Acciaio, giallo sulle concessioni

L'ennesimo giallo si fa spazio nella tormentata Vicenda della dismissione della lavorazione a ciclo integrale dell'Ilva di Genova.

Secondo quanto Sostengono Legambiente e l'Associazione per Cornigliano, il gruppo Riva non avrebbe mai ottenuto formalmente le concessioni per le aree su cui sorge l'acciaieria.

La questione è stata più volte sottoposta all'attenzione delle istituzioni ma finora non è stata presa in considerazione da quanti discutono sul modo di far chiudere per sempre le lavorazioni siderurgiche a caldo di Genova. Per capire a fondo come si è arrivati alla situazione attuale, occorre analizzare l'iter delle concessioni demaniali nel corso del tempo.

Il 28 maggio 1938, la Siac, Società Italiana Acciaierie Cornigliano, chiede in concessione alla capitaneria di porto di Genova una zona di arenile e uno specchio acqueo, da recingere e tombare, "siti a Sud di Cornigliano, dalla sponda destra del Polcevera fino al primo sporgente roccioso a Est del castello Raggio". La zona, data in uso con un atto di sottomissione, risulta formata da 32.920 metri quadrati di arenile e 355.675 mq di specchio acqueo.

Il 19 giugno 1937 il Consorzio autonomo del Porto, inoltre, aveva concesso alla società Ansaldo di usufruire del "molo di sottoflutto (poi molo Nino Ronco - ndr) per se e per le sue consociate, compresa la Siac". Avvalendosi di questi documenti la Siac provvede a banchinare e sistemare a proprie cure e spese il molo Nino Ronco realizzando un'area di 6.000 mq "per le necessità del proprio stabilimento siderurgico a ciclo integrale in corso di costruzione".

L'1 luglio 1940, viene "assentita" alla Siac l'occupazione di altre aree sul Polcevera.

Il 12 gennaio 1950 l'azienda chiede una striscia di arenile di 26.000 mq a Ponente della zona già occupata "e fino a 300 metri oltre il castello Raggio, nonché gli specchi d'acqua antistanti detto arenile, da recingere e tombare per una superficie di 332.000 mq. circa chiedendo altresì che la durata della concessione complessiva" sia di 99 anni.

Il 17 maggio 1950 il Cap si esprime favorevolmente sulla concessione mentre, l'11 agosto 1950 il Ministero della Marina mercantile autorizza il Consorzio a stipulare un contratto di concessione per 70 anni, anziché 99, "allo scopo di rendere possibile il graduale ammortamento delle spese effettuate e da effettuarsi dalla società richiedente".

Da queste righe sembra, tra l'altro, che le aree possano restare all'azienda fino al 2020 e non fino al 2024 come oggi viene unanimemente affermato.

Il 9 ottobre 1951 la Siac trasferisce "il complesso costituito dallo stabilimento siderurgico a ciclo integrale in corso di costruzione" alla Cornigliano SPA.

Quest'ultima ottiene altre due aree del demanio marittimo sulla sponda sinistra del Polcevera.

L'8 aprile 1959 il Cap di Genova, tenendo conto di tutta la documentazione di cui si è detto, dà in concessione alla Cornigliano SPA 785.829 mq di cui fanno parte 687.675 mq di specchio acqueo interamente riempito dalla Siac e dalla stessa Cornigliano SPA. Lo scopo è di "destinare le zone concesse a un impianto siderurgico a ciclo integrale con annessi depositi scoperti di carbone e minerali ed attività accessorie, essendo la restante parte sistemata su aree di proprietà della concessionaria".

Nel 1960, il Cap autorizza con un atto di sottomissione relativo a 59,6 ettari, l'anticipata occupazione, da i parte della Cornigliano SPA, di aree ottenute da un secondo riempimento a mare. Nel 1961 la società Italsider ottiene una licenza di subingresso alla Cornigliano SPA.

Il 23 ottobre 1984 la Cogea SPA (che diventerà llva SPA) presenta istanza di subingresso alla Italsider per le aree interessate dalle attività siderurgiche a caldo.

L'1 agosto '94, l'Ilva Laminati Piani (anche questa poi confluita in llva SPA) fa domanda di subingresso con riferimento agli atti del '59 e del '60 per un totale di 55 ettari.

Il 28 gennaio '98, infine, l'Ilva SPA (del gruppo Riva) chiede l'intestazione delle Concessioni per circa 139 ettari. Un mancato accordo sui canoni e l'apertura di un contenzioso, secondo Legambiente e l'Associazione per Cornigliano, comporta però che le concessioni non risultino, a tutt'oggi, formalizzate dall'Autorità portuale (subentrata al Cap).

"Trattandosi di aree demaniali - sostiene Cristina Pozzi, leader dell'Associazione - non è sufficiente subentrare di fatto nella gestione per ottenere il passaggio del diritto di concessione, né è possibile avanzare diritti di usucapione".

E così un'altra pagina si aggiunge alla diatriba sull'acciaio.

Articolo di Raul De Forcade

"Gazzetta del Lunedì" del 11 dicembre 2000


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