Se fino ad allora, per indicare l'azione della Chiesa e del laicato nella socieà italiana, si era parlato genericamente di «movimento cattolico» (con le inevitabili confusioni tra sfera politica e sfera religiosa), i tempi erano ormai maturi per iniziare a distinguere tra «Azione cattolica» e «azione dei cattolici».
La creazione di un sindacato e di un partito, che organizzavano sotto la loro esclusiva responsabilità i cattolici sul terreno sociale,
liberò il cattolicesimo organizzato da ogni altra preoccupazione che non fosse quella dell'animazione religiosa della società.
Lo stesso Benedetto XV parlava di quest'esigenza: mettere l'Ac «oltre e al di sopra di ogni problema di ordine puramente materiale e politico».
L'evolvere dei fatti metteva in discussione il ruolo e la stessa esistenza dell'Unione economico-sociale e dell'Unione elettorale che furono abolite nella successiva riforma voluta da Pio XI nel 1923.
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L'AZIONE SOCIALE E POLITICA
Il moltiplicarsi dei sindacati "bianchi" (erano chiamati così quegli promossi dai cattolici, in opposizione ai sindacati "rossi" di matrice socialista) portò nel 1918 alla creazione della Confederazione Italiana del Lavoro (CIL), una struttura centralizzata, sul modello della Confederazione Generale del Lavoro (1906).
Più tardi, nel 1919, su iniziativa di don Luigi Sturzo, nasceva il Partito Popolare Italiano: aconfessionale e democratico, era per i cattolici la prima esperienza di partito, lo strumento principale della loro azione politica che li rendeva protagonisti nella scena politica italiana.
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