Il caso Parmalat è di nuovo alla ribalta e non solo in Italia dove
siamo in piena fase processuale. Anche in Nicaragua la querelle
legata all'impresa italiana, comincia nel dicembre passato quando,
Aldo Camorani, il dirigente dell'epoca, su richiesta di Tanzi chiese
alle banche nicaraguensi un prestito di 6 milioni di dollari che
invece che essere investito nella filiale locale, viene inviato in
Italia.
La Parmalat che nel 1999 aveva assorbito l'impresa nazionale
La Perfecta ed ha quindi acquisito in Nicaragua una sorta di
monopolio rispetto alla distribuzione del latte (raccoglie circa l'80%
della produzione), risponde a questa fase di crisi col licenziamento
di 300 lavoratori su 900 presenti.
I lavoratori della Parmalat,
nonostante sia la legge italiana che quella nicaraguense prevedano
la libertà di costituire un sindacato interno, non sono mai riusciti
a fondarlo. Il primo tentativo nel 1999 viene stroncato da Camorani
e provoca il licenziamento di circa 40 lavoratori che avevano
cercato di costituire un sindacato interno e paura negli altri.
Dopo una fase di commissariamento dovuto al debito conteso dal
gruppo finanziario Lafise e l'ex banchiere Haroldo Montealegre, ai
primi di settembre il Commissario Enrico Bondi riesce ad imporre la
nomina di Vincenzo Borgogna come nuovo dirigente Parmalat Nicaragua.
Di fronte ad una situazione di forte instabilità dell'impresa e a
voci che vedono una possibile acquisizione da parte di Nestlè (altra
multinazionale che più volte ha dimostrato il suo comportamento
antisindacale), dopo la nomina di Borgogna, circa ottanta lavoratori
si riuniscono clandestinamente in assemblea il 4 settembre ed
eleggono i propri rappresentanti sindacali.
Il 7 settembre la responsabile delle Risorse Umane Parmalat licenzia
in tronco il Segretario generale Luis Mejia Gòmez, il Segretario di
Organizzazione Carlos Sanarrucia e uno dei firmatari della nuova
organizzazione sindacale, Horacio Ramòn Payàn. Borgogna approva il
licenziamento giustificandolo col fatto che in un momento di crisi
non ci si può organizzare sindacalmente.
Subito dopo i licenziamenti, il sindacato nicaraguense
dell'alimentazione appoggiato dalla Uita, Union Internacional de
Trabajadores de la Alimentaciòn, ha immediatamente presentato i
documenti al Ministero del Lavoro per il riconoscimento del
consiglio di fabbrica anche se la legge lo tutelava già dal momento
in cui l'assemblea aveva votato la sua formazione.
A livello internazionale la UITA (Unione Internazionale delle
Associazioni di lavoratori nei settori alimentazione, agricoltura,
alberghi, ristoranti, catering, tabacco ed affini), ha lanciato una
campagna di pressione sulla Parmalat. (www.rel-uita.org.)
La Uita, nella figura del suo rappresentante in Nicaragua, Marcial
Cabrera, ha chiesto che anche in Italia si formi un movimento di
protesta affinché si rispettino i diritti sindacali in Nicaragua e
chiede una presa di posizione da parte del sindacato italiano, in
particolare del settore alimentare.
L'Associazione Italia Nicaragua, interpellata direttamente da
Cabrera, ha lanciato una campagna di pressione sulla Parmalat
affinché i lavoratori licenziati vengano riassunti e perché venga
consentita la formazione del sindacato interno.
Aderiamo in molti mandando una email dal sito www.itanica.org
Diffondi e fai inviare un'email di pressione diretta ai dirigenti
Parmalat del Nicaragua Vincenzo Borgogna, in Italia Enrico Bondi;
per conoscenza al Ministero del Lavoro nicaraguense.
Inoltre, l'AIN si sta attivando per richiedere al sindacato
italiano (Alimentaristi) un sostegno per i lavoratori e delegati
licenziati, nonchè una presa di posizione forte e decisa (si spera)
contro la Parmalat, affinchè ci sia il ritiro dei licenziamenti e la
libera agibibilità della rappresentanza sindacale nella impresa
Parmalat di Managua che si è costituita il 4 di settembre scorso.
ASSOCIAZIONE ITALIA - NICARAGUA