ALFIERI CANAVERO

Torino. Alfieri Canavero, classe 1927, è un pezzo di storia del cinema. Uno di quei personaggi preziosi che della settima arte sanno raccontare segreti e passioni ma con naturalezza, senza divismi. L'amore per la macchina da presa, che a partire dagli anni '60 lo porterà a Milano a dirigere la fotografia di molti famosi spot pubblicitari, nasce a Torino, nelle officine Fert. E' il luogo dove si produce cinema sotto la "Mole", anzi è la Hollywood sul Po dove è nato il cinema italiano. Canavero varca i cancelli del vecchio stabilimento nel 1943. Entra nella fabbrica delle meraviglie con lo stesso spirito con cui molti suoi coetanei ogni mattina vanno alla Fiat Mirafiori o al Lingotto: "Si "attacca" a lavorare". A farlo assumere è papà Giovanni, che da alcuni anni fa il tecnico del suono in corso Lombardia E' uno dei primi a fare questo mestiere in Italia. Lo hanno richiesto in prestito dai capannoni della Microtecnica verso la metà degli anno '30 e poi da lì non si è più mosso.
Il giovane apprendista "cinematografaro", invece, inizia facendo la gavetta: "Mio padre mi ha insegnato a fare di tutto ­racconta Canavero- il macchinista, l'elettricista, il montaggio con le giunte a mano, il fonico e poi sono passato a fare l'assistente a tanti bravissimi direttori della fotografia: Gallea, Del Frate, Barboni".
In quegli anni, del resto, la Fert ospita i migliori talenti del cinema italiano. Tra i registi passano Antonioni, Comencini, Lattuada, Germi. Da quelle parti passa anche Orson Welles e altri registi ed attori americani. E in quel cortile e nei teatri di posa dove si costruiscono fortini, ville, navi, ambienti antichi e moderni, qualche anno prima, viene in visita anche un illustre industriale torinese: l'anziano senatore Giovanni Agnelli. "Ero giovane ma me lo ricordo bene ­riprende il direttore della fotografia- Alla fine della visita disse "E' tutto molto bello e interessante ma il cinema non è un' industria". Quella volta si era sbagliato".
Il momento di gloria per gli studi torinesi giunge con la seconda metà degli anni '40: "Dopo la guerra è arrivato Venturini. Un produttore che girava a Milano ma che a Torino aveva trovato uno stabilimento in buone condizioni. Qui la produzione era continuata anche sotto le bombe". Il vero "boom" della macchina da presa lo porta, però, l'arrivo della produzione Rovere: "Erano i proprietari della falegnameria che riforniva la Fert ­ricorda Canavero- Avevano fatto i soldi producendo in serie i mobiletti per le radio". La Rovere, comunque, si lancia e porta nel capoluogo piemontese le grandi produzioni: "In nome della legge", "Il cammino della speranza", "Il bandito di Tacca di Lupo"Poi dopo cinque o sei anni la produzione rallenta e il cinema a Torino muore.
Ma sono questi "anni gloriosi" della settima arte subalpina a lasciare i migliori ricordi a Canavero: "Si girava a Torino e in Piemonte ma si facevano anche trasferte lunghissime nel resto d'Italia".
Gli aneddotti e le avventure, del giovane operatore di seconda macchina, sono molti, anche per i due film che Piemonte Movie presenta all'interno dell' "Omaggio a Raf Vallone": "Riso amaro" e "Il cammino della speranza". Vallone, poi, per gli stabilimenti Fert è quasi uno di casa, anche fuori dal cinema: "Ero ancora un ragazzino ­continua Canavero- e mi spedirono a consegnare dei documenti proprio a Vallone. Abitava nel quartiere Parella. Credo si trattasse di documenti legati alla guerra di resistenza". Il "mestiere" di staffetta partigiana Canavero lo porterà avanti anche a Cherasco, dove viene sfollato a causa dei bombardamenti.
Tornando al cinema e a "Riso amaro". Nel 1948 la troupe di questo film, che farà la storia del neorealismo, approda in Piemonte. Il giovane Canavero viene chiamato nelle risaie del vercellese per fare l'operatore di seconda macchina: "Ho fatto molte riprese panoramiche. Mi sono fermato sul set per quattro giorni. Si sentiva che era un film importante. C'erano dei grandi nomi del cinema". Con Vallone e il regista Giuseppe De Santis percorrono in auto decine di chilometri per trovare il panorama e le situazioni giuste da riprendere. Finito il suo lavoro rientra alla base.
