente = 760 mmHg) |
2
ml |
O2
2 ATA ( 10 MT ) |
4
ml |
O2
3 ATA ( 20 MT ) |
6
ml* |
*Questi
6 ml sono sufficienti da soli ad assicurare il fabbisogno tissutale di O2,
indipendentemente da quello trasportato dall'Hb.
L'O2
disciolto nel plasma viene utilizzato dai tessuti (per diffusione semplice
secondo un gradiente di pressione sangue – tessuti - tessuti) prima di quello
legato all'Hb. Pertanto se tale quota di O2 plasmatico è molto elevata, la
quantità di Hb ridotta presente nel sangue venoso sarà piccola ed
insufficiente per il trasporto della CO2 così da dare luogo a quadri di
ritenzione tissutale di questo gas (carbononarcosi): da cui l'importanza nel
trattamento OTI delle tappe di sosta nella somministrazione dell'O2.
Le
pause in aria sono dunque da consigliarsi per prevenire
crisi
iperossiche, che comunque non possono essere mai escluse anche in pazienti con
anamnesi mirata negativa. Può essere utile pertanto limitare la posologia alla
dose minima efficace con intervalli in aria di 3-5 minuti al fine di
diminuire rapidamente e transitoriamente la pO2
in un tessuto ben vascolarizzato quale quello cerebrale.
Questa
pausa riduce anche la pO2 dei tessuti ischemici molto più lentamente e pertanto
è ininfluente sull’efficacia terapeutica dell’intero trattamento anche se
necessita un allungamento del tempo totale di OTI, oltre ai 60 minuti.
Migliora
anche parzialmente l'umidità e la temperatura delle vie aeree.
Gli
effetti della O.T.I. sono legati :
=
In parte alla pressione (effetto barico) : bolle d’aria introdotte
accidentalmente nel nostro organismo (es. embolie) possono essere sensibilmente
ridotte con la compressione in ambiente iperbarico.
=
In parte all’aumentato trasporto di O2 nel plasma e nei tessuti (che
tende, tramite l'ossigenazione per diffusione in zone rese ipossiche o anossiche
da un insufficiente flusso ematico, ad interrompere i circoli viziosi dell'ipossia
tissutale e delle sue conseguenze istolesive).
=
In massima parte all’effetto farmacologico” dell’ O2 in alta
concentrazione (ottenuta appunto con l’OTI ) sulle cellule e su alcuni agenti
patogeni :
- azione antibatterica
- azione vasoattiva
- azione antiedemigena
- azione antiinfiammatoria
- azione facilitante i processi proteosintetici e riparativi
- azione antispastica e quindi antalgica
- azione rimielinizzante.
Tutte
queste azioni dipendono dalla correzione di fatti ipossici o ischemici e dalla
ipergenerazione di superossidi e di altri ossiradicali (si formano per riduzione
monovalente dall'ossigeno ad H2O).
INTOSSICAZIONE
DA O2
L’O2
non va inteso come medicamento (=sostanza che agisce terapeuticamente, che
determina cioè una variazione organica funzionale utile ) ma come farmaco (=
sostanza capace di determinare variazioni organiche funzionali utili o meno ) e
quindi potenzialmente tossico : diventa tossico ad alte concentrazioni: la
tossicità dipende dalla dose, espressa come pressione parziale di O2 e tempo di
esposizione.
L’O2
non è direttamente responsabile dei danni prodotti. Questi dipendono dai
radicali liberi che si formano all’interno della cellula in maniera eccessiva
per effetto dell’O2 ad alta disponibilità’. I radicali liberi ossidano i
componenti cellulari ed extracellulari con conseguente danno cellulare e
d’organo, prima funzionale reversibile e poi strutturale irreversibile.
