FAQ (FREQUENT ASKED QUESTIONS)

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In questa sezione sono raggruppate alcune delle domande che sono frequentemente rivolte al medico durante i colloqui clinici. Queste domande sollevano quesiti importanti che devono essere chiari al paziente prima di intraprendere una terapia per assicurare una maggior aderenza allo schema terapeutico e un maggior successo terapeutico a lungo termine.

Dottore, guarirò dagli attacchi di panico?
Perchè viene un attacco di panico?

Quali sono gl effetti collaterali della terapia farmacologica dei disturbi d'ansia?
I farmaci cambiano la personalità?
Una volta iniziata, per quanto tempo dovrò continuare la terapia?
L’ansia è una malattia medica o psicologica?
Gli stress possono essere la causa del panico?
Il panico può predispormi a sviluppare altre malattie?
Il disturbo di panico mi può far diventare pazzo o schizofrenico?
L’ansia e la depressione vanno di pari passo?



a Dottore, guarirò dagli attacchi di panico?
Studi recenti hanno mostrato che il tasso di remissione degli attacchi di panico dopo un primo trattamento con farmaci specifici si aggira attorno al 80-85%. Questo vuol dire che un paziente che si presenti da uno specialista con una diagnosi di disturbo di panico con o senza agorafobia ha una possibilità elevata di stare bene già con la prima terapia impostata. La terapia (come spiegato maggiormente nella sezione dei disturbi d’ansia di questo sito) ha una durata di circa un anno e prevede un iniziale peggioramento della sintomatologia, generalmente confinato alla prima o seconda settimana. La terapia farmacologica può essere associata a una terapia psicologica cognitivo-comportamentale, soprattutto in pazienti con alti livelli di evitamento e agorafobia. Il conclusione della terapia è una fase importante e delicata che richiede una riduzione lenta e progressiva della dose assunta e deve essere seguita da uno specialista. Le ricadute sono possibili, ma non rappresentano la norma. Guarire dunque è possibile.

Perchè viene un attacco di panico?
L’eziopatogenesi del disturbo di panico (DP) non è stata ancora chiarita definitivamente, ma negli ultimi anni la ricerca scientifica ha apportato nuove interessanti conoscenze che ci permettono di avere un quadro più nitido del fenomeno. Ad oggi il panico è riconosciuto come un fenomeno con una base psicobiologica importante. La teoria classica ha sostenuto per anni che il panico fosse un fenomeno qualitativamente simile alla paura: in questo senso l’attacco di panico sarebbe uno stato di paura molto intenso, pure se limitato nel tempo. Recenti ricerche hanno d’altro canto sottolineato il ruolo centrale del sistema respiratorio nel disturbo di panico. Sulla base di queste osservazioni è venuta alla luce la teoria del “falso allarme del soffocamento”: il panico sarebbe il risultato di un’erronea attivazione di un sistema di allarme per il soffocamento presente in ogni persona, che si attiverebbe per stimoli non idonei, cioè in assenza di un vero rischio di soffocare. I soggetti con disturbo di panico sarebbero perciò soggetti con una ipersensibilità a stimoli capaci di indurre soffocamento (quali miscele ipercapniche, luoghi chiusi etc...) e si ritroverebbero a sperimentare la sensazione di soffocare anche in assenza di un rischio reale. Uno studio recente del nostro centro ha inoltre evidenziato delle alterazioni subcliniche nel modo di respirare di soggetti con disturbo di panico, avvallando in parte quest’ipotesi “respiratoria” del panico.

Quali sono gl effetti collaterali della terapia farmacologica dei disturbi d'ansia?
Il punto di riferimento per la terapia farmacologica è rappresentato dall’uso degli Inibitori Selettivi della Ricaptazione della Serotonina. Queste molecole psicoattive (vedi la sezione sulla farmacologia di questo sito) sono diventate i farmaci di prima scelta nel disturbo per la loro efficacia (80-85% alla prima terapia) sia per il profilo positivo degli effetti collaterali. Gli effetti collaterali di questi farmaci pur presenti, non portano a gravi conseguenze mediche: inoltre tendono a diminuire nel corso del trattamento. Gli effetti collaterali più frequenti sono rappresentati dalla nausea, da un aumento dell'ansia nella fase iniziale della terapia, dall’aumento di peso, da alterazioni della funzionalità sessuale (ritardo dell’eiaculazione e diminuzione del desidero).

