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Per sentieri diversi ci si incammina a una festa, sentieri così diversi che ognuno è una storia, un piccolo mondo a se. C’è chi abita un territorio forte di tradizione e, per raggiungere una festa da ballo di tradizione, semplicemente trasloca da un paese all’altro in una sorta di transumanza musicale e festosa, naturale come il susseguirsi delle stagioni, antica quanto i rituali del mondo contadino e la memoria dei vecchi. C’è chi arriva da assai più lontano, da altre regioni e dalle grandi città: per passione, per fortuna, per destino, magari seguendo un amico, o un suono o un disco ascoltato. Magari inseguendo inconsciamente quella dimensione che, a chi vive nelle aree urbane, non appartiene più: e che fa della festa (la cui origine primordiale è religiosa, momento ‘sacro’ che interrompe il tempo ‘profano’ quotidiano) una vera e propria liturgia dell’esistenza. Dove la musica, il canto e la danza comunicano il senso dell’appartenenza ad una comunità, preservandoci dallo sradicamento e dallo smarrimento.

E proprio il cittadino che giunga per sentieri un pò casuali nel bel mezzo di una festa da ballo nella zona delle "Quattro Province" (e qui di feste, specie d’estate, se ne tengono davvero tante), avverte sorpreso (così è accaduto a chi scrive) che si trova in un luogo e in un tempo privilegiati dove questo senso di appartenenza e di tradizione è particolarmente vivo. Come lo avverte? Tutta la situazione intorno a lui glielo trasmette, Psicamente. C’è il suo suono acuto e incantatore dello strumento-principe della zona, il piffero, carico di secoli e leggende, c’è la fisarmonica che lo accompagna con le sue impagabili armonie; c’è la musica tradizionale del repertorio da piffero, vivace o malinconica, tutta da danzare con i suoi balli antichi, Alessandrine e Monferrine, e più moderni, Valzer, Mazurke e Polche. E c’è la gente, una quantità di individui diversissimi per età, provenienza, occupazioni, attratti dalla musica e dalla danza come da un irresistibile richiamo agglomerante. Ci sono i canti, che nascono improvvisi da un gruppo di uomini misteriosamente riuniti in cerchio, ci sono i ballerini, provetti e principianti, ma tutti accaniti e mai sazi... E ci sono i suonatori, naturalmente. Sono i suonatori che ‘portano" la festa. In passato, li si investiva addirittura di un potere magico, quello inconoscibile del suono. Di nuovo, il cittadino poco accorto può stupire.

A vedere Marco e Daniele sul palco ad esempio (il palco è, sempre, un tavolo con sopra due sedie). Ti aspetti musicisti se non anziani, maturi: a questa festa si fa musica di tradizione, no? E non il folk-revival che tanti giovani gruppi cavalcano con disinvoltura. Invece no, eccoli lì, giovani e immersi nella musica tradizionale. Marco al piffero, gli occhi socchiusi, gamba e piede che segnano ininterrottamente il tempo, Daniele alla fisarmonica, lo sguardo che va, come a racchiuderli tutti, dalla fisarmonica alla sala al compagno. Tra i due, il cenno di intesa sul brano da attaccare, il più delle volte lo intuisci, ma non lo vedi, Il segreto è loro, tale deve rimanere. Cosa suoneranno infatti i suonatori? Una sequenza non codifìcata, prevedibile ma non sempre. Un valzer, una mazurca, una polca: però anche due polche a fila, che energizzano e accaldano i ballerini, o due valzer intensi per continuare a volteggiare. Oppure ecco partire una serie di Monferrine, il ballo collettivo, momento di insieme per eccellenza, quando i ballerini sono in cerchio faccia a faccia, gli sguardi si incrociano, gli amici ammiccano e si chiamano, poi si riprende a coppie il balletto, e capita che un adulto balli con un bambino. Insomma, anche l’attesa del brano che verrà ‘fa’ la festa. Soprattutto, tra la gente che partecipa alla festa e i suonatori, si crea un legame impalpabile eppure forte.

