Igino Righetti (1904-1939)

Nato a Rimini nel 1904, Righetti si impegnò sin da giovanissimo nei gruppi dell'Azione Cattolica. A vent'anni divenne segretario e successivamente presidente della Giunta diocesana, chiamato a gestire il delicato momento dell'accentramento organizzativo dell'ACI e del distacco dalla politica indicato nei nuovi statuti approvati da Pio Xl nel 1923.

Nonostante la generale cautela mostrata dal mondo cattolico verso il fascismo, Righetti espresse immediatamente una forte critica verso il movimento di Mussolini ed i suoi metodi di intimidazione e violenza. L'opposizione all'ideologia fascista, rivendicata basandosi sulle affermazioni della dottrina sociale della Chiesa e sui testi di Toniolo e Rosmini, attirarono su Righetti le accuse dei gerarchi ed i sospetti delle autorità politiche riminesi.

Trasferitosi a Roma, entrò in contatto con gli ambienti del cattolicesimo democratico e partecipò alle attività del circolo romano della FUCI. Di questa organizzazione ne divenne presidente nel congresso di Bologna nel 1925.

La sua nomina alla guida della Federazione degli universitari cattolici italiani portò in poco tempo alla riaffermazione di alcuni principi: insieme a Montini, il futuro Paolo VI, difese con vigore la collaborazione tra i rami maschile e femminile della FUCI, cercò di limitare i tentativi di controllo da parte delle associazioni dell'Azione Cattolica e, soprattutto, sollecitò gli universitari a formarsi, attraverso la ricerca spirituale e culturale, una coscienza matura in grado di affrontare le sfide della modernità.

Nello stesso periodo, la presidenza Righetti dovette fronteggiare le difficoltà provocate dal confronto con il fascismo: in alcune sedi universitarie, si registrarono violenti scontri tra i fucini e gli studenti della Gioventù universitaria fascista, fatti che misero a rischio la sopravvivenza del gruppo cattolico; l'appello rivolto agli universitari cattolici di non appartenere ad altre associazioni non impedì che, intorno al 1929, circa la metà degli iscritti alla FUCI appartenesse anche alle organizzazioni fasciste.

La scelta dell'apoliticità perseguita da Montini e Righetti, che permise di escludere dagli incarichi di responsabilità della Federazione coloro che erano iscritti a gruppi fascisti, portò ad accentuare l'impegno per la formazione religiosa e culturale degli aderenti e per la valorizzazione del ruolo del laicato nella Chiesa e ad intraprendere una preziosa attività editoriale.

Già dal 1925, Righetti aveva trasferito a Roma la redazione della rivista "Studium", tre anni dopo usciva il primo numero di "Presenza fucina", alle attività di formazione dei dirigenti, ai convegni ed ai congressi annuali si affiancarono settimane di studio destinate agli aderenti dei gruppi presenti in Italia che ebbero sede stabile nel monastero di Camaldoli.

Laureatosi in giurisprudenza con una tesi su Il diritto naturale in S.Tommaso, nel 1934 gli fu assegnata la cattedra di Diritto pubblico comparato all'Università di Roma e si sposò con Maria Faina, già consigliere nazionale delle Universitarie cattoliche.

Proprio nel 1934, dopo che l'anno prima Montini era stato allontanato dai vertici della FUCI, Righetti lasciò la guida degli universitari dedicandosi ai Laureati cattolici, il movimento alla cui nascita aveva collaborato alacremente nei due anni precedenti e che intendeva proseguire l'impegno di ricerca culturale e di formazione religiosa degli intellettuali.

Nei numerosi articoli pubblicati su "Studium", Righetti ribadì la necessità di annuncio del Vangelo a partire dalle particolari condizioni imposte dalla vita professionale e condusse una serrata riflessione sulla crisi delle democrazie occidentali. In quegli anni di profonda elaborazione culturale, il confronto con le posizioni sostenute in Francia da Jacques Maritain fu un elemento di indubbia apertura e di novità, in particolare per gli ambienti cattolici che, in Italia, soffrivano di un isolamento rispetto alle grandi correnti intellettuali europee.

L'opera di Righetti, morto nel marzo 1939 a soli trentacinque anni, lasciò un'eredità notevole tra i cattolici che si preparavano ad assumere ruoli di primo piano nell'Italia uscita dal ventennio fascista: la capacità dell'intero paese di risollevarsi dalla dittatura e dalla guerra si dovette anche all'azione condotta dal giovane riminese negli anni precedenti e alla sua affermazione della necessità di unire impegno religioso, riflessione culturale e presenza sociale, ma senza cedere alla tentazione di confonderli tra loro per evitare uno scambio dagli esiti nebulosi quanto insidiosi.