Organi
bersaglio del suddetto meccanismo di tossicità’ sono soprattutto:
1)
SNC (S. di Paul - Bert)
2)
Apparato respiratorio (S. di Lorrain - Smith);
3)
Apparato cardiocircolatorio;
4)
Altri effetti di O2 tossicità;
S.
di Paul-Bert
Il
cervello, esposto ad alte Pp di O2 , riduce il flusso ematico al fine di evitare
una “overdose” ciò porta ad un accumulo diCO2 con conseguente
vasodilatazione, ripristino del flusso normale ed inevitabile esposizione del
cervello ad O2 ad alta Pp. A questo punto si scatena la S. di Paul-Bert : un
episodio convulsivo, tale e quale ad un vero e proprio attacco epilettico, al
quale fa seguito il classico periodo di prolungata apnea. Se al cessare
dell’apnea si riprende la respirazione di O.I. gli episodi convulsivi si
susseguono fino alle estreme conseguenze; se al contrario si riprende la
respirazione di una miscela normossica o moderatamente iperossica quale quella
rappresentata dall’aria compressa alla P
del trattamento terapeutico, le convulsioni non si ripetono e delle
stesse non rimane alcuna traccia a livello cerebrale. La S. si manifesta in
genere con P superiori a 2,8 ATA.
Esiste
tutto un corteo di sintomi premonitori che devono essere riconosciuti in tempo
utile per prevenire l’attacco convulsivo. Questi sono:
-Fibrillazione
dei muscoli facciali ( rappresentano la prima fase dell’attacco convulsivante
che segue da li’ a pochi istanti ).
-Acufeni,
vertigini
-Spiacevoli
sensazioni olfattorie e gustative
-Disturbi
visivi
-Nausea,
vomito
-Cambiamenti
dell’umore ( depressione, euforia, sonnolenza, etc. )
-Pallore,
sudorazione, palpitazione, tensione epigastrica, “tachicardia” ( campanello
d’allarme ).
-Prolungamento
della fase inspiratoria.
La
procedura della pausa dei 5 minuti di aria
è la più’ valida per prevenire l’insorgenza della sindrome.
La
comparsa dei sintomi premonitori non richiede necessariamente la rinuncia al
trattamento terapeutico, dopo un intervallo di 1O min. in cui il Pz. respira
atmosfera ambiente alla stessa P del trattamento, la verifica della scomparsa
dei sintomi premonitori autorizza la ripresa del trattamento modificato
prudenzialmente ( P inferiore ). Se i sintomi dovessero poi recidivare allora si
impone la sospensione del trattamento in corso.
NB:
se la crisi neurotossica si manifesta durante il periodo di decompressione
l'apnea del paziente può essere pericolosa: per evitare embolie gassose fatali
è necessario interrompere immediatamente la decompressione, che va ripresa solo
quando si è accertata la ripresa del regolare ritmo respiratorio.
S.
di Lorrain - Smith
Il
meccanismo d’azione dell’O2 nella genesi del danno polmonare è di natura
puramente fisica. Si ha in sostanza un ispessimento della membrana alveolo -
capillare con conseguente difetto di diffusione dell’O2. Dal punto di vista
clinico la sindrome si può’ dividere in tre fasi:
A)
Tracheobronchite ( tosse, dolore retrosternale, dispnea = sintomi premonitori ).
La tracheobronchite è relativamente precoce anche a basse
pressioni parziali di O2, non è grave ed è rapidamente reversibile;
essa
rappresenta, comunque, un importante allarme da non
sottovalutare per evitare ulteriori e più’ gravi danni.
I primi segni di irritazione tracheobronchiale compaiono per valori di
UPDT di 1425.
B)
ARDS ( questo secondo stadio è caratterizzato da una insufficienza respiratoria
acuta ).
C)
Fibrosi polmonare interstiziale.
Per
le manifestazioni polmonari è stato elaborato un metodo pratico di previsione e
di misura della dose assorbita, la cui unita’ di misura è chiamata Unit
Pulmonary Toxic Dose ( UPDT ).
Ogni
UPDT esprime il grado di tossicità’ polmonare per la respirazione di O2 al
100% ad 1 ATA per 1 minuto. Esiste una correlazione definita fra dose assorbita
in UPDT e danno polmonare espresso come diminuzione della capacita’
vitale (CV). Viene consigliato di non superare le 1000 UPDT come
media
e le 1425 UPDT come massimo. Quest’ultimo valore corrisponde ad una variazione
della CV del 10% (-10%). Cioè’ non superare 1425 UPDT altrimenti già’ a
questo valore la CV si riduce del 10%.
Valori
di poco oltre le 1400 UPTD, limite della tossicità polmonare, vengono raggiunti
solo nel trattamento delle gangrene gassose e di alcune forme di malattia da
decompressione con miscele iperossigenate. Il recupero del danno polmonare
transitorio può avvenire con un maggior intervallo in aria normobarica, il
giorno successivo.
