Le prime stagioni agonistiche
Correva, ma non troppo, l’anno
1971ed io, giovane maestro elementare di belle speranze, mi
accingevo a varcare per la prima volta la soglia di un edificio
scolastico per stare dall’altra parte della barricata,
non più finalmente come studente.
Il ping-pong in parrocchia lo avevo lasciato da un pezzo non,
come i maligni potrebbero pensare, per contrasti politico
- ideologici con i preti, ma per l’atletica leggera.
Dopo un duraturo flirt con questo sport, smisi di saltare
in alto per evidenti limiti fisici e mi detti al tennistavolo.
Era la stagione della cosiddetta “diplomazia del ping-pong”
ovvero il disgelo tra gli Stati Uniti e la Cina : il tennistavolo
fu l’occasione politico-sportiva per la ripresa del
dialogo.
Sulla scia degli statunitensi, anche gli italiani giocarono
con i cinesi. E proprio una estemporanea sortita televisiva
dell’avvenimento fu la responsabile della mia ri-folgorazione.
Ricordo che era un pomeriggio domenicale e mi trovavo a casa
del compianto Roberto Lavagnini, che per un certo tempo si
avvicinò al nostro sport: colto da improvviso raptus,
al termine della pongistica trasmissione televisiva, presi
una racchetta da un completo da tavolo che giaceva inutilizzata
bella mostra di sè in mezzo ad altri giochi e giocattoli,
misi l’altra in mano al giovanissimo padrone di casa
e, montata la retina sulla tavola di marmo della cucina, lo
iniziai al mio sport. Fu così che la sopita “passionaccia”,
inesplose più intensa di prima.
Vero è che la temporanea interruzione era dovuta più
che mai alla mancanza di attività agonistica continuativa
e , perché no, alla mancanza di avversari forti in
grado di stimolarmi. Ciò era dovuto anche all’alto
tasso di dispersione che si registrava tra i praticanti la
nostra disciplina. La concorrenza di altri sport (il calcio,
allora come oggi, su tutti) risultò esiziale.
In breve tempo infatti il ping-pong andò, almeno a
Perugia, in letargo, un lungo letargo. Ma dopo l’incontro
televisivo non ci dormii su: il tempo di vedere l’indomani
l’amico Stefano Sfondalmondo (il Fefi), vecchio inseparabile
avversario di tante sfide, e giù un salto a tirare
quattro botte al Circolo Arci di Ponte d’Oddi.
Non passò molto tempo e ci arrivò la notizia
del torneo universitario interfacoltà. Decidemmo di
allenarci per bene. E fu proprio durante una di quelle sedute
di allenamento che facemmo conoscenza con il top-spin.
Ce lo presentò, seppure in maniera rudimentale (non
che oggi lo esegua meglio) Fausto Pelliccia, che chissà
dove l’aveva visto fare, e che, capitato lì per
caso, volle sfidarci di seguito. La sua smania era comprensibile,
siccome era il “meglio” del quartiere, voleva
riconfermare quella supremazia con i due estranei che avevano
“invaso” la sua riserva di caccia.
Il “Fefi” perse secco, io invece, sia pure a fatica,
vinsi, ma ricordo che quello strano colpo a me ignoto mi faceva
arrivare palline che, appena cercavo di tagliare, schizzavano
via.
Fu poi alla piscina di via dei Filosofi, dove sapemmo che
si radunavano altri pongisti, che conoscemmo il top vero,
quello che tirava Costantino Orlandini, uno studente di medicina
che giocava in serie “B” col Circolo Giovani Foligno.
Era lui il grande favorito dell’allora imminente torneo
universitario che tal Rodolfo Ferri, studente d’Agraria
di Foligno da poco trasferitosi a Perugia stava organizzando
insieme a Claudio Fioroni, matricola di medicina.
Arrivò il torneo: il tabellone, pilotato, doveva portare
allo scontro in semifinale tra Ferri e Fioroni per arrivare
poi alla disputa della finale, traguardo massimo, con Orlandini.
