A G O R A '


ARLES 2000

contributo di Giuliana Scimè


 

INCONTRI DI ARLES, L'ARTE IN FOTOGRAFIA VIENE DAL SOL LEVANTE

La fotografia? Uno strumento semplice, si direbbe.
Ma quali sono statee sono le influenze e i mutui scambi con culture diverse e con altri strumenti dell'espressione visuale?

Il tentativo di sciogliere il nodo del complesso tessuto che coinvolge la fotografia in una serie di rimandi è il concetto di La photographie traversée: résonances, croisements, disparitions a cura di Gilles Mora, direttore artistico della 31a edizione dei Rencontres Internationales de la Photographie di Arles.
Circa venti esposizioni che si possono suddividere secondo due linee: tradizione e ricerca contemporanea.

Gli autori classici confermano il senso della buona fotografia, però le scelte riservano sorprese; ad esempio, l'americanoNicholas Nixon (1947) ha ripreso dal 1975, una volta all'anno e per venticinque anni, le quattro sorelle Brown in ritratti di gruppo.
L'operazione è squisitamente e concettualmente fotografica: la scansione del tempo e le mutazioni che esso imprime sulle realtà.
Masahisa Fukase(1934) ha realizzato nel 1987 la serie La solitudine dei corvi , inedita in Europa, straordinaria metafora visuale sul disagio dell'incomunicabilità con alcune immagini così sottili e raffinate da sconvolgere i profondi meccanismi interiori.
Fukase e la mostra Tina Modotti e il rinascimento messican o, 1923-1934 , già varrebbero un viaggio ad Arles.
Della Modotti si è creduto di aver visto tutto, eppure sono esposte anche delle piccole fotografie che di certo furono scattate per la rivista Mexican Folkways.
Il confronto fra libera creatività e fotografia professionale è una chiave in più per penetrare il mistero delle sue incomparabili doti.

Ma fra le virtù (poche) dell'edizione di quest'anno si deve includere anche lo svizzero Herbert Matter (1907-1984), maestro della fotografia applicata alla pubblicità dal quale, oggi, si dovrebbe imparare.
Matter non si può mortificare in un ambito ristretto, fu un inventivo fotografo che realizzò immagini determinanti nel periodo degli anni '40 e '50.

Purtroppo il contraltare delle «novità» è piuttosto deludente, salvo qualche rara eccezione: si cade in un equivoco generalizzato negli ultimi tempi: la banalità più ovvia e insignificante, «sparata» in ingrandimenti, diviene opera d'arte.
La mancanza di idee e autentica creatività è un problema che riguarda gli autori
Avallare il nulla da parte di curatori, galleristi, critici ecc. è colpevole.
Secondo questi signori, dovremmo rimanere tramortiti di beatitudine da reportage mal realizzati sui ciclisti (Véronique Ellena), da interni piccolo borghesi (Valérie Mréjen), da una noiosissima sequenza di un uomo che si china, si alza, si sposta (Erwin Wurm) e da un altro altrettanto noiosissimo e disutile video, Jardin (Philippe Durand), ecc.
Poi, i referti umani e animali sotto formalina, senza il minimo sforzo di interpretazione (Daniel e Geo Fuchs): traspare evidente la furbizia di seguire, sia pure maldestramente, l'onda del rapimento per l'orrore i due Fuchs sono collocati nella sezione Disparitions (Estinzioni), assolutamente alla lettera con l'interminabile sequenza di istantanee del giapponese Furuya sulla moglie, alfine, morta suicida e le carogne di animali di Lucien Clergue.

In tutto questo marasma di vuoto spinto e di putredine, si rischia di perdere la cognizione delle proposte d'interesse.

La mostra "Le soleil selève à l'Est" una raccolta di fotografi dei Paesi estremo-orientali, è espressione di un'intellettualità bizzarra e affascinante che indaga in territori inesplorati: ritratti di famiglia di polli (Zhen Zhong); divertente, e appunto incisiva, la denuncia sul pericolo di estinzione dei panda (Zhao Bandi); contaminazione fra Oriente e Occidente romantico con sovrapposizioni dipinte a mano su polietilene di abiti ottocenteschi e nudi di donne coreane (Joon Sung).
E forse proprio dove il sole sorge bisognerà guardare, per riprendere il ritmo della vita; gli stimoli creativi si sono estinti con il sole che muore.

Giuliana Scimé
Corriere della Sera del 14.7.2000

 

 


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