A vedere Marco e Daniele sul palco ad esempio (il palco è, sempre, un tavolo con sopra due sedie). Ti aspetti musicisti se non anziani, maturi: a questa festa si fa musica di tradizione, no? E non il folk-revival che tanti giovani gruppi cavalcano con disinvoltura. Invece no, eccoli lì, giovani e immersi nella musica tradizionale. Marco al piffero, gli occhi socchiusi, gamba e piede che segnano ininterrottamente il tempo, Daniele alla fisarmonica, lo sguardo che va, come a racchiuderli tutti, dalla fisarmonica alla sala al compagno. Tra i due, il cenno di intesa sul brano da attaccare, il più delle volte lo intuisci, ma non lo vedi, Il segreto è loro, tale deve rimanere. Cosa suoneranno infatti i suonatori? Una sequenza non codifìcata, prevedibile ma non sempre. Un valzer, una mazurca, una polca: però anche due polche a fila, che energizzano e accaldano i ballerini, o due valzer intensi per continuare a volteggiare. Oppure ecco partire una serie di Monferrine, il ballo collettivo, momento di insieme per eccellenza, quando i ballerini sono in cerchio faccia a faccia, gli sguardi si incrociano, gli amici ammiccano e si chiamano, poi si riprende a coppie il balletto, e capita che un adulto balli con un bambino. Insomma, anche l’attesa del brano che verrà ‘fa’ la festa. Soprattutto, tra la gente che partecipa alla festa e i suonatori, si crea un legame impalpabile eppure forte.

A vedere Marco e Daniele sul palco ad esempio (il palco è, sempre, un tavolo con sopra due sedie). Ti aspetti musicisti se non anziani, maturi: a questa festa si fa musica di tradizione, no? E non il folk-revival che tanti giovani gruppi cavalcano con disinvoltura. Invece no, eccoli lì, giovani e immersi nella musica tradizionale. Marco al piffero, gli occhi socchiusi, gamba e piede che segnano ininterrottamente il tempo, Daniele alla fisarmonica, lo sguardo che va, come a racchiuderli tutti, dalla fisarmonica alla sala al compagno. Tra i due, il cenno di intesa sul brano da attaccare, il più delle volte lo intuisci, ma non lo vedi, Il segreto è loro, tale deve rimanere. Cosa suoneranno infatti i suonatori? Una sequenza non codifìcata, prevedibile ma non sempre. Un valzer, una mazurca, una polca: però anche due polche a fila, che energizzano e accaldano i ballerini, o due valzer intensi per continuare a volteggiare. Oppure ecco partire una serie di Monferrine, il ballo collettivo, momento di insieme per eccellenza, quando i ballerini sono in cerchio faccia a faccia, gli sguardi si incrociano, gli amici ammiccano e si chiamano, poi si riprende a coppie il balletto, e capita che un adulto balli con un bambino. Insomma, anche l’attesa del brano che verrà ‘fa’ la festa. Soprattutto, tra la gente che partecipa alla festa e i suonatori, si crea un legame impalpabile eppure forte.

Mi pare illuminante, in questo senso, un pensiero dell’artista e artigiano siciliano Mimmo Cuticchio, che ho avuto occasione di incontrare poco tempo fa nel suo teatro-laboratorio di Palermo. Cuticchio è un ‘puparo’, fa ovvero Teatro dei Pupi (l’antico teatro di marionette siciliano, speciale per tecniche d’animazione e per il repertorio, che tratta le avventure dei Paladini di Francia); è figlio d’arte, e all’altra estremità d’italia, svolge da anni con caparbietà il suo lavoro sulla tradizione, ma riuscendo ad arricchirla di poetiche nuove. Riporto la frase di Cuticchio con il suo gentile consenso, ringraziandolo. Il passato è un viaggio iniziato dagli altri e trasmesso a noi perché possiamo proseguirlo. Il tratto di percorso clic ci compete deve necessariamente essere di nuova esplorazione, di arricchimento , perché, a nostra volta, possiamo trasmettere a chi verrà dopo di noi, un poi patrimonio che è come dire una "nuova tradizione’. Emanuela Garampelli