I farmaci cambiano la personalità?
Generalmente c’è una gran confusione sia nella popolazione generale che in alcuni ambienti psicologici e medici riguardo ai così detti farmaci psichiatrici. I farmaci psichiatrici appartengono infatti a differenti categorie farmacologiche che esplicano effetti su diversi sistemi recettoriali, che hanno dunque azioni differenti e che sono accomunati solo dalla comune azione su strutture localizzate nel sistema nervoso centrale (SNC). Non ha senso perciò parlare in generale di farmaci psichiatrici, quanto piuttosto dei singoli composti. I farmaci che sono efficaci nei disturbi d’ansia sono farmaci che agiscono generalmente su recettori serotoninergici o noradrenergici. I principali sono gli Inibitori Selettivi del Re-uptake della Serotonina (SSRI). Questi farmaci sono sicuramente efficaci nel panico, producendo in breve tempo una riduzione degli attacchi di panico, e in altri sintomi ansiosi (fobia sociale…). In generale quindi questi farmaci producono una fase di benessere, correlata a una maggior spinta vitale e a una diminuzione delle componenti evitanti. Questi effetti non si possono definire perciò effetti sulla personalità, che rimane la tipica personalità precedente l’esordio del disturbo. Possiamo dunque dire che gli SSRI non modificano la personalità, ma piuttosto permettono alla "vero" temperamento dell'individuo di manifestarsi.

Una volta iniziata, per quanto tempo dovrò continuare la terapia?
La terapia dei disturbi ansiosi è una terapia che si articola in tre fasi: inizio della terapia con aumento graduale della dose del farmaco assunto, mantenimento, riduzione della dose di farmaco assunta fino a completa interruzione. La prima fase dura circa un mese ed è la fase maggiormente a rischio per la presenza di effetti collaterali e per un iniziale peggioramento dei sintomi. La seconda fase dura dai 4-6 mesi fino a circa un anno e comprende una fase in cui il dosaggio di farmaco assunto viene mantenuto a una dose costante, pari alla massima dose raggiunta nella prima fase,in grado di controllare i sintomi d’ansia. In questa fase possono essere associate psicoterapie (come la terapia cognitivo-comportamentale) in grado di aumentare le possibilità che il paziente non vada incontro a ricaduta dopo il termine della terapia. La terza fase, di durata variabile, prevede una riduzione lenta della dose di farmaco assunto: anche in questa fase c’è il rischio di ricadute, con il ripresentarsi dei fenomeni ansiosi. E’ una fase molto delicata che necessita di uno stretto controllo specialistico. In alcuni casi una terapia di mantenimento a basse dosi per tempi lunghi può essere consigliata, soprattutto in quei pazienti che sono ricaduti ripetutamente immediatamente dopo la sospensione completa della terapia.

L’ansia è una malattia medica o psicologica?
Probabilmente, parlando dei disturbi psichiatrici, la distinzione tra malattia medica e malattia psicologica continuerà ancora a lungo. Questa distinzione affonda le sue radici storiche nel pensiero di Cartesio e ancora prima nel complesso rapporto tra anima (mente) e corpo. La psichiatria moderna ha stabilito che questa dicotomia non è produttiva né basata scientificamente. I processi mentali, psicologici per così dire, hanno il loro substrato biologico nel Sistema Nervo Centrale (SNC), per cui è del tutto plausibile che patologie che alterano i complessi rapporti neuronali o neurotrasmettitoriali possano influenzare il “modo di pensare”, risultando in patologie comunemente definite come psicologiche. D’altro canto le esperienze, soprattutto quelle traumatiche, quelle precoci e quelle ripetute, da sempre base della visione psicologico-psicodinamica delle malattie psichiatriche, sono in grado di agire sulla stessa struttura cerebrale variandone le connessioni sinaptiche, la responsività recettoriale, la disponibilità trasmettitoriale, concetto alla base della così detta “plasticità sinaptica”. Quindi l’ansia è sicuramente una malattia con un substrato medico, con implicazioni mediche che possono richiedere l’utilizzo di un trattamento farmacologico, ma anche una malattia con implicazioni e valenze psicologiche, che può richiedere un trattamento psicologico associato come quello cognitivo-comportamentale.