Fui io a rompere le uova nel paniere ai maghi del sorteggio,
bastonando secco Fioroni per due a zero, pur perdendo poi
due a uno da Ferri al termine di un match rocambolesco, che
segnò l’inizio di una sana rivalità.
Come da pronostico Orlandini stravinse. Sulle ali dell’entusiasmo
(il torneo, riuscitissimo, vide la presenza di tanti pongisti),
ci demmo appuntamento a Ponte d’Oddi per un’altro
torneo, questa volta aperto a tutti. Entrammo così
in contatto con Luciano Lazzari, vecchia (già da allora)
gloria del ping-pong perugino, smanioso però di tornare
a giocare.
A fine torneo ci lasciammo con i compiti per le vacanze, ovvero
con la decisione di avviare la procedura per l’affiliazione
alla F.I.Te.T., di trovare una sede e uno sponsor.
L’estate fu proficua in tal senso: i rapporti con la
vicina Foligno tenuti da Ferri ci facevano entrare in contatto
con Alessi, altro prestigioso pongista umbro della generazione
immediatamente precedente alla mia che era fiduciario della
Federazione per la nostra regione.
Per lo sponsor, memore della mia vecchia militanza atletica
cussina, andai dall’allora segretario Vito Medi e con
lui dal Presidente Giacomo Borrione. Vista la disponibilità
di entrambi, trovammo presto un accordo sulla base della considerevole
(si fa per dire) cifra di duecentomila lire annue, con cui
avremmo fatto l’affiliazione e l’iscrizione alla
Coppa Italia e alla Serie D: il Cus Perugia Tennistavolo era
nato.
Nel frattempo, ai soci per così dire fondatori Pilini,
Ferri e Fioroni si erano uniti Menichetti, Lazzari ed i giovani
Pieragalli, Pauselli e Badolato (mi scuso per le omissioniche,
qui ed altrove, inevitabilmente ci saranno poiché nel
mio ultimo trasloco una parte dell’archivio che avevo
al riguardo è andato perduto).
Insieme a Medi andammo al negozio Tony Sport a prendere le
divise. Le tute, elegantissime, erano sul celeste, con una
riga laterale longitudinale bianca. Se non ricordo male queste
fecero esclamare ad un torneo nazionale alla mitica pong :
sta altoatesina Santifaller al cospetto di Ferri e Fioroni
“E questi chi sono, marziani”? A distanza di anni
però penso che la frase venne detta non tanto per le
divise, quanto per lo sguardo lunare dei nostri due eroi,
arrivati alla sede del torneo dopo un interminabile viaggio
notturno in treno.
Il distintivo che ornava le divise era tondo, quello classico
del Cus e dell’Università di Perugia diviso in
due parti, una celeste e una rossa con Sant’Ercolano
da un lato e il grifo rampante dall’altro. La magliettaera
nera, molto elegante, anche se, addosso a Badolato, sembrava
un po’ lugubre e cimiteriale.
Tutto sommato però eravamo veramente “fichi”,
almeno così mi sembra oggi, a distanza di quasi due
decenni, riguardando le fotografie di allora.
Per la sede la cosa fu abbastanza laboriosa, ma grazie all’interessamento
del titolare del negozio “Coni Sport” venimmo
a sapere che lo Sci Club Perugia lasciava un locale in via
del Fagiano, all’interno del Garage dell’Università,
dove si tenevano corsi di ginnastica presciistica.
Avuta la chiave, io e Rodolfo andammo ad ispezionare. La delusione
per lo squallore del locale fu mitigata dall’idea di
avere una sede tutta per noi.
Il locale, con la pianta a forma di elle, non aveva finestre,
solo una porta a vetri che dava sul cortile interno del garage
facendo filtrare una tenue luce. In compenso c’erano
una doccia e un gabinetto.