La zona dell’Appennino settentrionale detta delle "Quattro Province" (poiché in quest’area si incontrano e confinano le province di Alessandria, Genova, Pavia, Piacenza) è un territorio in cui è tuttora presente con grande vitalità una forte tradizione musicale legata al piffero. Il repertorio di questo antico strumento ad ancia doppia della famiglia dell’oboe, comprende musiche da ballo, musiche rituali e di accompagnamento ai canti. Fino ai primi anni del secolo, il piffero è stato accompagnato dalla mùsa (piccola cornamusa ad un solo bordone), che quindi è stata gradualmente rimpiazzata dalla più moderna fisarmonica. Questa scelta innovativa operata dai suonatori dell’epoca, permise al piffero di mantenere il repertorio da ballo più antico (costituito da Gighe, Monferrine, Alessandrine, Stranot o brani rituali cantati) e di aprirsi nel contempo al repertorio più moderno (Valzer, Mazurche, Polche).

Questo stesso spirito accompagna il lavoro di Marco Domenichetti e Daniele Scurati, attenti sia al mantenimento delle funzioni più tradizionali della musica delle Quattro Province che all’apertura e all’incontro con altre e nuove esperienze musicali. Un orientamento artistico ispirato anche dall’intenso lavoro svolto dal duo con il musicista Stefano Valla, e dal percorso tracciato da i gruppi suonatori delle Quattro Province, dal francese di Montpellier Une Anche Passe, con i quali Marco e Daniele hanno collaborato in diverse occasioni, cosi come con numerosi suonatori di tradizione della zona delle Quattro Province. li repertorio di "Per sentieri di festa" si propone quindi come espressione di una tradizione ininterrotta eppure in continua evoluzione.

Dei brani che compongono il disco, Alessandrine e Monferrine, le più antiche danze di gruppo, sono tuttora ballate durante le feste della zona. Altri brani, come Stranòt e Bella nòva, appartengono al repertorio rituale utilizzato per matrimoni e feste itineranti lungo le vie dei paesi. Ed è in queste occasioni che scaturiscono canti come Splende la luna, tipico esempio del repertorio polivocale appenninico (qui accompagnato da piffero e fisarmonica) con la partecipazione dalle voci di lvo Domenichella, Cesare Campanini, Stefano Valla: il brano è dedicato ad Attilio ‘Cavalli’ Spinetta e alle Voci del Lesima. I Valzer, le Mazurche e le Polche sono eseguiti in funzione di quegli elementi stilistici particolari tipici della zona, che ancora oggi caratterizzano lo stile queste danze di coppia, vedi la polca a saltini. Ne il Valzer di Vittoria Marco Domenichetti duetta con l’energico piffero di Massimo Perelli. Il valzer Capr(foglio (per E.) è una composizione originale di Marco Domenichetti, nata come esigenza di nuove scritture su caratteri stilistici tradizionali. Ancora, nei brani tradizionali come il valzer Correvo più delle mie gambe e l’Alessandrina N. 15, si sperimentano arrangiamenti decisamente nuovi, grazie anche al sensibile apporto del giovane chitarrista Alberto Graziani.

Marco Domenichetti piffero, voce
Daniele Scurati fisarmonica. voce

Ospiti Cesare "Cisdra" Campanini voce solista in Bella nòz’a e primo in Splende la luna
Ivo Domenichella basso in Splende la luna
Alberto Graziani chitarra in Correvo più delle mie gambe e Alessandrina in La
Massimo Perelli secondo piffero in Valzer di Vittoria
Stefano Valla secondo in Splende la luna

Registrato e mixato il 4- 6 Maggio, 1999
presso lo Studio Settenote Service Via Matteotti 30,Voghera (PV)
tel Ei fax 0383 369100
Email 7note@m.box.alfieri.voghera.pv.it

Tecnico del suono Luis "Dela Piva" Pivetta

Prodotto da Beppe Greppi
Produttore esecutivo Stefano Valla
Foto Stefano Valla

Marco e Daniele ringraziano: Angela e Antonio Domenichetti, Sandra e Cesare Scurati, Emanuela Garampelli e Stetano Valla per l’infinita pazienza e disponibilità, la cantina di Silvano per il Piciurla, Roberto Piccoli per la chitarra, la Società dell’Accademia e tutti gli amici che li hanno sostenuti.

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© marco domenichetti