Gli stress possono essere la causa del panico?
Il disturbo di panico è un disturbo che ha il suo fulcro nella presenza di attacchi di panico inaspettati e ricorrenti. L’eziopatogenesi dell’attacco di panico dipende da un meccanismo psicobiologico in cui alterazioni sub-cliniche della respirazione giocano un ruolo importante. Non bisogna però dimenticare che gli attacchi panico presenti nel corso del disturbo non sono solo spontanei ma anche situazionali, cioè correlati a situazioni stressogene e ansiogene. I soggetti con disturbo di panico sperimentano in questo caso un maggior numero e una maggior frequenza di attacchi in situazioni vissute come “a rischio”, come ad esempio spazi chiusi (ascensori,cinema, ristoranti) o aperti (piazze, prati...).
Non bisogna neppure dimenticare che in determinati periodi in cui un individuo è sottoposto a maggiori quantità di stress il numero e l’intesità degli attacchi panico aumenta. In questo senso gli stress possono essere un fattore che si sovrappone a una vulnerabilità biologico/genetica al disturbo di panico e ne influenza la manifestazione clinica. Gli stress non sono perciò causa prima, quanto concausa del disturbo di panico.

Il panico può predispormi a sviluppare altre malattie?
Tipica dei pazienti con disturbo di panico è una modalità cognitiva caratterizzata da una catastrofizzazione del significato delle sensazioni corporee. Un paziente con disturbo di panico si trova perciò a domandarsi spesso se le sensazioni anomale che gli giungono dal proprio corpo (es: tachicardia) non siano la spia di patologie organiche gravi. Va sottolineato che il disturbo di panico è un disturbo che per sua natura si presenta con sensazioni corporee svariate che dipendono unicamente dal quadro psichiatrico presente. La tachicardia del nostro esempio perciò è insita nel quadro del disturbo di panico e non spia di patologie più gravi.
Va ricordato che un paziente con disturbo di panico non è comunque un paziente diverso da una qualunque altra persona. Il panico in quanto patologia psichiatrica non aumenta il rischio di patologie internistiche gravi.

Il disturbo di panico mi può far diventare pazzo o schizofrenico?
Il disturbo di panico non trattato può sfociare in un ristretto numero di disturbi psichiatrici quali i disturbi da abuso di alcool o di sostanze o il disturbo depressivo. Fra i sintomi dell'attacco di panico, la depersonalizzazione - cioe' la sensazione di essere irreali, strani - e la derealizzazione - cioe' la sensazione di sentire l'ambiente come irreale, estraneo possono condurre il paziente ad aver paura di impazzire. La schizofrenia è un disturbo totalmente diverso dal disturbo di panico che non presenta fattori eziologici in comune e il rischio di svilupparlo non è aumentato dalla presenza del panico. Bisogna ricordare che durante l’attacco di pancio può essere presente la paura di diventare pazzo o la paura di fare gesti incontrollati. Il carattere distintivo è proprio la “paura di”. Durante l’attacco di panico non si possano compiere atti incontrollati, piuttosto c’è il pensiero e la paura di poterli compiere. Il disturbo di panico perciò non porta il soggetto colpito alla pazzia.

L’ansia e la depressione vanno di pari passo?
Il rapporto tra disturbi d’ansia e disturbi depressivi è un rapporto complesso. L’ansia e la depressione si possono infatti presentare nello stesso periodo per diversi motivi: l’ansia potrebbe essere una conseguenza di uno stato depressivo, ma è anche vero che periodi prolungati caratterizzati da forti disturbi d’ansia provocano spesso una sintomatologia di demoralizzazione molto simile a un disturbo depressivo. Infine un disturbo d’ansia e un disturbo depressivo possono essere presenti nello stesso tempo nello stesso soggetto ma essere biologicamente indipendenti. E’ necessario studiare attentamente soggetti con sintomi depressivi e sintomi ansiosi e in questo caso una visita specialistica è assolutamente necessaria, dato il carattere complesso dell’associazione.

a cura del Dr. G.Migliarese

 

 

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