INVENZIONE DEL MOTORE A SCOPPIO
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Eugenio Barsanti |
Felice Matteucci |
Nel 1854 Eugenio Barsanti e Felice Matteucci ( fisico ) brevettarono e costruirono il primo motore a combustione interna che abbia mai funzionato. Fin dal 1851 tra i due studiosi inizia, oltre che un rapporto di amicizia, una collaborazione professionale nel campo tecnico scientifico. Le prime esperienze furono eseguite con un cilindro in ghisa munito di stantuffo e di valvole che permise di studiare gli effetti del miscuglio detonante di ossigeno e idrogeno, aria e idrogeno, aria e gas luce. Questi esperimenti servirono anche a capire, oltre al comportamento dello stantuffo, il problema dell'espulsione dei gas di scarico prodotti dalla combustione. L'accensione della miscela avveniva o con scintilla elettrica o piccola fiammella di gas, soluzione quest'ultima presto abbandonata a favore della prima. Da tali esperimenti dedussero che la forza prodotta dalla rapida combustione dava una forte spinta allo stantuffo, che non arrivava però alla fine della corsa se non in due casi:
-Carica di gas molto elevata
-Stantuffo il più possibile libero durante la corsa di andata
Notarono inoltre che quando lo stantuffo arrivava a "fine corsa" ritornava poi spontaneamente e velocemente indietro. Dedussero quindi che ciò era dovuta alla condensazione dei gas che producevano un vuoto e conclusero che era la pressione atmosferica a far si che il pistone tornasse indietro. Si trattava di un motore verticale a stantuffo libero: lo scoppio, all’interno della camera di combustione, avveniva attraverso una miscela di aria e gas illuminante; ciò, proiettava il pistone in aria e per effetto, della depressione che si generava all’interno del cilindro,lo stantuffo ridiscendeva con un movimento controllato da uno speciale dispositivo a dentiera. Attraverso questi procedimenti, si compiva la così detta corsa motrice.
Sotto è riportata una immagine del motore di Eugenio Barsanti e Felice Matteucci.
Successivamente,
nel 1860,il
francese Lenoir costruì
il primo motore a combustione interna che ebbe applicazioni industriali. Era un
motore detto a doppio effetto cioè con distribuzione a cassetto
in cui la miscela , costituita da aria e gas illuminante, veniva aspirata
dal pistone ( all’interno della camera di combustione ) per circa metà
corsa, successivamente, si accendeva una scintilla elettrica la quale incendiava
il combustibile che a sua volta spingeva lo stantuffo per la seconda metà della
corsa compiendo così un giro utile. Il suo rendimento era del 4%
e ciò rese notevole la diffusione di tale motore.
Questo
motore Sostituì ben presto il motore inventato da Lenoir
per il minor consumo di combustibile ed un rendimento pari al
12% nonostante le enormi dimensioni di ingombro e
le violente vibrazioni che trasmetteva alle strutture di sostegno. Nel 1860
il francese Beau de
Rochas ideò il il ciclo a quattro tempi secondo
il quale in quattro corse del pistone, all’interno del cilindro si dovevano
effettuare le seguenti operazioni:
1°
cosa: aspirazione della miscela
2°
corsa: compressione
3°
corsa: accensione al punto morto e successiva
espanzione dei prodotti
di combustione( scoppio )
4°corsa:
scarico dei gas combusti
Tale
ciclo di funzionamento è ancora oggi usato nei motori a quattro tempi.Nel
1877 il tedesco A.Otto
costruì il primo motore a quattro tempi che ebbe
un notevole successo, segnalando l’inizio della moderna costruzione
industriale dei motori a combustione interna. Successivamente,
nel 1879, l’inglese D.
