In questa sezione
sono raggruppate alcune delle domande che sono frequentemente
rivolte al medico durante i colloqui clinici. Queste domande
sollevano quesiti importanti che devono essere chiari al paziente
prima di intraprendere una terapia per assicurare una maggior
aderenza allo schema terapeutico e un maggior successo terapeutico
a lungo termine.
Dottore, guarirò dagli attacchi di panico?
Studi recenti hanno mostrato che il tasso di remissione
degli attacchi di panico dopo un primo trattamento con farmaci
specifici si aggira attorno al 80-85%.
Questo vuol dire che un paziente che si presenti da uno specialista
con una diagnosi di disturbo di panico con o senza agorafobia
ha una possibilità elevata di stare bene già con
la prima terapia impostata. La terapia (come spiegato maggiormente
nella sezione dei disturbi d’ansia di questo sito) ha una
durata di circa un anno e prevede un iniziale peggioramento della
sintomatologia, generalmente confinato alla prima o seconda settimana.
La terapia farmacologica può essere associata a una terapia
psicologica cognitivo-comportamentale, soprattutto in pazienti
con alti livelli di evitamento e agorafobia. Il conclusione della
terapia è una fase importante e delicata che richiede una
riduzione lenta e progressiva della dose assunta e deve essere
seguita da uno specialista. Le ricadute sono possibili, ma non
rappresentano la norma. Guarire dunque è
possibile.
Perchè viene un attacco di panico?
L’eziopatogenesi del disturbo di panico (DP) non è
stata ancora chiarita definitivamente, ma negli ultimi anni la
ricerca scientifica ha apportato nuove interessanti conoscenze
che ci permettono di avere un quadro più nitido del fenomeno.
Ad oggi il panico è riconosciuto come un fenomeno con una
base psicobiologica importante. La teoria classica ha sostenuto
per anni che il panico fosse un fenomeno qualitativamente simile
alla paura: in questo senso l’attacco di panico sarebbe
uno stato di paura molto intenso, pure se limitato nel tempo.
Recenti ricerche hanno d’altro canto sottolineato il ruolo
centrale del sistema respiratorio nel disturbo di panico.
Sulla base di queste osservazioni è venuta alla luce la
teoria del “falso allarme del soffocamento”: il panico
sarebbe il risultato di un’erronea attivazione di un sistema
di allarme per il soffocamento presente in ogni persona, che si
attiverebbe per stimoli non idonei, cioè in assenza di
un vero rischio di soffocare. I soggetti con disturbo di panico
sarebbero perciò soggetti con una ipersensibilità
a stimoli capaci di indurre soffocamento (quali miscele ipercapniche,
luoghi chiusi etc...) e si ritroverebbero a sperimentare la sensazione
di soffocare anche in assenza di un rischio reale. Uno studio
recente del nostro centro ha inoltre evidenziato delle alterazioni
subcliniche nel modo di respirare di soggetti con disturbo di
panico, avvallando in parte quest’ipotesi “respiratoria”
del panico.
Quali sono gl effetti collaterali della terapia farmacologica
dei disturbi d'ansia?
Il punto di riferimento per la terapia farmacologica è
rappresentato dall’uso degli Inibitori Selettivi della Ricaptazione
della Serotonina. Queste molecole psicoattive (vedi la sezione
sulla farmacologia di questo sito) sono diventate i farmaci di
prima scelta nel disturbo per la loro efficacia (80-85% alla prima
terapia) sia per il profilo positivo degli effetti collaterali.
Gli effetti collaterali di questi farmaci pur presenti, non portano
a gravi conseguenze mediche: inoltre tendono a diminuire nel corso
del trattamento. Gli effetti collaterali più frequenti
sono rappresentati dalla nausea,
da un aumento dell'ansia nella fase iniziale
della terapia, dall’aumento
di peso, da alterazioni della funzionalità
sessuale (ritardo dell’eiaculazione e diminuzione
del desidero).
I farmaci cambiano la personalità?