I tavoli, sempre grazie alla benevolenza e passione di Giacomo
Borrione, ex pongista di Monteluce e di Vito Medi(conosciuto
come buon lanciatore di peso, durante la mia stagione sportiva
nell’atletica leggera), furono acquistati : erano due
“Simonis - Superersival” il cui costo complessivo
era di 150.000 lire, retine e alcune palline comprese.
Mettemmo sopra il campo di gioco due belle plafoniere. Anche
se angusta, la sede er pronta. Tocchi finali a tutta l’operazione
furono la tinteggiatura di verde delle pareti di fondo e il
reperimento di due vecchie coperte per coprire i tavoli. Tutto
era pronto per l’avventura!
Subito organizzammo delle amichevoli. A Foligno la prima,
dove perdemmo di brutto contro Alessi, Mariotti e Ridolfi,
ovvero i tre più forti pongisti umbri dell’epoca,
che allora primeggiavano in serie B con il Circolo Giovani
di Foligno.
Sede dell’incontro non fu per l’occasione il Circolo
Giovani di Cardinali Diaz, ma lo spazio (grande) soprastante
il negozio di articoli sportivi di Alessi.
Foligno ricambiò la visita a Perugia (fu in tale occasione
che avvenne l’inaugurazione ufficiosa della sede) con
Mariotti e Ridolfi per un’incontro di “Coppa Davis”
e Pauselli cominciò a far capire che, almeno, a livello
regionale, occorreva cominciare a fare i conti anche con lui
.
Andammo poi a San Sepolcro, dove la squadra locale, l’A.I.C.S.
si accingeva come noi a giocare in serie D, ma, dovendo far
parte del girone toscano, sarebbe stata alle prese con la
neonata società di Arezzo del mitico Scartoni e del
suo gruppo di pallettari allenati dall’altrettanto mitico
ed indimenticabile maestro Parigi.
Vincemmo, anche se a stento, perché i biturgensi avevano
almeno un pongista di talento, certo Pincardini e noi invece
schieravamo un pongista un po’scarsino, mi pare Fioroni
.........
E venne il momento tanto atteso dell’esordio in Coppa
Italia, risolto il problema della donna da schierare, Anna
Ragnotti, pescata tra le (numerose) amicizie femminili di
Ferri, ci “scannammo” letteralmente per entrare
in formazione, visto che di allenatore a tempoi non se ne
parlava. Fisso titolare Pauselli e Rodolfo fuori uso per una
malattia epatica, c’era da trovare il secondo uoma da
schierare. Fatto fuori marpionescamente il più meritevole
Pieragalli (/che di lì a poco passò al calcio,
visto che non avrebbe avuto spazio, tra tanti vecchi famelici,
per giocare), la partita a due tra Fioroni e il sottoscritto
si risolse, malauguratamente per me, a favore di Claudio,
con il quale di solito non perdevo. Nostro avversario(si giocava
ad eliminazione diretta) fu il neo-costituito Parioli Roma,
che annoverava nel suo organico tre terze categoria primo
gruppo (Stocco, Salvitti e Bianchini) e la prima categoria
femminile Barbara Piccini: fu un cappotto senza storia che
venne arbitrato dal giovane e già emergente ternano
Maurizio Missinato che, largheggiando un po’, omologò
il nostro campo di gara. Sorvolò sulle colorite espressioni
di stupore, dei romani per l’impatto con la sede, la
nostra per l’impatto visivo con la Piccini, per andare
al campionato.
L’Umbria venne divisa in due gironi: in uno c’erano
tutte squadre di Terni, nell’altro solamente noi e Narni......
Come si vede le stranezze sono di antica data. L’andta
fu giocata a Narni: dopo l’ennesima battaglia per il
posto in squadra, giocarono Pauselli, Ferri e Fioroni, che
tornarono con un sonante 9 - 0 inflitto agli incolpevoli Narnesi.
Solo Fioroni, in vena di regali, perse un set.
