CHARLIE
CHAPLIN - TEMPI MODERNI
Anche il vagabondo fini'col mettersi a parlare!. Per dire la verita',qui
si limita a cantare una canzoncina,ma ci manca davvero poco perche'anche
lui-anarchico per antonomasia-si
uniformi alla societa'e faccia sentire la sua voce(anche se sappiamo bene
che Chaplin,nella sua grande magistralita'artistica,riusciva a rendere
il suo Charlot ben piu'loquace di un Gary Cooper o un Spencer Tracy).
Eppure,questo vagabondo muto in un mondo di persone loquaci,ha ancora
uno sprazzo di dignita',tanto che si fa portavoce di un discorso serissimo,molto
sentito dall'autore:ritorna la denuncia al capitalismo gia'segnalata ne
"La febbre dell'oro",ma questa volta i toni sono molto piu'gravi,in sintonia
con un tempo dove al massimo c'e'da sorridere con l'amaro in bocca.E c'e'molto
amaro nel vedere l'operaio ingabbiato nell'alienante e-vien da se'-frustrante
ambiente della fabbrica,dominato dalle leggi del Taylorismo che,pur di
portare alla realizzazione di una societa'perfetta,sono disposte ad "automatizzare"l'uomo.
La Grande Depressione aveva gia'ispirato il cinema,ma cio'che conferisce
ai film di Chaplin quel qualcosa in piu'e'senza dubbio la presenza di questo
fenomenale personaggio di sua invenzione,che piu'matura piu'si trova in
conflittualita'con la societa'che lo circonda: e tutto questo,rimanendo
sempre a testa alta,con un senso di remissione contenuta da un altrettanto
grande senso della dignita'.
Naturalmente,senza rinunciare a una struttura narrativa lineare,che
non esclude il populismo,sorretto
da un'onesta'artistica e un'ingenuita'artistica che dovrebbe eliminare
qualsiasi equivoco riguardo a sue presunte simpatie per il comunismo.
Eppure,dopo questo film la fama di comunista lo perseguitera'tutta
la vita,e gli Stati Uniti,da sempre avversi ai rossi,da allora non lo perderanno
d'occhio un secondo.
Ma torniamo al film: la struttura lineare di cui parlavo prima,e'in
piena sintonia col linguaggio del muto. Chaplin mostra di saper padroneggiare
la tecnica in un momento in cui nessuno ne aveva piu'il coraggio,per ragioni
di pelle-di incassi-piu'che per difficolta'da parte dei registi ad adattarla
alla nuova societa'(infatti Tempi moderni,a parte in Francia ed Inghilterra,fu
un mezzo fiasco).
Ma Chaplin-non meno anarchico del suo personaggio-,si divertiva ad
andare controcorrente,e non solo rinuncia al parlato,ma in piu'crea una
concatenazione di gag che non avrebbe ragion di esistere senza il muto.
A cominciare dalla storia d'amore con la monella,vero nucleo tematico del
film,sentimento puro,anacronistico,in stridente contrasto col mondo "cattivo"che
li circonda.
Moltissime le scene da antologia,con almeno il finale da segnalare,dove
qualcuno vi ha letto addirittura un'anticipazione della moda "beatnik"negli
anni '70,caratterizzata dalla fede anarchica nella coppia.
Comunque sia,Chaplin sente sempre piu'il peso che il suo nome ha assunto
nella societa',e i suoi film non possono ignorare la situazione di alta
tensione dell'Europa di quegli anni:sara'questa consapevolezza a portarlo
alla realizzazione dell'opera piu'pericolosa di tutta la sua vita: Il grande
dittatore.
TEMPI MODERNI (1936)
Scritto,diretto,prodotto,montato e interpretato da Charlie Chaplin
Altri interpreti:Paulette Goddard,Henry Bergman
Fotografia:Rollie Totheroh
Scenografia:C.D.Hall
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