Nel tempio veniva praticato il culto delle acque, elemento rituale siano esse simbolo della divinità o il tramite con questa. Nel vestibolo antistante la scala venivano compiuti i sacrifici e deposte le offerte secondo rituali che non ci è dato conoscere.

Numeroso doveva essere il concorso di persone che in questo luogo, provenendo da ogni parte del territorio, si sentiva partecipe di un comune senso religioso e di una più vasta comunità. I devoti trovavano temporanea accoglienza nelle capanne del villaggio che gravita intorno all’ampio piazzale adiacente al lato orientale del tempio.
L’ambiente più importante del villaggio è indubbiamente la grande capanna circolare che lo sguardo incontra non appena usciti dal recinto del tempio.

Il tempio a pozzo è costruito con blocchi di basalto, la pietra vulcanica nero-grigia eruttata nell’era terziaria dal vulcano del Montiferru, ormai inattivo.La recinzione esterna ed il parlamento del vestibolo, sono realizzati in blocchi sbozzati, mentre la scala e la cella sotteranee si presentano costriute in conci perfettamente squadrati.

Costruita a filari di blocchi di basalto non lavorati, ha un diametro esterno di circa 10 metri e si conserva per l’altezza residua di metri 1,70.
Superato l’ingresso, esposto a Sud-Ovest, si offre un vasto ambiente pavimentato con ciottoli e tutt’intorno al perimetro murario corre un sedile largo 50 cm. e alto 30. E’ la “capanna delle riunioni” simile ad altre già conosciute in altri villaggi nuragici dove sembrano costituire il luogo destinato all’assemblea dei capi, riuniti per discutere alleanze e sancire patti. Dietro questa grande capanna si disegna un ampio recinto circolare di cui resta ancora incerta la funzione. Proseguendo l’esplorazione del villaggio, si osservano ambienti più piccoli, di pianta prevalentemente quadrangolare quelli che si aprono direttamente sul piazzale, a impianto curvilineo quelli più esterni.
Purtroppo gli intensi spietramenti a cui fu sottoposta l’area del villaggio negli anni ’30, hanno gravemente danneggiato le strutture murarie che solo le recenti indagini hanno in parte rievidenziato e, dove possibile, reintegrato. Poche le capanne o gli ambienti di cui sembra certa la forma originaria. Fra queste una capanna allungata composta da due vani allineati lungo lo

Planimetria del tempio a pozzo di Santa Cristina. In successione si osserva l’ellisse del muro recintorio (“tèmenos”), il vestibolo rettangolare, il vano scala e il foro sommitale della cella ipogeica, al centro dell’anello murario del tamburo.

stesso asse e una capanna a “ferro di cavallo”, situate a Nord-Est del tempio. A Santa Cristina gli oggetti finora ritrovati e di cui si ha notizia, sono scarsi ma estremamente significativi. Si tratta di alcune statuine in bronzo di tipo fenicio, le quali dovrebbero documentare i primi scambi e contatti del mondo nuragico con il mondo fenicio, forse intorno al 1000 a.C. Ugualmente d’importazione due fibule bronzee, del IX, e del VII a.C. Di fattura nuragica, invece, una barchetta bronzea, pur essa riferibile al VII sec. a.C. L’esplorazione completa del villaggio, insieme all’edizione degli scavi finora effettuati, contribuirà certamente a restituirci un quadro di vita più ricco e vario e a darci elementi più sicuri e precisi circa i tempi della costruzione e della frequentazione del tempio a pozzo.
 

MARTEDI 16 GIUGNO 1992        CORRIERE / SCIENZA         CORRIERE DELLA SERA

Questo articolo pubblicato dal Corriere della Sera del 16 giugno 1992 riporta la sezione e la pianta del pozzo di Santa Cristina la cui struttura funzionava da osservatorio per la massima declinazione della Luna alla fine di dicembre e all’inizio di gennaio, quando di specchiava nell’acqua in fondo al pozzo. Negli equinozi di primavera e d’autunno il Sole illuminava la scalinata fino ad arrivare allo specchio d’acqua.

Si parla di un vero e proprio culto del Sole e della Luna. Già le tribù preistoriche iniziarono a considerare importante il punto dell’orizzonte in cui il Sole sorge al solstizio d’inverno. Si tratta di un punto che per le latitudini europee risulta molto spostato verso nord rispetto al punto cardinale est, nel quale il sole sorge agli equinozi. Raggiunta molto lentamente la posizione in cui appare al solstizio, e descritto sulla volta celeste l’arco più breve di tutto l’anno, il Sole inverte il suo movimento, nel senso che al sorgere prende ad avvicinarsi al punto cardinale est, mentre prima se ne allontanava. Dopo il solstizio invernale , la  permanenza sopra l’orizzonte  dura ogni

giorno di più, come se il Sole riprendesse nuovo vigore.I riti profani o religiosi che caratterizzano la seconda metà di dicembre probabilmente discendono proprio dalle celebrazioni preistoriche per la “rinascita” annuale del Sole. Per quanto riguarda il culto della Luna, essendo il suo movimento estremamente complesso, le popolazioni più antiche dovrebbero essersi limitate a considerare le fasi, che si presentano molto evidenti.

Soltanto quando l’insediamento di tribù protostoriche in un dato territorio è durato a lungo, i sacerdoti del culto lunare saranno riusciti a stabilire il ciclo di 18;6 anni conosciuto come pertiodo di retrogradazione dei nodi. Il Sole nel suo moto apparente intorno alla Terra traccia un cerchio sulla sfera celeste che si dice eclittica; la Luna gira intorno alla Terra su un altro cerchio che è inclinato di 5 gradi e 9 primi rispetto all’eclittica.I cerchi suddetti si intersecano in due punti, detti nodi, e la congiungente a questi due nodi si dice linea dei nodi. Nel corso di 18;6 anni, la linea dei nodi compie una rotazione completa avendo la Terra come perno apparente.

Da questo fenomeno, deriva una variazione continua del punto dell’orizzonte in cui sorge la Luna e succede che quando il nodo acendente della Luna coincide con il punto equinoziale di promavera sull’eclittica (ogni 18;6 anni) si vede sorgere la Luna in un punto dell’orizzonte alla massima distanza verso nord dal punto cardinale est. In questa situazione la Luna raggiunge anche la massima altezza  possibile sulla volta celeste e può succedere che la si veda riflettersi nel fondo di un pozzo, perchè passa allo zenit di una località. Benchè a Paulilatino la Luna non venga a atrovarsi proprio allo zenit, in queste particolari circostanze illumina il fondo del pozzo di Santa Cristina. La costruzione del pozzo risale probabilmente al primo millennio avanti Cristo, a un periodo in cui al culto del Sole e della Luna si è aggiunto quello delle divinità delle acque.

segue S.Cristina


This site was built with the NetObjects Fusion 5.0 Trial
Download your FREE trial today!