Ne "Il cammino della speranza" l'impegno di Canavero cresce. Parte come operatore di seconda macchina, al fianco del direttore di fotografia Leonida Barboni, ma, di fatto, le macchine da presa Debrie e Arriflex sono in mano sua. "Abbiamo iniziato le riprese ad Agrigento, nelle miniere di Zolfo. Ricordo che i minatori erano in sciopero da 2 giorni. Erano sottoterra, nudi, per il caldo insopportabile. Stavano cantando "Vitti'na crozza" quando la troupe scese giù con il regista Pietro Germi. Registrammo quel canto, che andava perfettamente a tempo con la biella della pompa dell'aria. Con quella registrazione iniziammo il film". Germi, in questo film, si affida a pochissimi attori professionisti. Il resto sono persone prese sul posto. "Di Germi ­continua Canavero- ricordo quel suo grosso sigaro, che dava fuoco alle copertine ogni volta che voleva vedere personalmente un' inquadratura della macchina da presa". I mesi di lavoro sono un paio, sù e giù per tutta l'Italia e in questi frangenti c'è anche il tempo per socializzare tra attori e troupe. Raf Vallone e Elena Varzi gettano le basi per il loro futuro matrimonio e il giovane Canavero, ancora celibe, getta lo sguarda su una giovane attrice, fresca fresca del titolo di "miss Umbria". Anche a Germi, però, non sfugge il fascino della ragazza: "Si lavorava sempre. Le pause erano veramente poche, soprattutto per me. Dopo le riprese il lavoro continuava con lo sviluppo e l'archiviazione dei nastri. A Messina trovai il tempo di andare al cinema, sapendo che anche questa ragazza ci sarebbe andata. In sala, però,oltre a lei, trovai anche Germi. Così tutti e tre guardammo semplicemente il film".
Canavero è in Sicilia anche per un altro film: "In nome della legge". Questa volta le riprese si svolgono a Sciacca. Anche qui fa l'assistente di Barboni: "Ero partito da Torino con una jeep lasciata dagli americani. Avevamo caricato tutto il materiale tecnico necessario. Quando arrivammo a Sciacca, in albergo non c'era più posto, così, con l'elettricista e il capo della produzione, ci alloggiarono nel vecchio casino. Dopo la partenza dell'esercito americano erano rimaste soltanto tre signorine. Occupammo le loro camere e in una cappella sconsacrata attigua realizzai una piccola camera oscura per lo sviluppo della pellicola". La Sicilia del dopoguerra sembra ancora quella descritta da Verga e Pirandello: "In paese non c'era un' anima viva. Il parroco aveva diffidato la popolazione dal partecipare a qualsiasi ripresa. Germi, però, aveva bisogno di comparse per alcune scene. Si contattarono le persone "giuste" e il giorno dopo si vide qualcuno. Erano troppo pochi, però, per riempire la piazza in cui l'attore Massimo Girotti doveva arringare la folla. Così ricorsi ad un trucco nel montaggio e moltiplicai quelle poche comparse riempiendo la piazza".
Prima di passare al mondo della pubblicità Canavero ha il tempo di lavorare per la Cristaldi, realizzando vari documentari: "Si proiettavano prima dei film. Un' usanza che con gli anni, purtroppo, s'è persa" e per la Settimana Incom piemontese, i vecchi cinergiornali. Nel frattempo la sua carriera dietro la macchina da presa continua con "Il seduttore", diretto da Franco Rossi, con Alberto Sordi mattatore; "La tigre del Bengala", tratto da Salgari e ancora con altri film considerati minori ma che facevano girare gli studi a pieno ritmo.
Poi c'è "La pattuglia sperduta". E' un film del 1954 girato nelle campagne piemontesi e a Carignano. Parla della "'disfatta di Novara", noto episodio risorgimentale del 1849. Alfieri Canavero è il direttore della fotografia. Le recensioni si sprecano e anche "Le Figaro" gli dedica un articolo. I giornali torinesi vedono in questa produzione una resurrezione del cinema all'ombra delle Alpi, ma non sarà così. Per sperare in una vera resurrezione occorrerà attendere la rinascita dei vecchi stabilimenti Fert, dove Canavero nel dopoguerra si aggirava con una calamita per raccattare i chiodi che dovevano tener su le scenografie. Ora gli studi sono pronti e con il 2003 hanno iniziato la loro produzione. L'esperto direttore della fotografia, che da dieci anni ha abbandonato Milano per tornare a Torino, ritrova i vecchi amori della giovinezza: "Come ex dipendente della Fert, con altri colleghi, abbiamo creduto fin dall'inizio nella nuova vita degli stabilimenti". Hanno anche fondato l'Associazione Fert, che ha dato una spinta decisa verso la nascita del futuristico Virtual Reality Multimedia Park di corso Lombardia.
Alfieri Canavero, che giura di aver amato professionalmente forse più il mondo della pubblicità che quello del cinema, ha però nel cuore il rumore di quei proiettori conosciuti da ragazzino: "Quando ero sfollato a Cherasco, durante la guerra, facevo il proiezionista. Alcune volte mi addormentavo sul proiettore e mi svegliavano i fischi del pubblico. Quando ho visto il film di Tornatore, "Nuovo Cinema Paradiso", mi sono riconosciuto nel protagonista".

Alessandro Gaido per Piemonte Movie