Clerk ideò e costruì il primo motore in cui venne
realizzato il ciclo a due tempi, così detto perché si svolge in
due sole corse del pistone. Quasi al termine della corsa motrice, il pistone,
scopre una serie di feritoie praticate sulla superficie del cilindro attraverso
le quali si scarica la maggior parte dei gas combusti prima che il pistone
arrivi al punto morto inferiore. Nel frattempo, da altre
feritoie, entra nel cilindro
un getto di miscela che, prendendo il posto dei gas combusti residui, effettua
il lavaggio del pistone e riempie il cilindro che così è pronto per compiere
un nuovo ciclo.
Prof. Enrico Bernardi
Successivamente,
nel 1882 ,
il Prof. Enrico Bernardi,
anticipò di ben due mesi a Karl
Benz e Gottlied
Dailmer
l'invenzione del motore a scoppio che sfruttava come combustibile la benzina, un
derivato del petrolio. La " Motrice Pia ", dal nome nome della figlia
del Bernardi,
è l'anello di congiunzione tra le macchine a vapore( esotermiche )ed i
motori a scoppio( endotermici ) ove, letteralmente, il fuoco è portato
nel cilindro motore per ottenere la trasformazione del calore in lavoro. Il
motore di Bernardi
è un motore alternativo di tipo atmosferico in quanto non è prevista la fase
di compressione e funziona a ciclo Etienne
Lenoir a due tempi.Le tre fasi
di aspirazione, scoppio e scarico vengono effettuate in due corse del pistone,
in un solo giro dell'albero a manovella. La distribuzione avviene con valvole a
cassetto, come nelle locomobili a vapore (da qui la parentela) e accensione a
fiamma viva.
Il suo funzionamento, esemplificando, inizia con la prima fase di aspirazione,
quando il pistone allontanandosi dal PMS
crea una depressione nel
cilindro che aspira la miscela aria-benzina solo sino a meta' corsa. Seconda
fase: scoppio; a metà corsa, verso il
PMI la carica esplosiva
aspirata, viene accesa dalla fiamma attraverso la bocca d'accensione e ne
provoca lo scoppio. Terza fase: scarico; superato il PMI
il pistone espelle, nella corsa di ritorno al PMS,
i gas inerti.
Il carburatore e' parte integrante del motore e fa da supporto di base. E' un
carburatore a superficie ove l'evaporazione e' attivata dal calore del tubo di
scarico, compensando automaticamente il raffreddamento della miscela.
La "motrice Pia" ha un alesaggio di 44mm
ed una corsa di 80,5mm
pari ad una cilindrata di 122,402cc
a 200
giri al minuto con 0,024 CV.
Venne usata per azionare macchine da cucire e piccole operatrici e, cosa molto
importante, per motorizzare il triciclo giocattolo del figlio Lauro nell'anno 1884.
E' il primo veicolo semovente al mondo con motore a benzina.
Sotto è riportata la foto della " Motrice Pia " di Enrico Bernardi.
Motrice Pia
Nel
1885, Bernardi,
costruì un motore a quattro tempi denominato "
Lauro " dal nome di suo
figlio.La concezione di tale motore e' così avanzata che le sue caratteristiche
sono oggi ancora attuali: e' un monocilindrico orizzontale con alesaggio e corsa
di 85x110 mm,
pari alla cilindrata di 624,195
cc. Ha una potenza di 2,5
hp a 800 giri al minuto, con
distribuzione a valvole in testa comandate da un'asta con bilanciere doppio e
valvola d'aspirazione ad alzata variabile. L'accensione sfrutta un
"accenditore" a rete di platino che utilizza la proprietà
catalitica di arroventarsi in presenza dell'idrogeno contenuto nella miscela
carburata. All'atto della messa in moto viene utilizzata una peretta di gomma
per attivare il flusso della miscela prima dell'effetto pompante del pistone.
Il prof. Bernardi preferì
tale accensione a quella elettrica a mezzo del rocchetto di Ruhmkorff
, data la scarsa autonomia delle pile dell'epoca. Il raffreddamento è a
liquido con radiatore a tubetti e circolazione attivata dai gas di scarico. La
lubrificazione viene assicurata a tutte le parti in movimento da un distributore
rotativo d'olio.