Al ritorno attendemmo invano i nostri avversari che, dopo
la lezione dell’andata, pensarono bene di non presentarsi
e di dare l’addio prematuro al tennistavolo. Peccato:
il mio esordio F.I.Te.T. era rimandato ai concentramenti.
Si doveva andare ad Arezzo, nella palestra dei Vigili del
Fuoco. Le prime due squadre (il meccanismo era molto laborioso,
ma almeno i campionati venivano chiamati con le lettere dalla
A in poi, in ordine decrescente di importanza, non come oggi
dove esistono le varie A1,A2,A3 e via di seguito, che ..................
complicano soltanto le cose......... vezzo questo non solo
del tennistavolo beninteso!) sarebbero passate alla fase finale,
quella che avrebbe promosso tre squadre in serie C.
Durante una seduta di allenamento Calzolari, un pongista cugino
di Fioroni, ci comunicò la notizia che alla Banca d’Italia,
dove lavorava, era arrivato un certo Pierluigi Grandini di
Treviso che alcuni anni prima era giunto un paio di volte
in finale ai Campionati Italiani di 3^ Categoria.
Immediatamente lo invitammo ed avemmo sul campo la misura
del suo valore: il buon Pierluigi infatti, pur senza allenamento
e con qualche etto di troppo, impartì a tutti una lezione
con la sua Barna Dunlop classica ed inconfondibile. La custodia
glie l’aveva fatta a mano la suocera, ricamandovi sopra
un crocefisso.
Seduta stante gli facemmo firmare il cartellino: in pratica
era il nostro “straniero”, il cinese della situazione.
Sarebbe stata la nostra arma vincente al concentramento di
Arezzo. Così fu, arrivammo secondi dietro la squadra
locale e ci conquistammo il diritto a partecipare al definitivo
spareggio di Firenze per la promozione in serie C.
Memorabile fu l’incontro Grandini - Scartoni, vinto
dall’aretino in una sorta di festival dei pallonetti.
Per la cronaca, accanto a Grandini ci alternammo con buoni
risultati io, Ferri, Fioroni e Pauselli. A Firenze si sarebbe
giocato dalle quindici del sabato successivo.
Ferri non partì, essendo alle prese con l’ennesimo
esame universitario: capitava spesso che il buon Rodolfo,
in occasione di incontri a squadre in trasferta, tirava fuori
qualche esame imminente per evitare di venir via. I maligni
però rilevavano che la stessa cosa non accadeva mai
in occasione di tornei individuali, la qual cosa secondo loro
deponeva a sfavore del nostro accusato di uno scarso spirito
di squadra e di un altrettanto scarso attaccamento ai colori
sociali.
Con l’auto di Grandini, che si rivelò in quell’occasione
un guidatore esuberante e spericolato, cioè l’opposto
della flemmatica persona che conoscevamo, partimmo io, Pauselli
e Fioroni.
Per accellerare i tempi, visto l’orario di inizio degli
incontri, venni prelevato all’uscita di Scuola. Saltai
il pranzo, compensato in parte da una robusta colazione. Giocammo
ininterrottamente dalle quindici a mezzanotte. Per mia fortuna
Pauselli aveva dello zucchero e dei limoni. Con questi tenni
a bada la fame.
Fissi Grandini e Pauselli, ci alternavamo io e Fioroni con
risultati altalenanti. Il giorno seguente, alla fine, dietro
all’Arezzo ci ritrovammo tre squadre a pari punti: noi,
il Parma e l’Ancona. Per gli altri due posti disponibili
per la serie C spareggiammo una prima volta (io fui il terzo
singolarista, visto che ormai Fioroni era vuoto) e finimmo
di nuovo alla pari, con una vittoria ed una sconfitta a testa.
Un secondo spareggio vide Parma vincere con l’Ancona
e noi ancora pari, l’ultimo posto utile per la promozione
ce lo aggiudicammo al termine di un nuovo, drammatico match,
con la squadra marchigiana.
