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I TITOLI DELLE FOTO

Intervento di Roberto Zuccalà


 

Faccio riferimento alll'articolo di Giancarlo Torresani "I fotografi e la cultura" pubblicato sul Fotoamore di Marzo 2001, in cui si danno consigli e suggerimenti sul titolo da scegliere per la propria fotografia. In particolare si afferma che il titolo dovrebbe informare sul "cosa" si è fotografato, sul "dove" e sul "quando"; solo così il titolo è in grado di completare in modo efficace l'informazione e solo così può chiarire le intenzioni del fotografo.

Nella difficile arte della comunicazione, difficile perché arte in continua espansione, il titolo appartiene, e con diritto, alla semantica del testo (la foto), diviene in realtà l'informazione condensativa, cataforica, del messaggio visivo al quale rinvia.
Ma se è vero, come è vero, che il titolo di un'opera appartiene alla semantica della stessa opera, ove, per semantica si intende ovviamente "la scienza del significato", allora, per definire, sarà necessario prima risalire, cercare, individuare, proprio il significato dell'opera che si prende in esame.

Il significato non può essere individuato astrattamente, come un concetto, né sarà sempre catalogabile, per ogni genere d'immagine, nei "cosa" e nei "dove", sarà piuttosto la somma di innumerevoli elementi che, a loro volta, dipendono dai diversi fattori della comunicazione.
Il significato di un'opera quindi (quando l'opera non è prettamente informativa - es. Giardini di Villandry - Francia 2000 - Il Fotoamatore marzo 2001, pag. 6), si avvale di una miriade di concetti, di segni, di simboli, di relazioni.

Perché diciamo questo, perché l'importanza degli scopi e degli orientamenti pragmatici della comunicazione ci hanno da tempo insegnato che il senso di ogni messaggio visivo si deve cogliere a vari livelli, livelli non sempre espliciti e comunque basati sul mutuo lavoro di codificazione e di decodificazione che avviene tra autore e osservatore, ancor di più tra autore e fruitore dell'immagine.
Quanto sopra detto ci fa capire perché, nell'analisi di un'immagine, per arrivare al suo titolo, non è possibile sempre separare rigidamente la semantica e la pragmatica che, nell'arte del comunicare, altro non è che l'analisi dell'uso dei messaggi in rapporto ai fattori comunicativi, alle situazioni, ai bisogni. Insomma, si definisce competenza pragmatica la capacità di interpretare i messaggi visivi immedesimandosi in una specifica situazione comunicativa.

Più di mille altre mie parole riescono più chiare ed evidenti, per meglio esprimere i concetti espressi, le fotografie che - guarda caso- sono pubblicate sulla stessa rivista proprio di fianco al "Pensiero DAC".
Mi riferisco alle foto del Calendario Lavazza 2001, presentato con lucida maestria dal bravo Roberto Rognoni: in queste immagini esempio di foto non descrittive) non ha senso né il dove, né il come, né il quando, il messaggio che parte dagli autori (R. Kalvar e M. Franck) si sviluppa a vari livelli; il filo conduttore è il caffè, ovvio, che diviene un file rouge nella serie d'immagini, ma il vero protagonista (Titolo) è il contenuto di ogni foto.
Il Contenuto è l'argomento di ogni foto, la sua storia, la fabula (per es. Curiosità - gennaio 2001); il Contenuto è il motivo ispiratore, il tema, il sentimento fondamentale (per es. Fede - febbraio 2001); il Contenuto è la visione della vita, l'ideologia dello stesso autore, che lascia trasparire sue note sociali ecc. (per es. Libertà -giugno 2001).

Fermiamoci qui. Ciascuno di noi, volendo, può approfondire la propria curiosità sulla difficile, affascinante, arte del comunicare, che può partire sì dal semplice e schematico "dove", "come" e "quando", fino ad arrivare alla modernissima concezione comunicativa dell' opera aperta, come il critico Umberto Eco ci ha insegnato.

 

 


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