Il motore inoltre è dotato di filtro per la benzina e per l'aria, ha un
silenziatore allo scarico ed un regolatore centrifugo della velocità di
rotazione.
Il motore "Lauro"
è il più vicino alla realizzazione pratica del ciclo termico a volume
costante con elevato rendimento e contenuto consumo di benzina, paragonabile a
quello dei motori odierni.
Con il passare degli anni, Rudolf Diesel, nel tentativo di evitare e superare i problemi di accensione del motore a combustione interna, brevettò nel 1893 un suo motore nel quale l' accensione, invece che determinata da una scintilla, veniva provocata aumentandone la pressione.Per prima cosa Diesel dovette eliminare la benzina e passare a combustibili meno volatili e più facilmente accendibili come i distillati più pesanti del petrolio ( oggi chiamati gasolio ), gli oli vegetali (compreso quello di oliva ) e, infine, la polvere di carbone. Anzi, fu proprio quest'ultima che gli permise di costruire e far funzionare il suo motore, poichè all'epoca non erano disponibili pompe di iniezione capaci di polverizzare i combustibili liquidi che, per poter bruciare uniformemente, dovevano essere polverizzati in maniera fine. Con la polvere di carbone, invece, Diesel impiegò in sistema pneumatico, una specie di pompa per bicicletta, che soffiava all'interno del cilindro una nuvola di carbone già finemente polverizzato. Ovviamente il rapporto di compressione dovette salire fino al punto di provocare, nell'aria, una temperatura ed un pressione tali da innestare la combutisione spontanea. Rudolf Diesel non sapeva di avere inventato il motore che, in seguito, sarebbe diventato un campione di economia, grazie al suo elevato rapporto di compressione. Non sapeva neppure che Bosch, avrebbe inventato, nel 1927, una pompa meccanica per poter iniettare un combustibile liquido, il gasolio, e trasformare il diesel da motore pesante e lento, atto solo per navi e locomotive, a propulsore principe per i veicoli industriali.
Foto della pompa di iniezione di Bosch
Diesel, da questo motore, ottenne un rendimento 24% e rese possibili le più importanti applicazioni di motori a combustione interna della tecnica moderna. Non immaginava neppure che, dopo 107 anni dal suo brevetto, il diesel si sarebbe affermato in campo automobilistico al punto di poter effettuare il sorpasso sul motore a benzina.
Sotto è riportata una foto del suo motore diesel(1893)
Successivamente, negli anni Cinquanta, l’inventore tedesco Felix Wankel ideò un motore a combustione interna radicalmente nuovo, in cui il pistone e il cilindro venivano sostituiti da un rotore a tre lobi, rotante in una camera pressoché ovale. La miscela aria-carburante viene aspirata attraverso una luce di ammissione e intrappolata tra una faccia del rotore in rotazione e la parete della camera ovale. Il rotore comprime la miscela e l'accensione viene ottenuta per mezzo di una candela. I gas di combustione vengono quindi espulsi attraverso una luce di scarico per effetto della rotazione. Il ciclo si ripete in corrispondenza di ognuno dei lobi del rotore, producendo così tre corse attive a ogni rotazione. Le dimensioni ridotte del motore Wankel, e il conseguente minor peso rispetto ai motori alternativi, sembravano prospettare a questa soluzione un grande avvenire, anche alla luce dell’aumento dei prezzi del petrolio che caratterizzò gli anni Settanta e Ottanta. I motori Wankel sono praticamente privi di vibrazioni, la loro semplicità meccanica comporta bassi costi di produzione, hanno limitate necessità di raffreddamento e centro di gravità molto basso, che contribuisce alla sicurezza del funzionamento. Nonostante questi vantaggi, la produzione di tali motori, iniziata in Giappone e negli Stati Uniti nei primi anni Settanta, è stata sospesa a causa dell’elevato consumo di carburante e del notevole inquinamento prodotto.