Grandini aveva fuso, ma strinse i denti, anche sulla spinta
delle mie urla di incoraggiamento; Pauselli fece la sua parte
ed anch’io portai un punto: fu 5 - 3.
Con i due sandwich della colazione del mattino, alla quindici
e trenta ripartimmo da Firenze saltando il pranzo, vista la
fretta che Grandini aveva di tornare a Perugia (capimmo poi
che era moglie-dipendente).
Ricordo ancora un enorme piatto di pasta all’amatriciana
che mia madre mi riscaldò e che io feci fuori in un
attimo intorno alle diciotto a casa mia. Placata la fame,
il tempo di cambiare dal sacco tuta e maglietta sudata con
biancheria pulita e via a San Biagio della Valle, dove un
intraprendente prete, Don Mario aveva organizzato un mega
torneo a puntate in un capannone industriale con la presenza
dell’intero paese a fare il tifo.
Portai la notizia dell’avvenuta promozione in serie
C e persi, ormai stanco e scarico dopo tante emozioni, dal
giovane ed emergente pongista folignate Stefano Placidi.
A stagione agonistica ormai agli sgoccioli, ricordo un torneo
in piscina di via dei filosofi vinto da Scartoni su Grandini
e Ferri, fu l’ultima prestazione di Pierluigi, con la
maglietta nera del Cus Perugia. Infatti era stato trasferito
nella natia Treviso: grazie, Pierluigi, per il tuo generoso
contributo alla crescita del tennistavolo perugino!
Intanto venimmo sfrattati dalla sede di via del Fagiano. Per
giocare, almeno per gli allenamenti, potevamo contare sui
tre tavoli (a pagamento) della piscina di via dei Filosofi,
in attesa di essere generosamente ospitati da don Genesio
Censi, nei locali della parrocchia di San Biagio e San Savino.
Nuovi pongisti si avvicinarono nel frattempo alla società:
tra essi, per il contributo che in seguito daranno al tennistavolo
perugino, vanno ricordati Giancarlo Palombini e Massimo Sgarrini,
riavvicinato dal vecchio amico - avversario di tante battaglie
Luciano Lazzari. Anche allora, seppur in misura minore rispetto
ad oggi, ogni tanto mandavamo alla stampa locale risultati,
articoli e fotografie. A ciò pensava Ferri, che però
non sembrava brillare troppo per imparzialità. Ma forse
anche oggi succede la stessa cosa, senza che per questo me
ne vogliano Pelliccia e Braconi, valenti addetti stampa per
il nostro sport....
Appendice grottesca alla stagione agonistica fu un torneo
interregionale al Palasport di via Pellini organizzato dall’intraprendente
pongista perugino quattordicenne Giurioli. Vennero un nugolo
di atleti del Parioli -Roma, in vena di scampagnate primaverili.
Buon per noi che c’erano (per loro, che vinsero tutto
il possibile) tantissimi premi che in qualche maniera smorzarono
il disappunto sul campo (come noi del resto) che il torneo
non era stato riconosciuto dalla F.I.Te.T. nella sua smania
e frenesia organizzativa Giurioli non aveva pensato, come
prescritto da regolamento, di chiedere l’autorizzazione!
Dopo aver fatto fuori un forte 3 ^ categoria secondo gruppo
romano, vinsi il derby con l’organizzatore del torneo
e con esso la coppa destinata alla migliore prestazione di
un atleta del Cus: anche per Giurioli era il commiato dalla
società, così come in precedenza lo era stato
pe Grandini. Il padre, dirigente della Standa era stato trasferito
in una filiale di una città dell’Italia meridionale.
Passata l’estate tra un torneo all’aperto e l’altro,
ma di questo si parlerà ampiamente più avanti,
Don Genesio ci ospitò pro-tempore in attesa di una
sistemazione definitiva.
Le amichevoli di settembre con Arezzo e l’Endas Terni
di Aldo De Santis segnarono il debutto di Sgarrini, che iniziò
così, con la sua anti-top Tony Old, a mietere successi.
