Il Medioevo | |
A partire dal IV secolo d.C., i popoli germanici iniziarono a invadere l'impero romano, ormai in piena crisi economica e sociale, crisi dovuta principalmente al crollo dell'agricoltura in seguito all'estensione dei grandi latifondi e al relativo sistema schiavistico che fornendo manodopera qualificata a basso costo aveva impedito lo sviluppo delle tecniche di produzione. Come risultato le campagne si impoverirono e divennero facile preda degli invasori dal nord, i Longobardi. Sotto la nuova ennesima dominazione, le condizioni della popolazione non migliorarono e neppure cessò il sanguinoso susseguirsi dei conflitti. L'invasione longobarda riveste una particolare importanza nella ricostruzione delle vicende storiche monteranesi.
La
paura delle continue invasioni dei popoli germanici spinse il vescovo cristiano
e i residui abitanti di Forum Clodii ad abbandonare la propria città,
posta su un territorio scarsamente difendibile e reso forse malarico dall'incuria
dei campi, e a cercarsi un luogo più sicuro dove rifugiarsi.
La scelta cadde nel vicino villaggio di Monterano, situato alla sommità
dell'imprendibile colle, un tempo sede della fiorente città etrusca.
L'abitato venne ampliato e fortificato, furono sitemate le strade di accesso,
ripristinate le opere di difesa e costruite le mura; attorno agli edifici di
culto, alle residenze del vescovo e degli ecclesiatici, si addensarono le dimore
e gli abituri della popolazione.
In questo modo Monterano tornò a essere nuovamente il centro più
importante della regione dei monti Sabatini e tale restò fino
al X secolo, quando la diocesi fu assunta da Sutri.
Venuto a mancare il vescovo e i funzionari della curia, la città perse
nuovamente importanza e si ridusse al solo castello, abitato dal proprietario
o dagli amministratori del feudo e da pochi braccianti e servitori.
Solo dopo il 1300 iniziò la ripresa culturale, economica e demografica
dell'antico insediamento, quando ormai il primato della zona si era spostato
nuovamente, e questa volta per sempre, sulle rive del lago, a favore dell'emergente
centro di Bracciano.
Nell'anarchia
che accompagnò la disfatta dell'impero romano e le invasioni germaniche,
il vescovo cristiano, inizialmente capo spirituale eletto dal clero e dal popolo,
assunse anche poteri civili e rimase l'unica autorità pubblica che riuscì
a garantire una certa continuità amministrativa alle città. La
formazione dello Stato Pontificio, sorto nell'VIII secolo sulle rovine
del bizantino Ducato Romano, sancì definitivamente il potere politico
della Chiesa su Roma e sul territorio circostante.
Nella regione sabatina il vescovo si stabilì naturalmente nel suo centro
più importante, Forum Clodii dove rimase fino ai primi anni del 500,
per poi trasferirsi a Monterano. L'ultima notizia di un vescovo monteranese
è del 998, e intorno all'anno 1000 la diocesi venne trasferita a Sutri.
I foroclodiesi
trovarono nel pianoro di Monterano un eccellente rifugio alle scorrerie degli
invasori, ma in sostanza le loro condizioni non migliorarono di molto; l'economia
monteranese dell'epoca era basata su una povera agricoltura di sussistenza alla
quale erano dedite le masse di miseri e assserviti braccianti. I mezzi usati
per coltivare la terra erano anch'essi miseri e poco efficaci e di conseguenza
la resa dei campi era irrisoria: ogni sacco di grano seminato ne restituiva
al massimo due di raccolto, le carestie erano ricorrenti e i braccianti sottoalimentati.
Dopo l'anno 1000, tuttavia, il miglioramento delle tecniche agricole rese meno
miserabili le condizioni di vita del popolo: vennero introdotte le rotazioni
triennali delle colture, l'aratro di ferro, i legumi (fagioli),
i mulini ad acqua.
Nel XII e nel XIII secolo l'aumento degli scambi commerciali portò come
conseguenza l'inizio del superamento della servitù della gleba verso
altri sistemi di conduzione dei campi, quali la mezzadria e l'affitto, e tuttavia
le condizioni di vita non migliorarono vistosamente né cessò l'asservimento
di fatto del bracciante al proprietario della terra.
Alla fine del '300 e agli inizi del secolo successivo Monterano divenne noto per i suoi capitani di ventura, Coluzia e Gentile. Di Coluzia da Monterano si hanno scarse notizie, si sa che fu inviato nel 1382 dal Papa a sedare la rivolta di Corneto, l'attuale Tarquinia; Gentile da Monterano, invece, era più conosciuto. Era compropietario del feudo monteranese e partecipò alle vicende legate all'anarchia baronale e alle lotte di successione del regno di Napoli, venendo considerato uno dei più celebri capitani del suo tempo.
Negli ultimi secoli del medioevo Monterano non era famoso solo per i suoi condottieri,
ma anche per il suo vino, definito la migliore bevanda della penisola.
La fama del vino monteranese trova particolare eco in una lettera-relazione
del 1549, redatta da Sante Lancerio, l'esperto bottigliere di papa Paolo
III:
" ... Il vino di Monterano si porta all'alma Roma per terra da un castello
così chiamato, distante da Roma una grande e grossa giornata. Questo
è un castello antico di casa Orsina et vi è una grandissima selva
denominata Lamantiana. Questo vino è tanto buono, che a volere narrare
la sua propria bontà et scrivere assai, sarei troppo lungo et non potrei
tanto scriverne et laudarlo, quanto più merita essere laudato.
Tale vino credo certo, secondo il mio giudizio et la mia esperentia, non habbi
pari bevanda in tutta Italia ..."
tratto da "Monterano - Appunti sul territorio e la storia" di Francesco Stefani
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