Società
SURVIVAL INTERNATIONAL     

Festeggia quest'anno il 30° compleanno Survival International, l'associazione non governativa che si batte pacificamente per la difesa delle etnie ai margini del mondo.    
E' stata, infatti, fondata nel 1969 dall'esploratore inglese Robin Hambury-Tenison, "fulminato" da un articolo del London Times che denunciava il genocidio degli indios dell'Amazzonia.      
Il primo passo fu quello di scrivere, insieme al suo amico Stephen Corry e a Claude Levi-Strauss (il più famoso antropologo del mondo) una lettera al giornalista che aveva realizzato quel pezzo.     
Di lì a poco nacque Survival International per dar voce ai "popoli senza voce" e da allora, in questi anni, si è creata in tutto il pianeta una grande rete di volontariato.     
Sono più di 5mila le popolazioni tribali "marginali" nel mondo.      
Accanto a etnie più conosciute, come gli Inuit, i Masai, i Boscimani o i Kayapo dell'Amazzonia (la cui causa è stata sposata qualche anno fa dal cantante Sting) ce ne sono tantissime altre che probabilmente la maggior parte di noi occidentali non ha neanche mai sentito nominare perché il loro stesso nome è stato relegato ai margini estremi del mondo "civilizzato": Kogi della Colombia, Kamoro e Amungme del Borneo, Turkana del Kenya, Bhil e Amaakantak dell'India, Amat della Papua, Arara e Awa Guajà del Brasile, Walpiri dell'Australia, Mbui dello Zaire, Subanen delle Filippine, Waorani dell'Equador, per non parlare degli Itelmen, dei Khanti, dei Mansi, dei Khailino, dei Nenet e delle altre decine di etnie indigene della Siberia.     
Nomi che poco o nulla ci dicono ma dietro i quali si nascondono vere e proprie nazioni con lingue e culture proprio, purtroppo sempre più vicine all'estinzione.     
I nemici della loro sopravvivenza sono tanti: inquinamento, malattia infettive, dighe supertecnologiche, disboscamenti, coltivazioni intensive, sfruttamento dei giacimenti minerari e petrolieri, e così via.    
Nessun angolo del mondo è sfuggito all'inesauribile fame di risorse e ricchezze del mondo occidentale: nell'incontro/scontro tra questi due opposti modi di vivere, il rispetto della natura contro il suo sfruttamento selvaggio, sono sempre i più deboli ad avere la peggio.    
Contro tutto ciò  si batte Survival International, con un 'modus operandi' simile a quello della più famosa Amnesty: petizioni ai governi, lettere di semplici cittadini, campagne stampa, denunce, adozioni a distanza.    
Oggi Survival può contare su una forza di solidarietà di 200mila soci e 20mila sostenitori in tutto il mondo, compresa una sezione italiana nata nel 1989 della quale è responsabile Francesca Casella. I soci italiani sono 3mila ma la speranza è che possano aumentare sempre di più.    
Per associarsi basta un contributo minimo di lire 40.000 da inviare a Survival International Italy, c/c 18151209 Casella postale 1194, 20101, Milano    
Per tutte le informazioni ci si può comunque rivolgere a questi numeri:    
tel. 02-890-0671  fax: 02-890-0674 oppure all'e-mail  survival@tin.it    
Il sito Internet della sezione italiana è visitabile al www.glamm.com/ospiti/survival/index.html    
Questo invece l'URL del sito internazionale www.survival.org.uk/index2.htm    
Le azioni più urgenti a cui Survival si sta dedicando attualmente riguardano la vera e propria ondata di suicidi che sta colpendo gli indios Guaraní-Kaiowá in Brasile e il concreto rischio di trasferimento forzato dalle loro terre che minaccia la popolazione nomade dei Jarawa nelle isole Andamane dell'India.    
Per aiutarli basta poco: facciamolo tutti.  
 

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