Persosi per la strada (studendi causa?) anche Fioroni, della
vecchia guardia rimanemmo io, Ferri e Pauselli, mentre alle
spalle incalzava Palombini, smanioso di mettere in mostra
le impossibili battute, ed i giovanissimi Calzuola e Palladino,
in futuro pongisti di buo valore.
Il primo campionato di serie C ci vide impegnati anche in
due trasferte marchigiane, una a Pesaro, dove andammo con
la mia vecchia ed ansimante (ma c’era Palombini a bordo)
Dyane 6, e l’altra ad Ascoli, dove perdemmo 8-1(a risultato
acquisito terminammo comunque l’incontro), in una memorabile,
per motivi extra pongisti, trasferta della Virtusdi Ricci,
Bellini e Tamburri, squadra che vinse passeggiando il campionato
e che poi, con gli stessi atleti arrivò addirittura
in serie A.
Gli incontri casalinghi li giocammo nella nuova sede di via
del Castellano, dietro la chiesa di San Domenico. I locali
erano freddissimi, ma ampi e funzionali, fatta salva l’assenza
di docce e gabinetti.
Per ovviare alle temperature polari dei mesi invernali, ci
dotammo di due stufette a gas, attorno alle quali ci si scambiava
o si stava in attesa di giocare.
Per quel che mi riguarda, nonostante le condizioni climatiche
pur soffrendo di frequenti mal di gola, durante tutto il tempo
di nostra permanenza in quella sede non rimedia neppure un
malanno, favorito in questo anche dalla allora mia giovane
età.
E’ in questi locali che in una buia sera invernale si
affacciò timidamente per la prima volta un biondino
timido e brufoloso Gianluca Alunni.........
Il campionato era alle porte. Strafavorito era il circolo
dipendenti Ospedalieri di Terni, che poteva schierare i fortissimi
Viali, Carboni e Mariotti, quest’ultimo trasferitosi
dal Circolo Giovani Foligno e promosso quell’anno, primo
umbro, in seconda categoria.
Noi eravamo sulla carta la seconda forza del girone, di cui
facevamo parte anche la squadra di Foligno e quella di Marsciano.
Con i marscianesi annodammo rapporti amichevoli e duraturi.
La loro squadra titolare era formata dai giovanissimi Pezzanera
e Toccacieli e dal più esperto Pellicciari.
All’andata, contro i ternani, giocammo io, Pauselli
e Sgarrini. Ferri, mugugnando, fu costretto a rimanere in
panchina e a lasciarmi il posto, dopo aver perso con me l’ennesimo
spareggio perchì fosse il terzo titolare.
Sul quattro pari (Pauselli, in giornata di grazia, aveva fatto
tre punti, un altro lo aveva fatto Sgarrini che aveva battuto
nettamente Mariotti fuori forma ed in evidente ritardo di
preparazione) scesi in campo con Mariotti. A quel punto, nonostante
il grande divario tecnico tra me e lui, tutto sarebbe potuto
succedere. Il folto pubblico di parte ternana era ammutolito,
mentre i nostri supporters già assaporavano il colpaccio.
Era l’occasione (pongistica) della mia vita. Sembrava
proprio che quel giorno la luna fosse favorevole. Vinsi il
primo set piuttosto nettamente.
Il secondo lo giocammo punto a punto in maniera tiratissima.
Sul 19 pari e battuta di Mariotti, tirai due chiusure impossibili,
una di dritto e una di rovescio (giocavo con una Stiga con
gomma Super Sriver sul dritto e Tempest sul rovescio): nessuna
entrò e persi il set per 21-19. La bella, io ero ormai
demoralizzato, non ebbe storia e perdemmo per 5-4, dopo essere
arrivati a due punti dalla clamorosa sorpresa.
Al ritorno, nell’ultima giornata , il C.D.O. era ancora
imbattuto e noi seguivamo a due punti, con la sola sconfitta
dell’andata. Gustoso fu il preambolo all’incontro.