Generalmente c’è una gran confusione sia nella popolazione
generale che in alcuni ambienti psicologici e medici riguardo
ai così detti farmaci psichiatrici. I farmaci psichiatrici
appartengono infatti a differenti categorie farmacologiche che
esplicano effetti su diversi sistemi recettoriali, che hanno dunque
azioni differenti e che sono accomunati solo dalla comune azione
su strutture localizzate nel sistema nervoso centrale (SNC). Non
ha senso perciò parlare in generale di farmaci psichiatrici,
quanto piuttosto dei singoli composti. I farmaci che sono efficaci
nei disturbi d’ansia sono farmaci che agiscono generalmente
su recettori serotoninergici o noradrenergici. I principali sono
gli Inibitori Selettivi del Re-uptake della Serotonina (SSRI).
Questi farmaci sono sicuramente efficaci nel panico, producendo
in breve tempo una riduzione degli attacchi di panico, e in altri
sintomi ansiosi (fobia sociale…). In generale quindi questi
farmaci producono una fase di benessere, correlata a una maggior
spinta vitale e a una diminuzione delle componenti evitanti. Questi
effetti non si possono definire perciò effetti sulla personalità,
che rimane la tipica personalità precedente l’esordio
del disturbo. Possiamo dunque dire che gli SSRI
non modificano la personalità, ma
piuttosto permettono alla "vero" temperamento dell'individuo
di manifestarsi.
Una volta iniziata, per quanto tempo dovrò continuare la
terapia?
La terapia dei disturbi ansiosi è una terapia che si articola
in tre fasi: inizio della terapia con aumento graduale della dose
del farmaco assunto, mantenimento, riduzione della dose di farmaco
assunta fino a completa interruzione. La prima fase dura circa
un mese ed è la fase maggiormente a rischio per la presenza
di effetti collaterali e per un iniziale peggioramento dei sintomi.
La seconda fase dura dai 4-6 mesi fino a circa
un anno e comprende una fase in cui il dosaggio di farmaco
assunto viene mantenuto a una dose costante, pari alla massima
dose raggiunta nella prima fase,in grado di controllare i sintomi
d’ansia. In questa fase possono essere associate psicoterapie
(come la terapia cognitivo-comportamentale) in grado di aumentare
le possibilità che il paziente non vada incontro a ricaduta
dopo il termine della terapia. La terza fase, di durata variabile,
prevede una riduzione lenta della dose di farmaco assunto: anche
in questa fase c’è il rischio di ricadute, con il
ripresentarsi dei fenomeni ansiosi. E’ una fase molto delicata
che necessita di uno stretto controllo specialistico. In alcuni
casi una terapia di mantenimento a basse dosi per tempi lunghi
può essere consigliata, soprattutto in quei pazienti che
sono ricaduti ripetutamente immediatamente dopo la sospensione
completa della terapia.
L’ansia è una malattia medica o psicologica?
Probabilmente, parlando dei disturbi psichiatrici, la distinzione
tra malattia medica e malattia psicologica continuerà ancora
a lungo. Questa distinzione affonda le sue radici storiche nel
pensiero di Cartesio e ancora prima nel complesso rapporto tra
anima (mente) e corpo. La psichiatria moderna ha stabilito che
questa dicotomia non è produttiva né basata scientificamente.
I processi mentali, psicologici per così dire, hanno il
loro substrato biologico nel Sistema Nervo Centrale (SNC), per
cui è del tutto plausibile che patologie che alterano i
complessi rapporti neuronali o neurotrasmettitoriali possano influenzare
il “modo di pensare”, risultando in patologie comunemente
definite come psicologiche. D’altro canto le esperienze,
soprattutto quelle traumatiche, quelle precoci e quelle ripetute,
da sempre base della visione psicologico-psicodinamica delle malattie
psichiatriche, sono in grado di agire sulla stessa struttura cerebrale
variandone le connessioni sinaptiche, la responsività recettoriale,
la disponibilità trasmettitoriale, concetto alla base della
così detta “plasticità sinaptica”. Quindi
l’ansia è sicuramente una malattia con un substrato
medico, con implicazioni mediche che possono richiedere l’utilizzo
di un trattamento farmacologico, ma anche una malattia con implicazioni
e valenze psicologiche, che può richiedere un trattamento
psicologico associato come quello cognitivo-comportamentale.
