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Gubbio
Adagiata sulle pendici del monte Igino, Gubbio (35000 abitanti) custodisce gelosamente le memorie della sua vita comunale, operosa e combattiva, non solo nell'architettura cittadina, che poche trasformazioni ha subito nel volger dei secoli, ma anche in alcune manifestazioni popolari, sorte in epoca molto lontana come la "corsa dei ceri" e il "palio della balestra". Dell'età di mezzo Gubbio conserva, nella sua suggestiva integrità, il quartiere di San Martino e il vicino palazzetto duecentesco del Bargello. Il quartiere è collegato a piazza Signoria da via dei Consoli, una strada costeggiata da torri mutile, che sanno il furore delle battaglie, e dai palazzi delle nobili casate eugubine.
Nella piazza si eleva superbo il Palazzo dei Consoli, disegnato dall'architetto locale Matteo di Giovannello, detto il Gattoponi. Oggi le sue sale, che accolsero le rumorose adunanze del popolo secoli fa, sono silenti e devote, come un sacrario.


Gubbio: veduta

Qui si conservano le Tavole Eugubine, testimonianza delle antiche origini di Gubbio, sulla cui bronzea superficie è scolpito il cerimoniale d'una remotissima festa religiosa; qui rievoca il fervore dell'attività comunale la zecca di Gubbio, che fu sempre ricco centro commerciale; e a suggerire il gusto finissimo della gente nata in questa bella terra umbra, ecco i magnifici lavori in legno di artisti rinascimentali, come i Maffei, e un'opera del ceramista Mastro Giorgio Andreoli, che portò con sé il segreto dei suoi magici riflessi. La città si adorna di uno scorcio rinascimentale nel Palazzo Ducale, detto la Corte, iniziato nel 1476 da Federico di Montefeltro, su disegno dell'architetto Luciano Laurana. Proprio di fronte al Palazzo Ducale sorge il Duomo, nobile costruzione gotica del XIII secolo, che ci restituisce con le sue belle arcate, imitanti il gesto delle mani congiunte nella preghiera, al profondo misticismo della gente umbra. I Maffei, che ornarono di un coro la Chiesa di San Pietro, dissero con il loro fine lavoro d'intaglio e d'intarsio la serenità della loro fede, e Ottaviano Nelli, che illuminò di colore le chiese duecentesche di Sant'Agostino e di San Francesco, pregò come gli dettava l'anima, seguendo le inclinazioni del suo spirito.