Nella primavera del 1931 i dissidi riguardarono direttamente l'Azione Cattolica e lo scontro divenne frontale. Ad una fitta campagna di stampa aspramente polemica contro l'AC, seguono devastazioni di sedi, percosse e minacce a singoli esponenti, fino allo scioglimento d'autorità (30 maggio), deciso dal regime nella persona di Mussolini, dei circoli dell'AC giovanile e della FUCI. L'AC veniva accusata di "fare politica" perché, specie nel lavoro sulla dottrina sociale della Chiesa, avrebbe accolto ex popolari.
Le autorità ecclesiastiche sul momento si limitarono a sospendere le processioni all'esterno delle chiese. Successivamente la decisa reazione del papa venne espressa nell'enciclica "Non abbiamo bisogno" resa nota il 29 giugno. Pio XI protestava "contro la campagna di false ed ingiuste accuse, che precedettero lo scioglimento delle associazioni giovanili ed universitarie di Azione Cattolica". Inoltre denunciava il punto essenziale del conflitto: "ciò che si voleva fu strappare all'Azione Cattolica e per essa alla Chiesa, la gioventù"
Dopo mesi di tensione e di trattative fu raggiunto un compromesso tra Chiesa e regime il 2 settembre e i circoli riaprirono a ottobre. Si resero però necessarie delle modifiche allo Statuto dell'AC.