Gli stress possono essere la causa del panico?
Il disturbo di panico è un disturbo che ha il suo fulcro
nella presenza di attacchi di panico inaspettati e ricorrenti.
L’eziopatogenesi dell’attacco di panico dipende da
un meccanismo psicobiologico in cui alterazioni sub-cliniche della
respirazione giocano un ruolo importante. Non bisogna però
dimenticare che gli attacchi panico presenti nel corso del disturbo
non sono solo spontanei ma anche situazionali, cioè correlati
a situazioni stressogene e ansiogene. I soggetti con disturbo
di panico sperimentano in questo caso un maggior numero e una
maggior frequenza di attacchi in situazioni vissute come “a
rischio”, come ad esempio spazi chiusi (ascensori,cinema,
ristoranti) o aperti (piazze, prati...).
Non bisogna neppure dimenticare che in determinati periodi in
cui un individuo è sottoposto a maggiori quantità
di stress il numero e l’intesità degli attacchi panico
aumenta. In questo senso gli stress possono essere un fattore
che si sovrappone a una vulnerabilità biologico/genetica
al disturbo di panico e ne influenza la manifestazione clinica.
Gli stress non sono perciò causa prima, quanto concausa
del disturbo di panico.
Il panico può predispormi a sviluppare altre malattie?
Tipica dei pazienti con disturbo di panico è una modalità
cognitiva caratterizzata da una catastrofizzazione del significato
delle sensazioni corporee. Un paziente con disturbo di panico
si trova perciò a domandarsi spesso se le sensazioni anomale
che gli giungono dal proprio corpo (es: tachicardia) non siano
la spia di patologie organiche gravi. Va sottolineato che il disturbo
di panico è un disturbo che per sua natura si presenta
con sensazioni corporee svariate che dipendono unicamente dal
quadro psichiatrico presente. La tachicardia del nostro esempio
perciò è insita nel quadro del disturbo di panico
e non spia di patologie più gravi.
Va ricordato che un paziente con disturbo di panico non è
comunque un paziente diverso da una qualunque altra persona. Il
panico in quanto patologia psichiatrica non
aumenta il rischio di patologie internistiche gravi.
Il disturbo di panico mi può far diventare pazzo o schizofrenico?
Il disturbo di panico non trattato può sfociare in un ristretto
numero di disturbi psichiatrici quali i disturbi da abuso di alcool
o di sostanze o il disturbo depressivo. Fra i sintomi dell'attacco
di panico, la depersonalizzazione
- cioe' la sensazione di essere irreali, strani - e la derealizzazione
- cioe' la sensazione di sentire l'ambiente come irreale, estraneo
possono condurre il paziente ad aver paura di impazzire. La schizofrenia
è un disturbo totalmente diverso dal disturbo di panico
che non presenta fattori eziologici in comune e il rischio di
svilupparlo non è aumentato dalla presenza del panico.
Bisogna ricordare che durante l’attacco di pancio può
essere presente la paura di diventare pazzo o la paura di fare
gesti incontrollati. Il carattere distintivo è proprio
la “paura di”. Durante l’attacco di panico non
si possano compiere atti incontrollati, piuttosto c’è
il pensiero e la paura di poterli compiere. Il disturbo di panico
perciò non porta il soggetto colpito
alla pazzia.
L’ansia e la depressione vanno di pari passo?
Il rapporto tra disturbi d’ansia e disturbi depressivi è
un rapporto complesso. L’ansia e la depressione si possono
infatti presentare nello stesso periodo per diversi motivi: l’ansia
potrebbe essere una conseguenza di uno stato depressivo, ma è
anche vero che periodi prolungati caratterizzati da forti disturbi
d’ansia provocano spesso una sintomatologia di demoralizzazione
molto simile a un disturbo depressivo. Infine un disturbo d’ansia
e un disturbo depressivo possono essere presenti nello stesso
tempo nello stesso soggetto ma essere biologicamente indipendenti.
E’ necessario studiare attentamente soggetti con sintomi
depressivi e sintomi ansiosi e in questo caso una visita specialistica
è assolutamente necessaria, dato il carattere complesso
dell’associazione.
a cura
del Dr. G.Migliarese
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