Come al solito, arrivammo alla mattina della domenica senza
aver preso una decisione su chi doveva giocare accanto a Pauselli
e Sgarrini. Così, alle nove, davanti agli allibiti
ternani già presentatisi nel luogo di gara, io e Ferri
spareggiammo. Vinse 2-1 Rodolfo. Mi consolai vedendolo poi
battere Carboni, ma alla fine uscimmo sconfitti e il riaggancio,
con il conseguente spareggio per la promozione in serie B,
svanì.
L’appuntamento con il salto di categoria era dunque
rinviato. Ma neppure l’anno successivo avemmo fortuna.
Per far fronte al numero sempre maggiore di pongisti in attività,
decidemmo di formare più squadre a Perugia, con i vecchi
Matteucci e Torzuoli, un’altra ne sorse a Ponte d’Oddi,
per opera di Fausto Pelliccia e del pennarolo Luca Rugini,
una terza venne allestita dallo Junior Tennis Club di Perugia,
attorno a Rodolfo “Poppy” Vinti.
Come C.U.S., dividemmo le forze con l’obiettivo della
doppia promozione. In C avrebbero giocato Pauselli, Sgarrini,
Palombini, Alunni e Calzuola, in serie D, con la denominazione
“Tennistavolo Universitas Perugia”, il sottoscritto,
Ferri, Lazzari, Bicini e Palladino.
A fine anno però i conti non tornarono e fallimmo entrambi
gli obiettivi. Almeno per la srie C, ci furono scelte tecniche
discutibili. La mancanza di un tecnico super - partes si faceva
sentire e l’ultimo incontro spareggio con l’Osma
Marsciano fu perso anche per questo.
In serie D, dopo aver stravinto il nostro girone umbro, formato
da tutte le squadre perugine e dal Gualdo, andammo allo spareggiodi
Livorno. Sarebbe passata in serie C la prima. Avremmo giocato,
stavolta senza discussioniperchè eravamoi più
forti ed i più in forma, io, Feri e Lazzari.
Il giovedì sera, durante l’ultimo allenamento,
ruppi la mia racchetta (fusto Franco Tognolini modello Killer,
con una antitop sul rovescio e una Super Sriver sul dritto).
Smoccolando, rispolverai la mia vecchia racchetta tentando
di riabituarmici in extremis, visto che non avrei potuto trovare
a Perugia una racchetta uguale a quella che avevo fatto fuori.
Ma i colpi di scena non erano finiti lì. Infatti nel
frattempo era arrivato (in ritardo) Ferri che ci comunicò
la sua indisponibilità a partire. Era in ritardo di
preparazione per un esame ormai prossimo.
Dopo averlo gratificato di mille improperi e sacramentando
alla cattiva sorte, decidemmo di far giocare Bicini. Così
il sabato, accompagnati dal giovane Alunni, con la macchina
di Lazzari raggiungemmo Livorno. La prima sorpresa, a noi
favorevole, ci rimise di buon umore.
Il Circolo Giovani Foligno, temibile squadra vincitrice dell’altro
girone umbro, non si era presentata. Si sarebbe trattato di
una partita a due tra noi e i locali.
Pur giocando tutti al massimo e con tanta rabbia in corpo,
perdemmo per 5-3. La mancanza di Ferri, al momento nostro
incontrastato numero uno, si era fatta sentire più
del previsto e così la C era sfumata.
Dopo un simpatico rinfresco dei livornesi che festeggiarono
la promozione a base di pappa col pomodoro a cui noi fummo
cortesemente invitati, come cani bastonati riprendemmo la
via del ritorno.
Quasi a Perugia, a mezzanotte inoltrata, ignaro che avremmo,
previa domanda, potuto essere ammessi ugualmente in serie
C, presi la storica decisione di chiudere con il tennistavolo.
Così è stato per alcuni anni, prima di un felice
ravvedimento.
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