Ad
ogni pressione di esposizione esiste un valore costante K che moltiplicato per
il tempo di esposizione T da’ il livello di tossicità’ polmonare espresso
in UPDT.
TAB. ABBREVIATA PER
IL CALCOLO
DELLE U.P.T.D.
Pp O2
in
Bar
K
2,5
3,17
2,6
3,31
2,7
3,44
2,8
3,57
2,9
3,70
3,0
3,82 |
Esempio:
Permanenza
a 2,5 Bar (15 MT. di colonna d’acqua al manometro della camera ) con
respirazione
di O2 al 100% per 60 minuti :
Valore U.P.T.D. = 60 x 3.17 = 190.2
3)
Apparato cardiocircolatorio: bradicardia; riduzione del 10 - 20% della gittata
cardiaca; aumento della PA.
Questi
primi tre effetti sono quelli più eclatanti e più immediati; sono quelli che
caratterizzano la "S. da intossicazione da ossigeno iperbarico". E fra
essi prevalgono quelli a carico del SNC; per questo la sintomatologia si dice
simile a quella dell'avvelenamento da stricnina.
4)
Altri effetti di O2 tossicità;
Effetti
sull'occhio = Fibroplasia
retrolentale: proliferazione abnorme dei capillari retinici accompagnata da
abbondante reazione connettivale ;
si forma quindi una massa fibrosa dietro il cristallino ( da cui il nome ) che
porta al distacco di retina.
Effetti
sul sistema emopoietico = Riduzione dell’eritropoiesi.
Effetti
sull'app. riproduttivo = Alterazione dell’epitelio seminifero.
Effetti
sul rene = Riduzione della diuresi.
Effetti
sull'asse ipofisi-surrene=stimolazione ipofisaria, liberazione di ACTH
Effetti
sulla tiroide = stimolazione per liberazione di TSH
Fisiologia della compressione
In
una camera iperbarica la compressione dell'ambiente che circonda l'organismo
determina:
A)
incremento della temperatura (parallelamente la decompressione comporta
una diminuzione della temperatura)
B)
aumento della densità dei gas respirati (aumento del lavoro respiratorio
in soggetti dispnoici)
C)
effetti sui gas presenti nell'organismo in fase di compressione e
soprattutto di decompressione specie in presenza di raccolte gassose escluse
dalla comunicazione con l'ambiente esterno (es. enfisema, asma, ecc. in cui una
caduta della p ambientale può determinare pneumotorace e/o pneumomediastino).
D)
Disturbi a carico dell'orecchio medio e dei seni paranasali. Essi possono
essere evitati con adeguate manovre di compensazione; i soggetti privi di
conoscenza, non in grado di compensare, devono essere sottoposti a miringotomia
elettiva prima di iniziare il trattamento iperbarico.
In
ambiente iperbarico esistono anche dei problemi di tossicità di tipo chimico
legati sia all'O2 (di cui si è già parlato) che all'N2 e al CO2.
1)
La CD "narcosi d'azoto" o da gas inerte è determinata
dall'assorbimento di N2 ad alte pressioni da
parte delle membrane cellulari. Questo determina
una modificazione del volume, delle proprietà elettriche e della permeabilità
della membrana cellulare con effetti simili a quelli determinati dai gas
anestetici. L'effetto narcotico dell'N2 ad elevate pressioni va tenuto presente
nel trattamento della MDD dove sono impiegate sino a 6 ATA; nei trattamenti
abituali 2 - 3 ATA, non si osserva.
2)
Ipercapnia: in iperbarismo aumenta anche la P parziale della CO2 presente
nell'aria respirata e questo può portare a situazioni estremamente pericolose
(maggiore gravità della narcosi da N2, superiore rischio di MDD) anche in
considerazione del fatto che respirando O2 al 100% lo stimolo respiratorio può
essere ridotto ed è più facile ipoventilare.
L’Ipercapnia
può determinare la perdita di coscienza, quest'ultima preceduta dal classico
corteo sintomatologico: agitazione, irrequietezza, tachicardia, dispnea e fame
d'aria.
3)
Tossicità dell'O2 (vedi paragrafo: "tossicità da O2").