Armida Barelli (1882-1952)


Possiamo presentarla attraverso il suo testamento alla Gioventù Femminile che lascia trasparire le espressioni fondamentali di un grande progetto di vita.

1. La fiducia nel Sacro Cuore 'il talismano della mia vita".
2. Il ricorso perenne a Maria: per Maria a Gesù.
3. La devozione a Francesco d'Assisi, alle patrone, all'angelo custode.
4. La venerazione e obbedienza assoluta alla Chiesa cattolica, al Papa, ai Vescovi.
5. L'amore per la nostra GF e per l'Azione Cattolica.
6. La passione per l'Università Cattolica.
7. La fedeltà al nostro Istituto Benedetto XXV in Cina.
8. La diffusione dell'Opera della Regalità, specialmente dell'apostolato liturgico popolare, dell'adorazione diurna e notturna, dei Santi Esercizi spirituali.

Nata a Milano nel 1882, di buona famiglia, studia in Svizzera e trascorse i primi trent'anni della sua vita come ogni altra signorina della buona società milanese di fine '800.

Fondamentale nella sua vita è l'incontro nel 1910 con padre Agostino Gemelli: da lui capisce che può "consacrarsi a Dio senza bisogno di entrare in convento". Egli la sollecita ad entrare nel Terz'ordine francescano e Armida si lascia pervadere dalla spiritualità francescana.

Inizia a collaborare con padre Gemelli a varie opere di carattere sociale-religioso tipiche dell'epoca come la Consacrazione dei soldati al Sacro Cuore.
Mostra di avere grandi doti organizzative, precisa determinazione degli obiettivi, capacità di motivare e trascinare i collaboratori.

Intuisce lo stile di una nuova religiosità di massa diverso da quello elitario dell'Unione fra le Donne Cattoliche Italiane.
Nell'ottobre del 1918 il papa Benedetto XV la nomina vice presidente di quella Unione con l'incarico particolare di costituire il ramo giovanile. Il nuovo movimento si chiama Gioventù Femminile Cattolica Italiana.

Ad esso la Barelli imprime un forte senso della militanza intesa come apostolato quotidiano praticato continuamente e in ogni ambiente.
Al grande sogno di p. Gemelli, Armida Barelli dedica molte energie: l'Università Cattolica del Sacro Cuore si fa, la Barelli ne è la cassiera, e la GF costruisce in Italia una capillare rete di sostegno e di sensibilizzazione.

La Gfci, quasi una sua creatura, la chiama familiarmente la "Sorella Maggiore", e le tributa un certo culto della personalità.
Questo clima è fonte di attriti tra la Barelli e gli altri membri della Presidenza generale dell'Aci. Rimane ai vertici dell'organizzazione anche oltre i limiti statutari e solo nel 1946, a sessantaquattro anni, lascia la presidenza della Gf.

L'estensione del voto anche alle donne segna una nuova tappa per la Barelli.
Nel 47 e 48 è a capo dell'Ufficio di propaganda dell'Aci. L'Italia viveva il clima della nascente repubblica, della rinata democrazia, delle forti discussioni e tensioni ideologiche.
La Barelli gira tutta l'Italia, facendo anche sei discorsi al giorno, preoccupata soprattutto di combattere l'astensionismo per promuovere il ruolo della donna e far trionfare i valori cattolici nella società.

Nel 1950 si manifestano i primi segni della malattia che la porterà alla morte il 15 agosto 1952.